E’in onda lo spot di KiteGen

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By eugenio saraceno, 2021/12/21

KiteGen ha lanciato un’iniziativa di formazione finanziata per selezionare professionalità interessate ad approfondire la propria conoscenza della tecnologia eolica troposferica, anche impegnandosi nella creazione di prototipi in scala ridotta allo scopo di padroneggiare pienamente l’argomento.

Lo spot di presentazione di questa iniziativa è visibile su diversi canali TV e social e può essere avviato da qui

Buona visione

Agreement with Saipem for Production and Deployment

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By Massimo Ippolito, 2019/03/14
Wing tooling

Tooling details for the wing industrial production

Following the completion of extensive and intense technological research with an industrial perspective, KiteGen is pleased to announce that, after years of intense negotiations with the most important global players in the global energy sector, it has signed an agreement with SAIPEM S.P.A. for the development, production and deployment of its proprietary technology to produce electrical power from high altitude wind, secured by 40 patents in 70 countries.

“The reason for signing the agreement with SAIPEM lies with the fact that they, our compatriot company, proved to be the most capable to advance the goals of the KiteGen Project,” said Kitegen CEO, Massimo Ippolito, adding that the company of S. Donato Milanese, “is structured with its interests totally in sync with our project, therefore offering the greatest potential for deployment of our revolutionary energy facility including offshore environment, staffed with a most qualified workforce. Their contribution will be absolutely essential to bring this technology to productive fruition in the field. SAIPEM’s newly created XSIGHT division, which drives renewable and sustainable energy, is certainly ready to tackle the multidisciplinary nature of this remarkable project.”

I paesi del Golfo hanno più energia in cielo che sotto terra: lo studio pubblicato in Nature Scientific Reports

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By eugenio saraceno, 2018/03/20

La prestigiosa Nature Scientific Reports ha pubblicato lo studio

High-altitude wind resources in the Middle East

da cui abbiamo estratto la mappa delle medie dei wind speed maxima (WSM) qui sotto riportata

Scopo dello studio è la caratterizzazione della risorsa venti d’alta quota sulla regione mediorientale, con particolare attenzione ai paesi della Penisola Araba, e la stima del potenziale di produzione di energia elettrica utilizzando la tecnologia KiteGen con unità da 3 MW.  Questo studio è parte delle iniziative finanziate nell’ambito della collaborazione tra KiteGen e SABIC, azienda controllata dal Ministero del Tesoro del Regno Saudita, per lo studio e lo sviluppo della fonte energetica troposferica.  Lo studio conclude che la risorsa energetica vento troposferico disponibile sul medio oriente è superiore alla risorsa di idrocarburi presente nella stessa regione e che la tecnologia dell’eolico troposferico potrebbe fornire gran parte della produzione di energia elettrica dei paesi del Golfo.

Il Comitato Scientifico di KiteGen, guidato dal Prof.Giancarlo Abbate dell’Università Federico II di Napoli ha collaborato con il team della King Abdullah University of Science and Technology (KAUST ) per fornire gli elementi di valutazione.  Purtroppo la pubblicazione contiene ancora errori, imprecisioni e sottostime che mostrano un potenziale di sviluppo della produzione di energia dalla troposfera, ancorchè grande, minore di quello che è in realtà; in particolare pesa il presupposto di dover distanziare gli impianti di 10 km l’uno dall’altro; tale distanza è di un fattore di diversi ordini più grande del necessario, portando gli Autori a sottostimare di un similare fattore il potenziale di produzione di energia elettrica.    Siamo abituati a rilevare, persino in pubblicazioni scientifiche, un generico atteggiamento superficiale ed irresponsabile nei confronti di un progetto che, pur avendo risolto tutti i nodi scientifici e tecnologici di fattibilità industriale, per la sua diffusa percezione di “bizzarra e troppo ambiziosa idea imprenditoriale” che di fatto non è e non può, pertanto, permettersi leggerezze ed imprecisioni nella esposizione.   Viene da dire che sarebbe opportuno “fare i compiti a casa” per tutti quei soggetti, da Bill Gates ad Irena (che hanno diffuso la sensazione che l’energia dagli high winds sia qualcosa di molto importante che si concretizzerà in un futuro non troppo vicino) e le varie società di consulenza che in questi ultimi anni hanno prodotto report e surveys sulle tecnologie eoliche troposferiche, ma mancando delle competenze per fornire una informazione completa e corretta.

Per cui ci ripromettiamo di essere più assidui nella comunicazione e tentiamo di rimediare pubblicando di seguito il testo in forma di rebuttal inviato a Nature ed agli Autori, con i commenti del Comitato Scientifico.

Comment #1. At page 1, second paragraph (3 lines before the end) we can read “Active projects include
KiteGen (drag) and Makani (lift)”. This is clearly a typing error, because in the following line the authors
write that KiteGen is in the development of a ground-based device, and Makani is working on an onboard
generator, while in the preceding lines they write “There are currently two major types of AWE
generators: drag type devices with generators on board with a tether that transmits electrical power,
and lift type devices that transmit mechanical power in reeling the tether connected to a ground based
generator.” So, probably the authors would have written: “Active projects include KiteGen (lift) and
Makani (drag)”.
Comment #2. This is closely connected to comment #1. In the sentence about drag type and lift type
devices, the authors seem to classify the two types with the kind of power generation, identifying onboard
generation with drag device and ground-based generation with lift device. Actually, this is not
the case. Giving per granted the definitions of lift and drag in aerodynamics (from Wikipedia: “A fluid
flowing past the surface of a body exerts a force on it. Lift is the component of this force that is perpendicular to
the oncoming flow direction. It contrasts with the drag force, which is the component of the surface force parallel
to the flow direction.), it is out of doubt that may exist on-board generators based on lift forces, as well
as ground-based generators. In fact, as far as I know, both KiteGen and Makani are lift type devices. So,
all the last part of the second paragraph at page 1 is confusing or not correct.
Comment #3. At page 9, in the Section Deployment Assumptions, the second bullet is about system
density and is the following: “System density: calculated based on how many AWE systems can be deployed in
an area. Assuming that a fully extended tether to reach any altitude within the chosen portion of the boundary
layer is 3 km, one unit of AWES is allowed in each 10 km × 10 km grid cell.” Now, it seems that the assumption
is about the tether length, and this sounds reasonable. But, actually, the strongest assumption is about
the 10 km × 10 km grid cell needed to host a single AWES. This assumption does not appear reasonable
and is in striking disagreement with the estimates given and documented by the company that is
developing the 3 MW generator (KiteGen). The disagreement is by four orders of magnitude, so huge
that a deep rethinking is needed, at least in my opinion.
Comment#4. In the same Section at page 9, in the third bullet “Spatial exclusions”, the proposed
constraints are very tight, and even too tight. AWES equipment is 10 to 100 times lighter then
windmills, allowing to access installation sites (like most mountainous areas) that are not available to
windmills. Although forests and wetland areas in Middle East are not so large, these might be easily
accessed for installing such light devices. For the same reason, AWES offshore generation (even deepwater)
is technically feasible and easier than offshore windmills, nevertheless marine regional areas are
not considered in this article. Even though we may consider that offshore AWES would be less
convenient than land-based installation, however it would be suitable for countries like Bahrein, having
a limited land extension and plenty of available sea area around it.

Energy Is In The Air – L’Evento

Come preannunciato nel precedente post, in occasione dell’inaugurazione del nuovo stabilimento della AM Composites di S.Gillio, dove verranno prodotte le Power Wings di KiteGen, si è tenuto l’evento “Energy is in the Air”, esposizione tecnologica dedicata al progetto KiteGen ed in particolare alle Power Wings, le ali di potenza progettate per trazioni di decine di tonnellate e, pertanto, capaci di sviluppare potenze dei megawatt anche con venti di velocità moderata costantemente presenti già alle altitudini di 1000-2000 m dal livello del suolo. Vi erano in esposizione, oltre all’ala prototipale, diverse parti dell’ala di serie industriale che, essendo di dimensioni contenute, era stato già possibile produrre in autoclave di dimensioni inferiori già in dotazione presso l’altro stabilimento AM Composites di Pianezza.  Esposte anche le strutture metalliche dell’Igloo e del traliccio Stem che, assieme alla grande autoclave ed alle attrezzature e gli stampi necessari alla produzione di serie, hanno formato un suggestivo scenario nel quale sono state inscenate alcune esibizioni artistiche sul tema “Energy is in the Air”.  Gli artisti si sono ispirati ai quattro elementi della filosofia classica: terra, fuoco, acqua ed aria evocando il lungo percorso che spinge l’uomo a sfruttare l’energia presente negli elementi utilizzando tecnologie sempre più immateriali ed “intelligenti” perché, appunto, “Energy is in the Air”.

L’era del fuoco volge al termine

Spettacolo di luci e suoni sotto la cupola dell’igloo

leggere come l’aria

Un momento della serata

Energy is in the air

Il 24 Marzo 2017 dalle ore 18 si terrà a S.Gillio (To) in via Aldo Moro 3/a,  la cerimonia di inaugurazione del nuovo stabilimento della AM Composites S.r.L. che sarà adibito alla produzione in autoclave delle ali in composito progettate da KiteGen.
L’evento, cui parteciperanno numerosi esponenti dell’industria, della finanza e dei media, sarà arricchito dalla presenza di artisti che insceneranno una performance sul tema “Energy is in the air”, da una esposizione tecnologica sul tema “KiteGen eolico troposferico” e, ovviamente, da un ricco buffet.
L’autoclave, una delle più grandi in Italia, è l’impianto utilizzato per la cottura (curing) dei compositi.  Le notevoli dimensioni consentono di lavorare diversi elementi di grandi pezzature migliorando la qualità e riducendo i tempi ed i costi di lavorazione.

I giornalisti scientifici e tech bloggers che fossero interessati a partecipare all’evento sono invitati ad inviare un messaggio a

eventi(at)amcomposites.com

per ottenere un accredito.

KiteGen al Tech Tour 2016

TechTour 40 2016

Si è svolto a Rotterdam il 23 e 24 Novembre il Cleantech Summit 2016 di Tech Tour.

KiteGen è stata selezionata tra le 40 aziende presentate agli investitori nell’ambito di una cerimonia di premiazione cui sono seguiti incontri mirati con fondi ed aziende interessate ad investire nelle tecnologie.

La selezione delle 40 aziende presentate, tra centinaia di candidate, è stata affidata ad un comitato formato da rappresentanti di istituzioni finanziarie, multinazionali ed utilities

Tanto petrolio pulito con KiteGen. Dall’Italia almeno 10 volte l’Arabia Saudita

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By Massimo Ippolito, 2016/11/15

Lo stampo in fibra di carbonio per la Power Wing

Da maggio di quest’anno (2016), KiteGen ha completato il proprio piano industriale che ha portato al progetto esecutivo dei generatori industriali definitivi. corredato dalle numerose realizzazioni fisiche già validate ed emendate. Proprio da maggio è iniziata una intensa attività negoziale che ha già attivato buna parte della filiera industriale, che in seguito agli accordi è già attiva ed impegnata sul fronte della revisione di progetto e di produzione di serie.

La strategia di KiteGen nello scenario HAWP è stata semplice, consapevole e molto focalizzata. A consuntivo si conferma di grande successo meglio di così non si sarebbe potuto fare, confermando e mantenendo il nostro vantaggio competitivo globale. I numerosi prototipi di ricerca del passato, con la loro operatività, ci hanno permesso di stilare le specifiche precise delle macchine ideali da produrre a scala industriale e di tutte le realizzazioni inedite ed ancillarie al funzionamento del nuovo presidio energetico. Un passaggio inevitabile nonché opportuno in quanto insistere nel far volare ali provvisorie con macchine immature rappresenta un costo e non avrebbe fornito ulteriori idee ed informazioni progettuali, mentre ora abbiamo potuto finalmente tirare una linea e dopo la progettazione e  l’industrializzazione affrontare il capitolo successivo della produzione industriale di qualità con un risultato prestazionale garantito.

Il KiteGen Stem è apparentemente molto complesso, specialmente per chi non ha vissuto il processo creativo e progettuale dall’interno, sarebbe auspicabile e veramente grandioso poter godere di una audience diffusa, competente ed attrezzata, in quanto si potrebbe entrare in una logica programmatica collettiva che scatenerebbe l’ottimismo e porrebbe fine immediatamente alla stagnazione secolare in cui la nostra società è caduta.  Purtroppo dobbiamo subire la superficialità istituzionale e l’inadeguatezza accademica che in qualche modo riescono a nascondere e rallentare un processo che potrebbe essere entusiasmante e ricco di occasioni per l’intero paese, e non solo.

In più occasioni abbiamo avuto dei contatti relativamente approfonditi con l’accademia, in quanto abbiamo anche ospitato dei docenti delle facoltà di Energetica che accompagnavano dei candidati che avevano deciso di dedicare la loro tesi al KiteGen. Con nostro grande stupore questi docenti erano personalmente impegnati in progetti energetici senza innovazione già dimostratisi vani e palesemente fallimentari, questo senza mostrare nessuna tensione ideale ed assunzione di responsabilità nel condurre la conoscenza ed il proprio lavoro in direzioni potenzialmente utili alla collettività. Ovviamente l’imbarazzo di questi incontri è pesante lasciando senza risposta la domanda sulla motivazione pur consapevole di tale mediocrità ed apparente analfabetismo funzionale.

Fortunatamente esistono, benché siano sempre più rare, delle realtà professionali ed industriali che non si sottraggono all’onere di comprendere e di affrontare con la dovuta applicazione e diligenza il trasferimento tecnologico che KiteGen è in grado di offrire ed esplicitare. La grande soddisfazione è quella di assistere durante la condivisione dell’imponente dettaglio progettuale ed operativo, al progressivo riconoscimento del valore ed approvazione del lavoro fin qui fatto da KiteGen e come epilogo alla assoluta certezza ed ineluttabilità di KiteGen che occuperà una posizione da protagonista nello scenario energetico globale. Tale convinzione e corroborata dalla grande quantità di dati ed esperienze negative sulle diverse opzioni energetiche che sono state grandemente spinte finora.

Ma KiteGen non si ferma all’energia elettrica, ma affronterà agevolmente anche la produzione di combustibili di sintesi allargando notevolmente il mercato globale a cui si rivolge e che espone un TAM di $8T/anno, e che razionalmente saranno quasi tutti a disposizione per l’eolico troposferico e quindi di KiteGen ed assimilati.

Questo post di Energy Matters in inglese è una ottima introduzione accompagnato a quello di Robert Rapier, esplicitano chiaramente che KiteGen è l’anello mancante per rendere fattibile la sintesi dei combustibili liquidi, anello che speriamo di apportare presto all’intero processo. Specialmente ora che abbiamo concluso le attività creative con la loro dose di aleatorietà. Il bisogno di creatività per un progetto innovativo ovviamente impedisce una stringente programmazione temporale, alcune volte un’impasse ha portato in stallo il progetto con una buona dose di sconforto del team, e tante storie tecnologiche da raccontare. Peraltro, impasse e stallo tanto quanto le attività negoziali che spesso, con i pachidermi multinazionali, impongono una ulteriore alea ed occasionalmente atteggiamenti eccezionalmente scorretti ed inconcludenti ed ulteriori occasioni di sconforto, ma i problemi si sa incombono per essere risolti ed è proprio ciò che abbiamo ottenuto, ciò che è più importante, a vantaggio e nell’interesse di tutti.

Cogliamo l’occasione per un invito, se per caso ci leggono delle aziende o dei professionisti che pensano di essere attrezzati tecnicamente e logisticamente, se il progetto KiteGen è sufficientemente compreso, nella sua dimensione ed impatto, da poter prevedere una partecipazione alla filiera. Il team di KiteGen è disponibile, con un semplice NDA , nel mostrare e spiegare il progetto complessivo, il piano industriale, le evidenze funzionali, e le componentistiche che ancora attendono di trovare una collocazione produttiva presso terzi, nonché l’assunzione della cura in una logica evolutiva e di perfezionamento. Alcune delle componentistiche inedite ed innovative che abbiamo sviluppato meriterebbero un’azienda dedicata con un proprio business plan indipendente.

Questione dei finanziamenti HAWP

E’ stata posta di frequente la questione dei finanziamenti alla R&D nel settore dell’eolico troposferico. Secondo alcuni, ingenti investimenti pubblici e privati, paragonabili a quelli  profusi in tecnologie come la fusione nucleare, sono stati assorbiti dal settore senza portare ancora nulla sul mercato.

Premettendo che, come si può evincere, ad esempio, da documenti rilasciati dalla world nuclear association http://www.world-nuclear.org/information-library/current-and-future-generation/nuclear-fusion-power.aspx , il programma di ricerca della fusione nucleare prevede investimenti dell’ordine delle migliaia di miliardi di $ e che, ad oggi, sono state già state spese alcune centinaia di miliardi di $, KiteGen dichiara che il costo totale delle proprie attività nel campo dell’eolico troposferico ammontano a circa 12 mln € a tutto il 2015 approssimativamente ripartiti come segue:

  • Sviluppo e mantenimento proprietà intellettuale: € 3 mln
  • R&D, reclutamento e formazione: € 4 mln
  • Promozione, disseminazione: 560k€
  • Ricerca applicata ed industriale, materiali e consulenze: €4,5 mln

Tali risorse sono state derivate da:

  • Progetti finanziati e cofinanziati pubblici italiani: € 670 k€
  • Progetti finanziati e cofinanziati pubblici europei: € 650 k€ (5M€ di valore totale del progetto)
  • Soci ed Investitori privati € 11 mln

Infine, in merito a bandi e progetti pubblici regionali e nazionali finanziati e cofinanziati, cui KiteGen ha partecipato presentando progetti inerenti all’eolico troposferico e che sono stati ammessi al finanziamento e posti al vertice nelle apposite classifiche, Risulta che KiteGen, su un totale di circa 78 mln, ad oggi ha visto (parzialmente) erogati € 1,2 mln circa.

KiteGen come primo attore ha fatto nascere nel mondo numerose iniziative che si pongono in concorrenza con i concetti da essa brevettati. Per quanto riguarda questi supposti competitor stimiamo dalle informazioni rese pubbliche che le risorse pubbliche e private investite (e in una certa misura disperse) nel campo dell’eolico troposferico dai principali soggetti quali Makani, SkySails, Kite Power Systems, NTS, siano dell’ordine dei 100 milioni di €. Anche ipotizzando cifre molto maggiori il confronto con la fusione nucleare o con le migliaia di miliardi di $ investiti nei programmi di Green Energy (fotovoltaico, eolico, maree etc) è in ogni caso improprio ed inammissibile.

KiteGen è sempre pronta a dimostrare, nell’ambito di diligence tecniche condotte da soggetti qualificati, di aver investito con grande successo il proprio impegno raggiunto tutti i propri milestones e portato proprio quest’anno la tecnologia KiteGen a livello di TRL 8 (https://en.wikipedia.org/wiki/Technology_readiness_level), nonché di aver calcolato con affidabilità  il costo per il raggiungimento del TRL9 (la tecnologia nella forma finale)  un importo relativamente  modesto ed una tantum, che include la conclusione dell’industrializzazione, il proseguimento del teaming up, la formazione professionale, l’implementazione delle subforniture specializzate, la qualificazione, la prima ottimizzazione produttiva e finalmente la produzione in serie dei generatori di qualità e dimensione industriale e ben funzionanti. Questo importo definito modesto è dell’ordine del centinaio di milioni, direttamente comparabile con le centinaia di miliardi spesi dagli italiani per il fotovoltaico, ma con il risultato di implementare una fonte che si autoalimenta ed autosostiene economicamente.

Questi ultimi progredendo poi con le proprie risorse, e forti del giacimento ricco ed illimitato di energia a cui si rivolgono, affiancherebbero e poi sostituirebbero tutta la produzione NFER attuale di circa 38 TWh in 5 anni creando solo per iniziare 100mila posti di lavoro veri, ed ancor prima è prevedibile che si scateni un clima di irrefrenabile ottimismo economico e sociale.

La completa ed autonoma comprensione del KiteGen della sua tecnologia e delle sue potenzialità  purtroppo sembra esclusivamente riservata ad una ristrettissima elite di tecnici/scienziati che già hanno realizzato qualcosa di notevole e reale nella propria vita. Per esperienza confidiamo però che il capitolo della la formazione specifica possa fornire al progetto ed in tempi brevi la massa critica necessaria per implementare l’iniziativa industriale. KiteGen, quale “first mover”, ha prodotto pionieristicamente la conoscenza e il saper fare ed ha già formato nel tempo e con i propri mezzi un centinaio di docenti, Phd, ingegneri e professionisti con provenienza internazionale, con alterni esiti tra i quali lo stimolo per la nascita delle principali iniziative in competizione a KiteGen stessa, sorvolando benevolente sull’atteggiamento umano poco corretto, resta l’orgoglio tutto intellettuale di aver lanciato i semi dell’unica possibile fonte di energia abbondante e sostenibile per il futuro dell’umanità.

KiteGen è nella 100 ones to watch list di Cleantech

Il 25/1/2016 Cleantech Group ha pubblicato la annuale lista delle aziende innovative più interessanti del 2015 nel settore clean technologies, selezionate da un panel di esperti provenienti dalle maggiori aziende internazionali. KiteGen è presente nella categoria 100 Ones to Watch, un sottoinsieme che i selezionatori seguono con particolare attenzione.


Quest’anno la shortlist di 323 società è stata selezionata a partire da 6900 candidati in base ai tre criteri seguenti: innovazione, mercato e capacità di realizzazione.
E’da notare che KiteGen è l’unica azienda italiana presente nella lista, come preannunciato dal report pubblicato da Italian Council of Innovation, da cui risulta che KiteGen è l’azienda italiana che vanta il maggior numero di brevetti nella categoria Renewable Energy Generation (nel report sono citati 14 brevetti capostipite ma tale numero è riferito al 2013, nel frattempo sono aumentati a 18 che estesi internazionalmente diventano circa 3000) piazzandosi sopra ad ENI e Fiat. Ciò rappresenta per KiteGen una conferma della bontà del percorso intrapreso, mirante a sviluppare una proprietà intellettuale che oggi consente di operare liberamente sui concetti di eolico troposferico. Un percorso che è stato da più parti criticato sostenendo l’inutilità del lavoro di brevettazione, in particolare questa mentalità è peculiare dell’Italia, sia in ambiente accademico che imprenditoriale, salvo poi dover constatare che l’Italia è pressocché assente da quello che è il panorama dell’innovazione così come è rappresentato dalle organizzazioni che si propongono di investire per realizzarlo.

KiteGen è tra gli 8 Breakthroughs tecnologici selezionati da National Geographic e può essere una “soluzione magica” secondo Bill Gates

Gli ambiziosi traguardi negoziati nell’ambito del COP21 recentemente conclusosi a Parigi hanno entusiasmato il pubblico mondiale ma molti sono rimasti interdetti dalla polemica tra Deployers ed Innovators, nata a margine della conferenza e che sta ancora infiammando la discussione sulle Clean Energies.
In sostanza gli Innovatori, tra i quali si schiera Bill Gates, cofondatore della Breakthrough energy coalition pur condividendo gli obbiettivi della Conferenza sostengono che le attuali tecnologie energetiche “pulite” non sono in grado di consentire il raggiungimento degli obbiettivi prefissati dal COP21 in quanto troppo costose (in particolare per i paesi poveri che, pur essendo tra i più bisognosi di energia per svilupparsi, non sono in grado di pagare i sontuosi sussidi necessari alle attuali tecnologie eoliche e solari per sostenersi economicamente) e che l’impegno economico debba essere principalmente profuso in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie energetiche migliorate ed a basso costo. Quelle che lo stesso Bill Gates definisce Energy Miracles
I Deployers (“gli installatori”) al contrario si aspettavano da COP21 un rinnovamento delle politiche di sussidio bruscamente interrotte a causa della crisi economica dai paesi come Germania, Spagna e Italia che sono stati più generosi negli incentivi all’energia pulita, provocando un rallentamento del settore che sta seminando morte e distruzione tra le compagnie un tempo leader del settore clean energy, una lista di fallimenti eccellenti che va da Solyndra ed altri numerosi casi alla Abengoa , ultima in ordine temporale con un buco di oltre 20 miliardi di €.
La posizione degli innovators si sta rafforzando man mano che si delinea chiaramente come gli attori del settore avessero prosperato in virtù di una bolla finanziaria generata dagli incentivi alla produzione e dagli investimenti attirati dalla promessa di guadagni garantiti dagli stessi sussidi governativi e che, una volta terminati quelli, la bolla scoppia vaporizzando molti investimenti. L’intento dell’istituzione dei sussidi alla produzione fu quello di agire sui costi industriali di tecnologie già presenti sul mercato aumentando la scala della produzione per ridurre i costi fino a renderle sostenibili ma, come ho argomentato qui , dopo circa 10 anni dall’inizio dei primi programmi feed-in tariff possiamo ricavare che tale intento non è stato raggiunto; il sistema ha ancora bisogno di essere incentivato ma le risorse per farlo sono sempre più scarse. Esiste un argomento logico per spiegare l’inefficacia del sussidio alla produzione rispetto al finanziamento della ricerca e sviluppo. Dal punto di vista tecnologico il sussidio alla produzione “cristallizza” una tecnologia che si trova ancora a livello precompetitivo agendo solo sulla leva del costo di produzione e distoglie risorse che sarebbero necessarie a produrre gli avanzamenti necessari alla maturazione della tecnologia. Dal punto di vista energetico il denaro utilizzato per i sussidi proviene dalle tasse o da componenti tariffarie aggiuntive imposte agli utenti del sistema elettrico. Esso è stato guadagnato facendo uso di energia fossile in ragione del tasso di intensità energetica relativo al paese che concede i sussidi. In altre parole per sussidiare la produzione di energia pulita si obbligano i contribuenti a consumare energia di origine fossile perché è l’unico modo che hanno per produrre la ricchezza necessaria a generare sufficienti risorse per consentire i sussidi. Questo paradosso può essere riassunto e generalizzato nell’affermazione che le fonti energetiche che necessitano di incentivi per stare sul mercato sono dei derivati delle fonti energetiche competitive sul mercato.
Questi concetti sono chiari agli esponenti degli Innovators che infatti rifiutano l’approccio basato sui sussidi alla produzione e caldeggiano l’innovazione allo scopo di raggiungere l’obbiettivo di tecnologie pulite a basso costo, anche a costo di dover postecipare l’introduzione dell’energia rinnovabile nei paesi poveri.
Lo stesso Bill Gates in una recente intervista al Financial Times individua diverse tecnologie che, se supportate e sviluppate, hanno le caratteristiche di energy miracles e tra queste spicca l’eolico d’alta quota definito una “soluzione magica”.
Anche per National Geographic le attuali tecnologie solari ed eoliche non sono sufficienti, la prestigiosa rivista si schiera dalla parte degli Innovators selezionando KiteGen ed alcuni suoi competitor tra le otto tecnologie destinate a plasmare il mondo dell’energia del futuro.

Risoluzione parlamentare su Eolico Troposferico

KiteGen Research esprime soddisfazione per l’approvazione da parte della Commissione Parlamentare X Attività Produttive della Risoluzione 7-00281  http://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/35311 a firma On. Della Valle che impegna il Governo, rappresentato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio On.De Vincenti, ad assumere iniziative per riconoscere il vento troposferico o d’alta quota quale fonte di energia rinnovabile;   a promuovere opportune iniziative, anche agevolando l’accesso al credito per gli investimenti e ridimensionando la quota di imponibile sul credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, al fine di lanciare attività imprenditoriali che sviluppino tecnologie per sfruttare il vento troposferico. http://www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2015&mese=04&giorno=02&view=filtered_scheda&commissione=10&pagina=#data.20150402.com10.bollettino.sede00020
La risoluzione giunge a seguito di una serie di audizioni presso la stessa commissione, che hanno visto, tra gli altri, l’intervento di ENEA che al riguardo ha confermato le grandi potenzialità del giacimento eolico troposferico ai fini di una netta riduzione del costo dell’energia eolica qualora le tecnologie per lo sfruttamento del vento troposferico, che sono attualmente nella fase dimostrativa, fossero supportate con investimenti economici per arrivare sul mercato. https://www.enea.it/it/Stampa/news/eolico-alta-quota
KiteGen auspica che la politica continui ad impegnarsi per il miglioramento del contesto riservato alle iniziative ed alle startup innovative che operano in Italia, più problematico rispetto ad altre realtà internazionali
In termini di occupazione l’eolico troposferico rappresenta l’occasione di riaprire industrialmente il capitolo della produzione delle macchine eoliche, in Italia operava Vestas con oltre 600 addetti e 2000 nell’indotto, ma l’insufficienza in termini di remunerazione troppo dipendente dai sussidi pur su una tecnologia ormai matura hanno compromesso questo settore. Come sottolineato da ENEA il raggiungere la risorsa vento a quote che consentano di intercettare anche solo un 10% in più di velocità porta ad un incremento sul conto economico di un 33% che farebbe la differenza tra una iniziativa sussidiata ed un businness redditizio in grado di crescere in autonomia.  Il dato del 10% si riferisce a quote intorno ai 500m di altezza dal suolo, mentre KiteGen, oggi supportata dalla multinazionale Saudita SABIC S.A., ha già sperimentato con successo quote di 2000metri con le proprie installazioni di ricerca, ed a tali altezze la velocità media del vento raddoppia portando un 800% di miglioramento a livello economico, declinato non solo in maggior potenza ma anche in energia con un funzionamento esteso nel tempo di almeno 4 volte rispetto al tradizionale. Questa peculiarità dell’eolico troposferico porta anche ad eliminare il limite dell’intemittenza abbattendo gli oneri del sistema elettrico (bilanciamento – dispacciamento)

Dialoghi sull’energia

di Giancarlo Abbate

Questo articolo, e altri che probabilmente seguiranno, sono un resoconto (quasi) fedele di una serie di recenti conversazioni tra due appassionati di energia. I due, Mario e Giorgio, abitano in una città del nord Italia, sede di un’università e con una notevole presenza di piccole e medie industrie tecnologiche. Il primo (M) è un tecnico elettronico/elettrotecnico e buon programmatore, ha tra i 45 e i 50 anni, il secondo (G) venticinquenne sta scrivendo la sua tesi (non so bene se magistrale o di dottorato) in una disciplina scientifica. Mario e Giorgio si incontrano a volte durante l’intervallo di pranzo, hanno fatto amicizia e discutono di energia, ambiente e del futuro dell’umanità. Qualche tempo fa Giorgio ha iniziato a registrare alcune di queste conversazioni ed io, con il loro consenso, ne propongo questa rielaborazione scritta. Ho fatto la loro conoscenza grazie al comune interesse per l’eolico troposferico come fonte primaria di energia e per la tecnologia KiteGen come promettente strumento per il suo sfruttamento.

1. La cultura dell’energia.

M     Sto pensando alla curiosa maledizione che incombe sul dibattito sull’energia e alle responsabilità dei divulgatori, spesso improvvisati.

G      A cosa ti riferisci precisamente?

M     In un articolo Carlo Stagnaro si domanda: “Perché si dicono tante sciocchezze nel dibattito energetico in Italia?“. Vi si può leggere questa frase: “Il dibattito sull’energia è abbastanza carente più o meno a tutte le latitudini, anche se alle nostre più che ad altre. Per giunta, l’argomento dell’ignoranza può valere per il pubblico in generale, ma non per gli esperti interpellati dai giornali.”
Sono assolutamente d’accordo con questa riflessione. Chi sono questi esperti? perché parlano così tanto e così spesso ed a sproposito di energia, di risparmio energetico, di fonti rinnovabili e fossili? L’energia è certamente una materia complessa ma è deterministica, non c’è spazio per le opinioni. Gli pseudo-divulgatori però si impegnano con una presenza assidua su tutti i mezzi a disposizione con la convinzione di diffondere il verbo e se da un lato i professionisti dell’energia non hanno certamente bisogno delle loro opinioni e le ignorano o tutt’al più ne vengono infastiditi, dall’altro il pubblico non specialista viene infarcito quasi sempre di false credenze o esagerazioni.

G      Beh, forse anche tu esageri. In primis, ci dovrebbe essere sempre spazio per opinioni diverse e casomai, argomentando, si possono confutare quelle sbagliate. Poi, anche i professionisti possono dire sciocchezze e fare scelte sbagliate.

M       Si certo, ma vorrei farti un paio di esempi concreti ed evidenti di sciocchezze annidate in articoli, post e vari documenti disponibili in rete, affermazioni che non solo impattano negativamente sul progetto KiteGen di sfruttamento dell’eolico troposferico ma danneggiano il futuro di noi tutti. Il primo è un ponderoso e blasonato documento firmato dal dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano:

Wind Energy Report, Il sistema industriale italiano nel business dell’energia eolica.

Cito da pagina 19 di questo report:
1.1 Il principio di funzionamento, la struttura ed i costi di un impianto eolico

E’ il sole il vero “motore” dell’energia eolica, giacché è proprio dal differente assorbimento di energia solare in diverse zone dell’atmosfera terrestre e quindi dal conseguente differenziale di temperatura e pressione che si generano i venti, in tutte le possibili varianti dovute alle caratteristiche locali e all’orografia del suolo.

Su base annuale, circa il 2% delle radiazioni solari vengono effettivamente convertite in correnti aeree – e quindi sono possibile fonte di energia eolica – per un corrispondente valore di oltre 2 mld tep.

Considerando tuttavia la quota parte di questa energia che può essere, almeno dal punto di vista teorico, effettivamente sfruttata per la produzione di energia elettrica (e quindi ad esempio escludendo le correnti di media/alta quota) è necessario ridurne di quasi il 95% il valore: in buona sostanza l’energia eolica effettivamente sfruttabile può essere stimata in circa 100 mln tep all’anno. Il potenziale è quindi estremamente rilevante….

G      Cos’è che non va in queste affermazioni? L’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano che ha pubblicato questo documento gode di un’ottima reputazione ed ha pubblicato negli anni numerosi report e documenti di alto livello sull’energia, utilizzati anche dal Governo e dalle amministrazioni pubbliche.

M     E’ proprio questo il punto! Il project manager del ponderoso quanto discutibile documento, Riccardo Terruzzi, è certamente informato sull’immenso giacimento eolico troposferico e sull’attività di sviluppo industriale di KiteGen per arrivare al suo sfruttamento. Nonostante ciò sembra abbia preferito lasciarvi errori imperdonabili ed inconcepibili per chi pretende di porsi come esperto di energia nonché consigliere governativo di politiche energetiche. Andando nel dettaglio degli errori, il primo è davvero clamoroso: il Report afferma che su base annuale il contenuto energetico totale dei venti atmosferici è oltre 2 mld tep ma questo numero è sbagliato, per difetto, di un fattore 1000! Tre ordini di grandezza, capisci? Stime ragionevoli si trovano in molti articoli scientifici, come quello storico di Gustavson del 1979 su Science.

G      Conosco quel lavoro di Gustavson, si basa su approssimazioni ragionevoli, è chiaro e le sue stime sono tuttora valide; d’altra parte mi sembra incredibile che il Report dell’Energy & Strategy Group possa essere sbagliato di tre ordini di grandezza. In ogni caso il conto è semplice e lo possiamo rifare in due minuti.

M     Detto, fatto. La costante solare, cioè la quantità di energia irradiata dal Sole che raggiunge in ogni secondo un m2 di superficie della Terra, è di 1366 W/ m2, il pianeta terra durante la rotazione espone continuamente 127  milioni di km2 il che equivale a 173000 TW di radiazione incidente di cui circa il 2% alimenta i venti ovvero 3460 TW (1 TW=106 MW).

G      OK, dalla potenza passiamo all’energia ottenibile in un anno moltiplicando per le 8760 ore annuali ed otteniamo la stima dell’energia solare convertita in vento in 30300 PWh all’anno (1 PWh=106 GWh). Ciò basterebbe per la verifica ma gli economisti (e gli ingegneri gestionali) per complicarci la vita preferiscono usare le tonnellate equivalenti di petrolio, tep, dove 1 mld tep vale circa 11 PWh. Quindi in conclusione il vento atmosferico custodisce una ricchezza rinnovabile di 2750 miliardi di tep, ovvero un fattore 1000 superiore al dato riportato nel Report dell’Energy & Strategy Group. Hai veramente ragione è un errore madornale.

M      Questo errore è non solo fuorviante e contraddice ciò che la scienza dell’atmosfera sostiene, ma porta con sé anche il danno aggiuntivo di vanificare l’effetto cognitivo della comparazione con il fabbisogno umano corrente di energia che si assesta intorno ai 12 mld di tep/anno.

G      In sostanza, secondo i dati del Report citato tutta l’energia eolica terrestre è appena un sesto del fabbisogno annuale dell’umanità, che è stimabile in circa 12 mld di tep, con l’inevitabile conseguenza di relegare questa fonte ad un ruolo marginale, poiché solo una piccola frazione dell’intero serbatoio energetico può essere effettivamente sfruttata. In realtà però, correggendo l’errore, il serbatoio eolico corrisponde a circa 200 volte il fabbisogno e può a buon diritto assurgere al ruolo di principale fonte energetica primaria. Un grande errore porta con sé grandi conseguenze negative! Ma tu hai parlato di “errori” al plurale. C’è qualche altra affermazione che con va in quel report?

M     L’altra bizzarra frase di quel documento è quella che da per scontato che il vento che può essere sfruttato dal punto di vista “teorico”, e ripeto teorico, vede l’esclusione dell’alta e la media quota, pur ammettendo che contengono il 95% dell’energia, ovvero 20 volte ciò che è disponibile all’eolico convenzionale, per poi costruire i ragionamenti dell’intero documento basandoli solo sui sussidi pubblici.

G      Qui tocchi un tasto per me particolarmente sensibile. Questa impostazione inficia la validità di tutto il documento, nonostante in esso si possano trovare molti dati utili, in quanto i sussidi, benché dannosamente pantagruelici, sono stati congegnati con la speranza di far percorrere velocemente le curve di apprendimento economiche e tecnologiche alle fonti beneficiarie, per vederle competere in autonomia, e non come una condizione strutturale.

M     Ma se la risorsa eolica troposferica (cioè alta e media quota), come sottolineato nel documento, è 20 volte quella disponibile a 100/150 m, non è difficile capire che le prestazioni economiche di un generatore specifico seguiranno la stessa proporzione. Sul conto economico la colonna dei ricavi è da moltiplicare, e suppongo molto più di 20 volte.

G      Si, ma stai tralasciando il non banale fatto che non esiste in attività un generatore specifico per la media ed alta quota e, se esistesse, cioè se le macchine in costruzione presso KiteGen entrassero in funzione entro quest’anno, bisognerebbe comunque valutare anche la colonna dei costi per asserirne la reale convenienza.

M     So che la tua è una provocazione ma la voglio cogliere ugualmente. Almeno in linea “teorica” l’energia da fonte troposferica potrebbe costare anche 30 volte meno dell’eolico tradizionale ovvero 10 volte meno del carbone. E’ ragionevole prevedere che i primi generatori di energia da eolico troposferico produrranno ad alti costi nel loro primo anno di vita (ti ricordi il costo a MWh dei primi pannelli foto voltaici?). Tuttavia, attendendo la fine di un breve, ma questa volta efficace, periodo di apprendimento tecnologico ed economico delle macchine, è altrettanto ragionevole stimare un costo dell’energia più basso di qualunque altra fonte o tecnologia attualmente esistente, poiché il limite teorico di miglioramento è realmente molto alto.

G       Proponi forse incentivi statali anche per l’eolico troposferico?

M     Degli incentivi parleremo la prossima volta. Ora voglio sottolineare l’importanza di far comprendere a tutti, esperti e non, l’enorme potenzialità dell’eolico troposferico e cosa sta realizzando il gruppo di lavoro che si raccoglie intorno al progetto KiteGen per arrivare a sfruttare questo giacimento, non solo ricco ma soprattutto rinnovabile e pulito.

G      Forse sei troppo ottimista. La comunicazione sull’energia e sui danni ambientali e climatici assomiglia ad una guerra con bombardamenti continui dalle opposte fazioni. Il pubblico ne è frastornato e spaventato. Personalmente ritengo molto difficile che una comunicazione razionale ed argomentata riesca ad avere grande risonanza pubblica.

M     Tuttavia non è saggio lasciare che i soli “esperti” che dibattono, anzi si azzuffano, pubblicamente siano da una parte chi ha interessi nei combustibili fossili e dall’altra chi diffonde strampalate idee di austerity, anche detto risparmio energetico, e smart grid con improbabili accumuli elettrochimici. Un modo per capire se si è di fronte ad un vero esperto di energia è proprio quello di sentire quale opinione hanno sull’eolico troposferico.

G      Per quel che mi risulta la maggioranza risponderà di non saperne nulla.

M     Ed io questo non posso proprio accettarlo. Un “esperto” non può avere questa lacuna. Un “esperto” ha il dovere di essere informato ed aggiornato su tutte le frontiere tecnologiche del settore, in particolare se sono così promettenti. Ma passiamo al secondo esempio, cioè l’intervento di Luca Pardi, presidente dell’associazione per lo studio del picco del petrolio, recentemente apparso sul blog Risorse Economia Ambiente:

cito da questo post:

“Nessuna infrastruttura energetica può essere costruita, fatta funzionare, manutenuta e smantellata senza il fondamentale apporto dei combustibili liquidi di origine petrolifera.”

“Non ci chiediamo quindi quale sia l’alternativa possibile al petrolio. Non esiste.

G      Un altro campo minato in cui l’amore per la razionalità rischia di venir offuscato dallo spirito di appartenenza.

M      Quindi Pardi ci informa che il problema (NdA: di affrontare il raggiungimento del picco) non è tecnico in quanto non esistono sostituzioni ai combustibili liquidi di origine petrolifera. A parte la curiosa affermazione, mi chiedo veramente che bisogno ha Luca Pardi di allinearsi con coloro che tentano di danneggiare il lavoro tecnico di tutti i laboratori di ricerca che in ambito chimico stanno cercando di rendere il più efficiente possibile la sintesi artificiale dei combustibili liquidi.

G      So che la sintesi di combustibili liquidi, ad esempio da gas naturale, è già una realtà e sembra che alcuni processi industriali siano vicini al 30% di efficienza. Tuttavia questi processi consumano molta energia elettrica per cui l’alto costo finale del prodotto ne impedisce l’utilizzo commerciale su vasta scala.

M     Infatti, ma il ragionamento fatto prima sull’eolico troposferico rappresenta l’anello mancante per chiudere la catena. Se la presenza di un altro giacimento di energia, grande e rinnovabile, e soprattutto la sua accessibilità diventasse rapidamente patrimonio comune di tecnici, economisti e politici, non sarebbe difficile percorrere in pochi anni la curva di apprendimento economico fino ad arrivare al costo atteso dell’energia elettrica sotto ai 10$ al MWh.

G      E a quel punto il combustibile liquido di sintesi sarebbe una realtà economicamente conveniente ed il fracking una follia obsoleta. Ma c’è anche di più. Chi, come Pardi, sembra opporsi anche al “principio” che l’energia elettrica possa essere prodotta a quel costo, danneggia anche chi lavora per un modello tutto elettrico della nostra società che sarebbe in grado di proporre una nuova rivoluzione industriale. Riconversione dei sistemi di riscaldamento domestico a pompa di calore, la mobilità elettrica, i processi industriali elettrici diventerebbero non solo fattibili ed ecosostenibili ma anche economicamente convenienti.

M     E lo diventeranno se la razionalità prevarrà sugli interessi personali e sulla partigianeria. Il costo di produzione del barile di petrolio che sia sintetico o estrattivo non può e non deve superare un valore nell’ordine di una decina di dollari. In caso contrario esso resta recessivo e le economie del mondo non possono che avvitarsi in una spirale di grave indebitamento, di demolizione delle conquiste della civiltà e negando definitivamente qualunque possibilità di progresso alle economie periferiche.

G  10$?   Per lo shale oil questa soglia potrebbe essere difficile da raggiungere e ciò mette in discussione le scelte strategiche degli USA. Ma credo che ci stiamo addentrando in un discorso di economia che merita una discussione tutta per sé e le cifre citate sui costi estrattivi richiedono una più approfondita argomentazione, per oggi possiamo finirla qui.

L’autore (G.A. …) condivide l’impostazione concettuale e le conclusioni generali del dialogo tra Mario e Giorgio e demanda ai lettori eventuali commenti sulle loro singole affermazioni.

[ndr.] il post è apparso originariamente su iMille.org

La prima Power Wing

Il primo esemplare di Power Wing, un’ala espressamente progettata per la produzione di energia, è finalmente uscito dai laboratori KiteGen e ve lo mostriamo in anteprima.

La disponibilità di un’ala di potenza è il principale fattore abilitante per la produzione massiva di energia a basso costo da eolico troposferico.   I kite sportivi sono realizzati in materiali molto leggeri ma non sono pensati per produrre grandi potenze. Il concetto di ala di potenza non è mai esistito sul mercato fino ad oggi e tutti gli attori del settore eolico troposferico, dopo aver sperimentato con successo la produzione di energia fino a poche decine di kW da kite sportivi (per prima KiteGen già nel 2006 – vedi rassegna video riportata sotto), si sono trovati di fronte alla difficile scelta tra sviluppare un sistema di piccola potenza, magari mobile, per adattarsi alla disponibilità di kite da poche decine di kW, oppure progettare un’ala efficiente, leggera ma resistente in grado di resistere ai megawatt.   Questo dilemma ha ovviamente toccato anche KiteGen la quale ha effettuato la seconda scelta, che ci è apparsa obbligata poichè rinunciare alla power wing avrebbe significato auto relegarsi in una nicchia di sistemi di piccola taglia. Essendo il fattore di scala fondamentale nell’eolico troposferico,  i sistemi di piccola taglia producono energia costosa e con poca speranza di competere, data la novità, con le fonti rinnovabili già presenti sul mercato ed ampiamente collaudate.  La principale ragione dell’allungamento del time to market dei primi sistemi eolici troposferici è la perseveranza con cui molti progetti hanno stabilito una roadmap nella quale la commercializzazione del sistema di piccola taglia deve precedere, e magari finanziare, la messa a punto del sistema di grande taglia lasciando solo KiteGen ad impegnarsi sulle power wing con l’estrema difficoltà di trovare competenze e collaborazioni su una tematica disconosciuta dagli altri concorrenti.    La power wing di KiteGen rappresenta dunque il salto di qualità del settore eolico troposferico, dalla sperimentazione limitata a prototipi di bassa potenza all’abilitazione di nuovi  generatori della classe del megawatt e, grazie al design modulare o, più semplicemente, al concetto di kite wind farm, scalare alla classe dei gigawatt ovvero competere nel più ampio segmento del mercato dell’energia.   La scelta del segmento di mercato in cui l’eolico troposferico dovrebbe posizionarsi non è rilevante solo ai fini economici ma anche dal punto di vista del potenziale in termini di apporto al contrasto del cambiamento climatico e all’impoverimento energetico che sta facendo peggiorare la crisi economica e sociale in gran parte del pianeta stimolando l’accesso a risorse sempre più “sporche” come il carbone e lo shale.  I sistemi di piccola taglia saranno limitati a nicchie di mercato e daranno contributi limitati alle problematiche sociali e ambientali, il paragone di fatturato ed energia prodotta tra i settori micro e minieolico ed il settore eolico di grande taglia è esplicativo.   L’ala di potenza è  dunque una problematica ineludibile e KiteGen l’ha affrontata ottenendo un primo importante successo che ha richiesto tempo e risorse. Inizialmente lo sforzo è stato rivolto a sistemare la proprietà intellettuale con diversi brevetti che descrivono le caratteristiche fondamentali ed i sistemi ausiliari.  Successivamente ci si è focalizzati sulla progettazione mettendo in campo i più riconosciuti tool di calcolo fluidodinamico su potenti sistemi di calcolo parallelo. Parallelamente sono stati selezionati i materiali ed i compositi più adatti ed infine si è investito su un impianto industriale in grado di coprire tutta la filiera dal procurement dei materiali al prodotto finito.  Una linea robotizzata ha consentito la produzione di 20 tonnellate di stampi utilizzati per il confezionamento e la cottura dei conci in composito.  Anche la produzione degli accessori (alettoni e bulbi) avviene mediante robot mentre tutti gli assemblaggi e le lavorazioni sono labour intensive e coinvolgono personale attento e specializzato.  Il risultato, come si può osservare dalla foto ha le dimensioni dell’ala di un grande aereo di linea ma è leggero e semirigido.  L’ala è formata da 9 conci rigidi in composito incernierati tra loro da giunti flessibili grazie ai quali può facilmente cambiare configurazione per variare la portanza.

Molti lettori impazienti di novità sul KiteGen e spesso delusi dalla mancanza di nuovi filmati di voli con kite da sport (prodotti invece abbondantemente dai nostri competitori come si evince dalla  rassegna in fondo)  potranno finalmente comprendere che il tempo intercorso dalla presentazione degli ultimi filmati non è trascorso nell’inattività ma, al contrario, ha portato alla certezza di poter produrre grandi potenze da eolico troposferico.   La strada verso il raffinamento e l’ottimizzazione delle ali di potenza potrà essere paragonata a quella percorsa dalle pale delle turbine eoliche (anch’esse delle ali peraltro) con ingenti risorse impegnate nella ricerca e sviluppo e numerose università e aziende coinvolte ma la strada verso macchine eoliche troposferiche della classe del MW è definitivamente tracciata.

Rassegna di filmati riguardanti produzione di energia eolica d’alta quota.

KiteGen è stata la prima nel 2006 a produrre energia da uno sport kite con cicli pumping kite groundgen (la produzione di energia avviene a terra).  Come si può verificare esaminando i video la stessa configurazione è ripetuta da numerosi attori del settore.  Alcuni, come Makani, in seguito sono passati ad altre configurazioni (flygen: la produzione di energia avviene in volo) per evitare di violare i diritti brevettuali sul concetto, la cui priorità è stata riconosciuta a KiteGen

Audizione parlamentare di KiteGen Resarch sulla Green Economy


Il 21-03-2014 si è tenuta l’Audizione di KiteGen Resarch presso le commissioni riunite Attività Produttive ed Ambiente della Camera dei Deputati nell’ambito del programma di audizioni dedicato alla Green Economy.

click qui per ascoltare l’audio dell’intervento

Di seguito riportiamo il testo integrale del documento presentato alla commissione.

Grazie Presidente, Onorevoli Deputati,

Al netto delle problematiche di tipo ambientale, l’accesso a fonti energetiche a basso costo è fondamentale nello sviluppo socio-economico. Il contenuto energetico – diretto ed indiretto, quello che si suol dire Emergy o energia incorporata – di ogni bene e servizio prodotto, distribuito e commercializzato è spesso tale da determinarne il prezzo di vendita quindi, a parità di reddito, l’aumento o la contrazione della domanda.
L’energia è inoltre un bene solo assai limitatamente sostituibile (dalla tecnologia principalmente) quindi sfugge alle logiche economiche basate sulla dinamica prezzo/sostituzione. All’ampia disponibilità di energia a basso costo ha seguito il tumultuoso periodo di crescita economica e di sviluppo umano registrato nel dopoguerra, così come la perdurante crisi odierna, tanto più evidente in paesi come il nostro, pressoché privi di risorse energetiche, è ricollegabile all’alto livello dei prezzi delle risorse energetiche. Alto livello raggiunto per ragioni strutturalmente inerenti alla riduzione di disponibilità di risorse energetiche facili da estrarre ed alla necessità di ingenti investimenti per intraprendere lo sfruttamento di risorse meno accessibili. Tale considerazione ci fa affermare che se anche la riduzione del prezzo dell’energia dovuto alla distruzione della domanda conseguente alla crisi dovesse stimolare una nuova, timida, ripresa, l’effetto dell’aumento di domanda energetica dovuto a quest’ultima non tarderebbe ad intervenire, vanificando ogni progresso. Ed è vano, in tale contesto, invocare quelle misure anticicliche di intervento pubblico poiché le risorse per dette misure dovranno essere attinte da un futuro sviluppo economico che non avrà luogo per le premesse descritte, risolvendosi in un mero aumento del debito la cui probabilità di rientro diminuisce progressivamente.
Se consideriamo la sfera economica ricompresa nel più ampio contesto eco-ambientale e poniamo la nostra attenzione sui principali problemi che il genere umano si trova a fronteggiare e che sono di una tale gravità da metterne, per la prima volta nella storia, a repentaglio l’esistenza, problemi quali acqua, cambiamenti climatici, rifiuti, povertà e malnutrizione, sviluppo e dignità umana, possiamo affermare che, per ciascuno di questi, esiste una soluzione legata alla piena disponibilità di energia pulita a basso costo. Lo sviluppo della green economy risulta quindi non solo un’opzione ma anche una necessità per il rilancio dell’economia, a condizione tuttavia che le nuove tecnologie di generazione (da fonte rinnovabile) siano intrinsecamente (ancorché anche solo potenzialmente), “vantaggiose” da un punto di vista sia economico che energetico, diversamente risulteranno inabili a contrastare tale tendenza e, ove sovvenzionate, rappresenteranno un mero costo per la collettività, come già argomentato.
Il recente rapporto di Assoelettrica (1) evidenzia come dal 2012 al 2013 la riduzione della produzione termoelettrica si attesti intorno ai -28,8 TWh di cui 10,4 imputabili al calo della domanda e 18,4 alla sostituzione con fonti rinnovabili. Ai prezzi correnti del gas, approssimativamente 0,3 euro per metro cubo, il combustibile per produrre tale quantità di energia sarebbe costato circa 1,1 mld di euro. Il quinto conto energia si è chiuso al raggiungimento dei 6,7 mld di sussidio annuo che, ripartito sui 22.146 MWh di energia prodotta dagli impianti fotovoltaici, produce un costo medio di 300 euro MWh ovvero la sostituzione del termoelettrico con il fotovoltaico nel 2013 è costata 5,56 mld di euro di oneri di sistema ridistribuiti sulle bollette degli italiani facendo sì che il vantaggio della riduzione del PUN, sceso a 65 euro/MWh non abbia alcun effetto sul costo dell’energia alla distribuzione.
Questi 4,46 mld di euro di maggiori costi, detratto il combustibile risparmiato, dovrebbero rappresentare il vantaggio ambientale, che non siamo in grado di calcolare con esattezza ma che si realizzerà durante l’intero ciclo di vita degli impianti mentre il carbone utilizzato per produrre i pannelli, in massima parte cinesi, è stato già bruciato arrecando un danno immediato che ci proponiamo di sanare nei prossimi 20 anni. Peraltro non siamo gli unici a criticare il meccanismo dei sussidi, i tedeschi dell’Institute for Energy Research hanno pubblicato un report (3) in cui, sulla base dei dati relativi all’ampia esperienza tedesca, argomentano che ‘Il principale meccanismo di supporto alle energie rinnovabili, basato sulle tariffe feed-in, in fatti, impone alti costi senza produrre alcuno dei supposti benefici sulle emissioni, l’occupazione, la sicurezza energetica o l’innovazione tecnologica’.
In particolare sull’ultimo supposto beneficio, essendo in prima linea sul fronte dell’innovazione tecnologica, ci troviamo particolarmente d’accordo nel sottolineare come il meccanismo del conto energia abbia stimolato non già la ricerca di soluzioni più avanzate e sostenibili nell’ambito delle tecnologie rinnovabili ma abbia cristallizzato quelle tecnologie ancora immature ma già profittevoli tenendo conto dell’incentivo, sterilizzandone di fatto ogni progresso e spostando gli investimenti dalla necessaria ricerca e sviluppo alla produzione di massa di sistemi che, non reggendosi su basi economiche sostenibili, hanno perso ogni attrattiva quando i principali paesi contributori, tra cui l’Italia, hanno rallentato le sovvenzioni; come dimostra la lunga catena di fallimenti delle aziende solari in Europa, America ed ora anche Cina.
Ci avete interpellato per conoscere la nostra posizione in merito alla Green Economy e sentiamo il dovere e l’enorme responsabilità di rispondere adeguatamente, non solo denunciando ciò che, a nostro avviso, per citare il punto 7 del programma della presente indagine costituisce un “profilo problematico del modello di sviluppo green economy”. Siamo qui per affermare che Il giacimento di energia pulita a basso costo è sempre esistito, si dispiega su di noi sotto forma di immense quantità di energia solare trasformata in nobile energia meccanica mediante il più grande “pannello solare” a nostra disposizione: l’atmosfera terrestre. Un pannello che può essere definito fotocinetico anziché fotovoltaico, sempre pronto all’uso e manutenuto gratuitamente dalla natura. La rivista Nature Climate Change (2) nel settembre 2012 stimava la potenza estraibile dal vento troposferico, senza apprezzabili modifiche climatologiche, in valori prossimi a 1800 TW, ovvero più di cento (100) volte, in termini di flusso energetico, l’attuale fabbisogno di energia primaria dell’intera umanità (stimato in circa 16-18 TW).
Sulla sola Italia fluisce una potenza totale intorno ai 100 TW. Ipotizzando di riuscire ad estrarre e rendere disponibile lo 0.1% continuo (100 GW) da tale giacimento, l’energia ottenibile corrisponderebbe ad oltre 800 TWh all’anno, valore equivalente ad una produzione netta di ricchezza endogena stimabile in 60 miliardi di euro l’anno (cifra analoga alla bolletta energetica italiana).
La maggior parte di questa risorsa è presente ad altezze dal suolo superiori ai 500-1000 m, ove l’effetto frenante dell’orografia è meno importante, tuttavia le tradizionali turbine eoliche non sono in grado di raggiungere tali altitudini e, pertanto, accedono solo alla parte meno conveniente della risorsa. Il recente sviluppo di tecnologie che possiamo considerare abilitanti o “enablers” per lo sfruttamento del giacimento eolico di alta quota, come i materiali polimerici ultra resistenti, le tecnologie dei compositi e la riduzione del costo del supercalcolo parallelo ci hanno consentito di sviluppare un ampio insieme di brevetti sul concetto KiteGen eolico d’alta quota e di avviare lo sviluppo industriale di questa tecnologia che consentirà di sfruttare l’immenso giacimento fornendo finalmente l’energia pulita a basso costo di cui abbiamo ravvisato l’indispensabilità ai fini dell’opportunità di ‘un’economia verde per uscire dalla crisi’.
Nell’ambito di un importante accordo con una società Saudita, siamo impegnati in un programma che prevede entro il 2014 di installare i primi impianti KiteGen e di raggiungere, entro il 2017 il traguardo del costo di produzione dell’energia di 10 euro/ MWh.
D’altro canto il detenere la priorità sui più rilevanti concetti relativi all’eolico d’alta quota comporta una pesante responsabilità in carico a KiteGen stessa e soprattutto al sistema Italia poiché i brevetti hanno scoraggiato gli investimenti anche di possibili competitori, precludendo il diritto di sfruttamento in quanto esclusiva di KiteGen, e sottraendo al mondo la via maestra per trovare rapidamente la soluzione alla crisi economica globale.
E’ dunque necessario agire in fretta, anche da parte delle istituzioni, per non vanificare i nostri sforzi nel mantenere italiana la tecnologia KiteGen. Era infatti nostra convinzione che, per l’importanza degli obbiettivi prefissati, le risorse impiegate nel progetto dovessero essere pubbliche, consentendo la più ampia democrazia ed equità nella distribuzione dei successivi frutti. Tuttavia, nonostante la partecipazione e l’ammissione al finanziamento su numerosi bandi di ricerca, le risorse pubbliche destinate al progetto non sono state mai erogate, spingendoci pertanto a ricorrere al mercato, abilitandone così una possibile futura appropriazione dei diritti di sfruttamento senza che il Paese ne abbia alcun beneficio diretto.
Siamo a chiederVi quindi il riconoscimento quale fonte rinnovabile di importanza strategica del vento troposferico e delle tecnologie, completamente italiane, che ne abilitano lo sfruttamento, mettendo queste in condizioni di parità con le altre FER.
Il percorso a nostro parere più corretto per rispondere a questa richiesta d’aiuto, perché tale è, passa per l’istituzione di una commissione tecnica, o di analogo organo istituzionale, che si avvalga delle migliori ed indipendenti competenze presenti negli enti di ricerca e negli altri soggetti che svolgono compiti strategici nel campo dell’energia, e che possa finalmente verificare ed affermare con autorità ciò che noi sappiamo già da alcuni anni, ovvero che il vento troposferico è l’unico giacimento energetico in grado di svolgere il ruolo di contrasto alla crisi energetica, economica ed ambientale assegnato alla green economy e che le conoscenze accumulate, e riconosciute dalla priorità dei nostri brevetti, in merito alle relative modalità di sfruttamento sono da considerarsi di interesse strategico per il Paese.

KiteGen in cifre
· Anno di avvio del progetto 2003
· Oltre 20 tesi di laurea dedicate, di cui una di dottorato assegnataria dell’ENI Award nel 2010
· Più di 40 brevetti “padre” registrati e riconosciuti in più di 150 Paesi del mondo ed un investimento sostenuto per la tutela del patrimonio intellettuale intorno a 2,5 Milioni di euro.
· Oltre 80 azionisti di varia natura e dimensione e sostenitori in tutto il mondo
· Numerosi premi e riconoscimenti (WREC Award 2006, tra i 20 progetti più innovativi nel Vertice di Copenhagen sul clima del 2009, chiamato a rappresentante l’“Italia degli innovatori” presso l’Expo di Shanghai 2010, etc.)
· Test di un prototipo da 30 kW nel 2006
· Test di un prototipo da 3 MW nel 2012
· Attività e costi sostenuti per la realizzazione del progetto ad oggi per un totale di circa 10 milioni di euro, di cui circa il 95% da risorse private ed il resto da fondi comunitari per R&S.
· Attività di sviluppo ed industrializzazione in corso c/o il nuovo stabilimento di S. Mauro Torinese, (1800 mq di uffici ed 8000 mq di officina) da parte di una trentina tra dipendenti e collaboratori.
· Programma di industrializzazione in corso, in collaborazione con Saudi Arabian Basic Industries Company (SABIC), finalizzato a fornire l’energia necessaria per il funzionamento del più grandeimpianto del mondo di cattura della CO2, per conto della Jubail United Petrochemical Company.

(1) http://www.assoelettrica.it/wp-content/uploads/2014/01/I-principali-dati-congiunturali-del-settoreelettrico-
italiano-1y14gennaio-dicembre2013.pdf

(2) http://www.nature.com/nclimate/journal/vaop/ncurrent/full/nclimate1683.html
(3) https://selectra.co.uk/sites/selectra.co.uk/files/pdf/promotion%20or%20renewable%20energies.pdf

Update: KiteGen ready to set up the supply chain for the Saudi contract

The KiteGen® Group has been participated in April 2013 by Sabic Ventures – the venture company owned by Saudi Arabian Basic Industries Corporation (SABIC) – and signed a 5 agreements contract including a 200 KiteGen Stem units purchase agreement. The Sabic kite farm will be located close to Jubail Industrial City, Saudi Arabia.

KiteGen has now reached the 8th technology readiness level and its technology package is as advanced as needed in order to transfer the technology to a supply chain and start the industrial production.

KiteGen® technology is the latest evolution of wind energy exploitation. It is a paradigm shift that may be the most practical and effective solution to the world’s energy needs. The Kitegen technology is based on a decade of research and development; it has presently reached the stage at which it will be implemented on an industrial scale. The main innovation is given by the fact that KiteGen can exploit a novel, powerful, endless and almost universally available source of energy: the high altitude wind power. Large wings tethered by strong polymeric ropes, driven by a high-tech control system based on avionic sensors, fly at high altitude, harvesting the energy of powerful winds, much faster and constant than those available near ground.
The Saudi kite farm will be the renewable energy cornerstone of a Saudi 66 billion $ program aiming to power projects as the region water desalinization and the Carbon Capture and Utilization (CCU) , the Saudi approach is to check the suitable RES technologies and KiteGen® is in pole position thanks the unprecedented net energy ratio of the fully owned exclusive concept outperforming, at least, tenfold any other renewable energy technology.

Technical notes on CCU

The CCU process compresses and purify the raw carbon dioxide coming from certain petrochemical plants. The purified gaseous CO2 is pipelined to a processing facility for enhanced methanol and urea production. Methanol is a basic commodity for the chemical industry and urea is used for fertilizer production. Massive quantities of renewable electrical energy at very low cost is needed to drive effectively those processes.
In summary, recovering 500,000 tonnes of CO2 emissions by CCU each year is equivalent to the removal of 2,6 millions of cars, representing the worldwide most advanced, reproducible and  promising method to reverse the most harmful forcing over the global climate.

KiteGen @ Green Week 2013 – Bruxelles 4-7 June 2013

By admin, 2013/05/31

KiteGen è stata invitata dalla DG RTD della Commissione Europea ad essere presente con un proprio stand (n. 7), dal titolo “When air turns into energy“, alla Green Week Conference 2013.

L’evento, quest’anno dedicato all’aria, avrà luogo a Bruxelles presso l’Egg Center in rue Bara 175 , nel quartiere di Anderlecht. Saremo lieti di incontrare in tale occasione tutte le persone interessate al progetto.

Ironia della sorte lo stand di KiteGen sarà a fianco di quello di ALCOA…

Il link all’evento.

Sistemi di controllo

Il seminar che proponiamo oggi inquadra la tematica dei controlli automatici aggiungendo dettagli sul sistema basato sui supercondensatori progettato per eliminare l’intermittenza della produzione di energia elettrica dovuta al ciclo yo-yo caratteristico del KiteGen Stem, che prevede una fase attiva di generazione ed una fase passiva in cui una piccola percentuale dell’energia prodotta viene utilizzata per riportare l’ala alla quota minima.

Kitegen yoyo/stem e KiteGen carosello. Rapporto fra la velocità e la forza nella conversione energetica.

Scritto da Mario Marchitti
Il KiteGen è stato concepito in due configurazioni, lo yoyo o stem, ora in fase di avanzata realizzazione
a Sommariva Perno, e, originariamente, nella configurazione tipo carosello i cui rendering sono qui raffigurati.
Dal punto di vista della conversione energetica c’è una sostanziale differenza nella modalità di operare dell’aquilone o profilo alare, a seconda della tipologia del KiteGen, e questa differenza si riflette nei dimensionamenti di alcuni organi fondamentali.
In entrambe le configurazioni la navigazione al traverso dell’ala genera le forze aerodinamiche, di portanza e resistenza, utili per la conversione dell’energia eolica in energia meccanica e quindi elettrica.
Però nello yoyo o stem, l’ala si sposta anche lungo la direzione dei cavi che lo ancorano a terra ai generatori [1], con una importante componente nella direzione del vento vero, ed è proprio questa velocità e forza che si trasmettono lungo i cavi collegati a degli argani solidali ai generatori;
i cavi vengono quindi svolti, mettendo in rotazione i generatori. Mentre, nell’altro caso del carosello, la velocità e la forza utili sono circa allineate alla direzione dello spostamento al traverso che segue l’aquilone, e non c’è lo svolgimento dei cavi per produrre energia [1], perché, in questo caso, le forze aerodinamiche trascinano in rotazione un anello a cui sono collegati dei generatori.
In effetti, per quanto riguarda la modalità della conversione della potenza del fluido, la torre eolica tradizionale è più simile al carosello che non allo stem [2], perché anche nella torre eolica la forza utile è nella stessa direzione della velocità al traverso della pala, che non svolge dei cavi, ma trascina in rotazione il generatore al mozzo della torre.
La potenza applicata per spostare un oggetto è fisicamente definita come il prodotto della forza applicata per la velocità di spostamento dell’oggetto; così pure, per un generatore collegato a un argano, la potenza erogata (a meno di perdite di efficienza) è data dal prodotto della forza che fa girare l’argano per la sua velocità di rotazione tangenziale (oppure dalla coppia applicata per la velocità angolare).
Ora, nel primo caso dello Stem, è la forza che predomina, mentre nel Carosello predomina la velocità. Pertanto nel sistema a carosello i generatori sono molto meno sollecitati rispetto a quelli dello Stem. Nello Stem la velocità di svolgimento dei cavi è una frazione della velocità del vento vero, che è molto inferiore alla velocità apparente o al traverso che genera le forze aerodinamiche; mentre nel carosello la velocità di trascinamento dei generatori è circa uguale alla velocità al traverso che è molto superiore a quella del vento vero. Il contrario succede per la forza. Un dettaglio numerico del confronto può essere effettuato esaminando le formule 15, 16 e 17 riportate nel paragrafo Crosswind Motion dell’articolo di Miles Loyd che possono essere applicate al KiteGen stem [3]; queste formule sono da confrontare con quelle che esprimono il kite-power-factor che si ottiene considerando lo schema a carosello kpf = Vk/Vw (Cl – Cd *Vk/Vw)√((1+Vk/Vw)^2).
Considerando che la velocità al traverso dell’aquilone è molto maggiore del vento vero, la precedente formula si può semplificare in kpf = Cd(E*Rv^2 – Rv^3), dove E è l’efficienza Cl/Cd , e Rv è il rapporto fra le velocità, Vk/Vw.
Dalla formula 15 dell’articolo di Loyd si può ricavare il rapporto ottimale fra la velocità di srotolamento dei cavi dell’aquilone dello stem, Vk, e quello del vento vero atmosferico Vw, che è di 1/3. Cioè in presenza di un vento di 10 m/s si ottiene la massima potenza dallo stem con una velocità di srotolamento di 3.33 m/s. [NdR KiteGen comunque riconosce valida la formulazione di Loyd solo in un range limitato di velocità del vento, ovvero dal Cut In fino al raggiungimento della forza nominale della catena cinematica, dopo di che la formulazione cambia drasticamente a tutto vantaggio della produttività complessiva].
Nel caso del KiteGen Carousel invece, la velocità che occorre considerare nella produzione di energia è quella al traverso dell’aquilone, che, nel caso ottimale (supponendo un’efficienza pari a 10), è nel rapporto di 6.66 a 1 rispetto al vento vero (questo valore si ottiene derivando rispetto a Rv la formula semplificata del kpf e calcolando il valore di Rv che annulla la derivata).
Quindi, ipotizzando un vento vero di 10m/s, si ottiene la massima potenza con una velocità al traverso dell’aquilone di 66 m/s. A parità di kite-power-factor, cioè della potenza specifica generata dai due sistemi, il rapporto fra le velocità di generazione fra lo stem e il carosello è quindi di 3.3/66, cioè nel carosello la forza è trasmessa al generatore con una velocità 20 volte maggiore, pertanto il rapporto fra le rispettive forze deve essere inverso, cioè ai generatori dello carosello si trasmettono forze 20 volte inferiori.
Il dimensionamento degli organi di un argano-generatore, e quindi il loro costo, è determinato principalmente dalle forze applicate e secondariamente dalla loro velocità di rotazione, pertanto le precedenti osservazioni dovrebbero orientare alla scelta della configurazione a carosello, come più efficiente ed economica. Qui però intervengono anche altre valutazioni nelle scelte progettuali; perché va osservato che un KiteGen carosello non può scendere sotto una certa taglia, che è di qualche centinaio di metri di diametro dell’anello, mentre il KiteGen Stem può essere realizzato anche per potenze molto limitate, come del resto è il Mobile Gen, una versione di potenza ridotta, installata su un piccolo autocarro, quindi anche trasportabile. Va comunque detto che l’attuale stem, in costruzione a Sommariva Perno, oltre a rappresentare il prototipo di un impianto produttivo di alcuni MW, rappresenta anche una “palestra” per lo sviluppo delle tecnologie, che poi potranno trovare applicazione in un progetto ben più ambizioso, e più efficiente, come il KiteGen Carousel.
Note:
[1] In effetti anche l’aquilone del carosello si sposta lungo la direzione dei cavi, per due motivi: per “coprire” in modo ottimale l’area utile di estrazione dell’energia (vedi anche la nota successiva), e anche per superare i due “punti morti”, cioè quando l’aquilone deve cambiare la direzione o le mura del traverso.
[2] La formula del kite-power-factor si applica anche alla pala di una torre eolica tradizionale che, al pari dell’aquilone del KiteGen, è assimilabile a un profilo alare. La formula di per sé non indica un limite superiore di potenza estraibile da un profilo, perché nella formula la potenza è funzione principalmente dell’efficienza del profilo. Occorre però tenere presente che i sistemi per l’estrazione dell’energia eolica intercettano il fluido su un fronte, o tubo di flusso, limitato; quindi è possibile estrarre al più la potenza contenuta nel tubo di flusso. Nella torre eolica il fronte vento o superficie utile è quella che viene spazzata dalla rotazione della pala, che ha una lunghezza di 30-60 metri per le torri più potenti, mentre nel KiteGen il “raggio” con cui opera l’aquilone è assimilabile alla lunghezza dei cavi, che possono arrivare a mille metri e più, quindi con una superficie utile di centinaia di volte superiore a quella di una torre tradizionale. Occorre anche aggiungere che la potenza estraibile è anche funzione della velocità del vento vero al cubo, e questa, alla quota in cui opera attualmente il KiteGen Stem, di 500-1000 metri, è circa doppia di quella presente alle quote in cui opera una torre eolica, pertanto quest’altro aspetto va a moltiplicare per circa otto volte la potenza estraibile.
[3] Il documento di Loyd prende in considerazione l’energia aerodinamica estraibile da un profilo, però il dispositivo di conversione proposto dallo stesso autore è radicalmente differente sia dal KiteGen Stem sia dal KiteGen Carousel. Loyd, come soluzione progettuale, propone di installare i generatori direttamente sull’aquilone o profilo alare, quindi sono generatori che vengono trasportati in volo: una soluzione poco efficiente, pericolosa, e difficilmente scalabile per potenze oltre qualche decina di kW.

Ulteriori dettagli ai link.

http://kitegen.com/tecnologia-2/kite-gen-carousel/

http://kitegen.com/tecnologia-2/stem/

NB. Nel rendering del Carousel per consentirne la raffigurazione d’insieme,  non sono rispettate le proporzioni di progetto tra bracci, cavi e vele

Finanziamenti pubblici alla ricerca KiteGen, una doverosa rettifica

A volte si è contenti di dover rettificare alcune affermazioni fatte in passato.

Più volte esponenti di KiteGen, in varie sedi e negli ultimi anni, hanno lamentato di aver collezionato le ammissioni al finanziamento in numerosi bandi italiani per progetti di ricerca collezionando potenzialmente fino a 78 milioni di euro, ma di non aver ancora ricevuto altro che poche briciole di questo gran totale.

Ebbene queste affermazioni non sembrano più corrette perchè recentemente la Regione Piemonte ha comunicato che con delibera di giunta n. 28-4663 (PAR FSC 2007-2013- DGR n. 37 – 4154 del 12 luglio 2012 si sono sbloccati i finanziamenti dei progetti di ricerca , di cui alla misura II.3 “Regime d’aiuto per la qualificazione e il rafforzamento del sistema produttivo piemontese” del Piano straordinario per l’occupazione, ammessi in graduatoria, ma allo stato non ancora finanziati, come da valutazione di merito (DGR n. 18-2173 del 13 giugno 2011).  L’importo di contributo massimo concedibile riconosciuto in favore del progetto di ricerca KITEGEN WINGS & POWER è pari ad € 1.008.166,01

Pertanto il gran totale dei finanziamenti mai erogati non sarebbe più 78 ma 77 milioni.   Le vicissitudini di questo finanziamento sono esemplari:

La richiesta totale per il progetto Kitegen Wings & Power, che si focalizza su aspetti relativi alla progettazione di ali e problematiche di interconnessione alla rete elettrica, era stata di euro 7.724.463 con un contributo regionale stimato di euro 5.243.482 ed un cofinanziamento (KGR) di euro 2.480.980.
Dalla prima assegnazione di circa 10.000.000 eravamo rimasti “fuori” come terzi ammessi ma non finanziati in quanto i soldi erano FINITI.
Alla seconda assegnazione di circa 10.900.000,  essendo ancora largamente insufficiente rispetto ai progetti ammessi, la somma disponibile è stata ripartita su 20 soggetti.  Anche avendo intercettato quasi il 10% della provvista siamo ancora solo al 20% di quanto richiesto.
Spero vivamente di dover procedere ad ulteriori rettifiche di questo tipo in futuro.

Valutazione della SEN

E’ scaduta il 30 Novembre 2012 la consultazione pubblica sulla Strategia Energetica nazionale o SEN.
Diamo atto al Governo, anche se ormai dimissionario, di aver tentato una rottura con il passato dando il giusto peso all’energia dopo anni di disinteresse e facili slogan da parte della politica (chi si ricorda del Rinascimento Nucleare?).  Dopo 24 anni il MISE era al lavoro per l’emissione di un nuovo Piano Energetico Nazionale accettando contributi anche da attori diversi da quelli che in genere vengono consultati in audizioni più o meno pubbliche dal Parlamento o nelle sale del ministero.  E’stato possibile infatti, inviare le proprie osservazioni compilando un questionario appositamente predisposto sul sito del MISE
Tuttavia è lecito esprimere dubbi sulla reale incisività di tali contributi sulla successiva stesura definitiva del SEN, semmai ve ne sarà una visti gli ultimi accadimenti politici.  Innanzitutto il documento posto in consultazione è ampio, complesso, composto da luci ed ombre.  Ambiguo sui alcuni punti e chiarissimo su altri.  Le ossevazioni sono, al contrario, accettate su 24 puntuali questioni che, pur affrontando i temi principali, non consentono al commentatore di esprimere un contributo critico coerente ma tendono a frammentarlo in un insieme di asserti molto specialistici incanalandolo su un sentiero predefinito dalle linee guida ministeriali.
Sebbene in un primo momento avessimo pensato di rispondere al questionario, in considerazione del fatto che le proposte di KiteGen in merito alle strategie energetiche nazionali sono per loro natura organiche e coerenti e già delineate da tempi non sospetti, di molto precedenti alla decisione di progettare una SEN, abbiamo preferito non farlo e plaudire all’iniziativa di ASPO Italia, che risposto ad alcune delle questioni poste dal SEN, in particolare segnalando quella che dal punto di vista KiteGen è la lacuna più evidente, ovvero la mancanza dell’eolico troposferico tra le tecnologie energetiche innovative considerate d’interesse strategico nazionale.
Alla frammentazione imposta dal questionario SEN vogliamo comunque contrapporre la nostra valutazione della strategia energetica del MISE e la nostra visione che risulta alternativa su numerose tematiche.
La SEN è architettata su 7 tematiche fondamentali, Efficienza energetica, Mercato nazionale del Gas e ruolo di HUB Sudeuropeo, Sviluppo energie rinnovabili, Sviluppo infrastruttura e mercato elettrico, Ristrutturazione di Raffinazione e Distribuzione carburanti, Produzione nazionale di idrocarburi, Modernizzazione del sistema di Governance.
Su tutte incombono gli audaci obbiettivi che si vorrebbero traguardare, che superano quanto richiesto all’Italia nell’ambito del pacchetto UE Clima Energia o 20-20-20 che richiede al Paese entro il 2020 una riduzione del consumo di energia primaria del 20% rispetto al trend calcolato in assenza di misure correttive, una riduzione del 18% delle emissioni di gas serra rispetto al dato 2005 (575 MTon CO2eq) ed una percentuale del 17% del consumo energetico coperto da fonti rinnovabili.  Il MISE fissa i seguenti obbiettivi:
1) Riduzione del 24% rispetto ai consumi energetici attesi al 2020 in assenza di mitigazione (209 MTep)
2) Quota rinnovabili su consumo totale 20% (dal 10% del 2010)
3) Riduzione gas serra del 19% (da 575 MTon CO2 eq del 2005 a 466)
Tutto ciò dovrà avvenire contemporaneamente ad una riduzione delle bollette energetiche a livelli europei (-20% per il gas e -40% per l’energia elettrica), alla trasformazione del paese in un HUB del gas in grado di veicolare verso il nord europa alcuni miliardi di metri cubi annui di gas naturale ed all’alleggerimento del costo delle importazioni di materie prime energetiche di 14 mld euro rispetto ai 62 attuali
Sostanzialmente tutto ciò implica che al 2020 i consumi energetici nazionali dovranno ridursi dai 165 MTep del 2010 a 155-160 MTep mentre i consumi lordi di energia elettrica dovranno crescere dai 346 TWh del 2010 ai 360 per favorire la decarbonizzazione dei settori civili e trasporti mediante la sostituzione di fonti fossili con climatizzazione a pompa di calore e trazione elettrica e che la produzione domestica di idrocarburi dovrà raddoppiare.  Inoltre le infrastrutture del gas (rigasificatori, gasdotti, stoccaggi) dovranno essere potenziate e l’assetto delle società di gestione corretto in modo da favorire la concorrenza.  Quest’ultimo impegno è considerato fondamentale poichè dal maggiore prezzo del gas sul mercato italiano discende anche il maggiore costo del kWh essendo la maggior parte della produzione termoelettrica generata da impianti che utilizzano tale combustibile.  Si fa anche troppo affidamento sull’eventualità che l’aumento di produzione di idrocarburi in Nordamerica, legato al fracking ed allo sfruttamento di risorse non convenzionali possa beneficiare presto anche l’europa. Gli squilibri, attualmente presenti sui mercati regionali del gas, stanno abbassando il prezzo spot del GNL perchè gli Usa, grazie al fracking, non importano più GNL che ora viene piazzato sottocosto in Asia ed Europa (a chi ha le infrastrutture di rigasificazione ovviamente, il cui sviluppo quindi occupa in SEN un posto d’onore).  Gli effetti di tali squilibri saranno duraturi o solamente temporanei?  I maggiori costi economici ed ambientali di estrazione del gas non convenzionale dovranno presto o tardi emergere.  La scommessa su gas abbondante a basso prezzo è quantomeno ingenua.  Le risorse non convenzionali sono ingenti ma saranno messe sul mercato a prezzi compatibili con i loro alti costi di estrazione e di accettabilità sociale.  Pertanto il progetto di sviluppo del gas naturale presente in SEN è certamente strategico ma va ridimensionato su due aspetti.  E’giusto diventare un paese di transito e diversificare le modalità di approvvigionamento troppo sbilanciate sul pipeline ma è necessario tenere conto della maggiore sicurezza energetica garantita dai contratti take or pay e dalle pipeline, in particolare quelle non passanti per paesi di transito con un passato di ricatti energetici.  Tale sicurezza si paga con una minore flessibilità.  La raccomandazione per il MISE è di mantenere questo tipo di fornitura per una percentuale di volume di gas compatibile con i consumi interni ed affidarsi allo spot per una percentuale simile ai volumi che si pianifica di esportare verso il nordeuropa tramite il gasdotto transitgas.  Pertanto le azioni da intraprendere potrebbero essere:
1) collegamento diretto con Balcani e Turchia per potersi allacciare al south stream e/o a flussi di gas provenienti dal Caspio e dal Golfo Persico.
2) Ridimensionamento della capacità di rigasificazione da aggiungere agli attuali impianti.  Può essere sufficiente un apporto aggiuntivo pari alla capacità del transitgas, quindi una coppia di rigasificatori.  Il posizionamento in alto Adriatico ed in alto Tirreno potrebbero consentire minori costi infrastrutturali poichè questo gas dovrebbe fluire verso nord.  In alternativa il posizionamento di una unità in Sardegna consentirebbe la metanizzazione dell’isola ma richiederebbe un allaccio al continente ed eventualmente una diramazione per la Corsica.
L’altro aspetto è legato al potenziamento dell’impiego di metano per autotrazione. Oltre i vantaggi ambientali, al risparmio di importazioni petrolifere, al conseguente ridimensionamento ed efficientamento della capacità di raffinazione ed agli effetti di diversificazione ed efficientamento sulla rete di distribuzione, questa soluzione consentirebbe di utilizzare volumi di gas non più impiegati nel settore elettrico e civile per far spazio all’aumento di produzione delle fonti rinnovabili ed all’efficienza e di compensare un possibile scenario di volatilità dei prezzi del gas legato ad intervenuti fattori di costo della risorsa non convenzionale cui si è accennato oppure l’interruzione di un canale di fornitura. La caratteristica bifuel dei mezzi a metano consente infatti di utilizzare sempre il combustibile più a buon mercato.
Sugli altri obbiettivi generali della SEN si può essere d’accordo (esclusi quelli legati alla produzione di idrocarburi nazionali sui quali ci allineiamo alle critiche di ASPO)  ma quanto si propone per la relativa attuazione non entusiasma.
Innanzitutto lo scenario tendenziale “non mitigato” al 2020 è una classica proiezione econometrica basata su un tasso di crescita dell’economia nei prossimi 8 anni sulla cui entità (1,4%) si stenta a credere stante la crisi attuale e la mancanza di prospettive economiche.  Per quanto il MISE si sia applicato proponendo l’implementazione delle migliori pratiche nell’ambito dell’efficienza energetica, prevedendo il potenziamento dei certificati bianchi, delle normative edilizie ed industriali e degli incentivi in conto termico, c’è il rischio che il previsto calo dei consumi energetici di 5-10 MTep avvenga comunque per un processo spontaneo legato alla crisi; del resto, rispetto al picco dei consumi energetici avvenuto tra il 2005 e il 2006 ad oggi esso si è ridotto di 15 MTep solo in piccola parte attribuibili a politiche governative come i certificati bianchi, le rottamazioni e le normative sugli standard energetici.
Ma il punto più interessante è senz’altro come realizzare l’obbiettivo 2.  Come anticipato questo significa aumentare di 16-17 MTep il contributo delle rinnovabili dagli attuali 18.  Di questi da 9 a 11 sono attesi dall’aumento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (+ 50-60 TWh al tasso di conversione convenzionale odierno pari a 0,183 MTep/TWh) altri 1,5 provengono dall’applicazione della quota del 10% di biocarburanti sul totale dei consumi per autotrazione e altri 5-6 MTep dalle rinnovabili termiche, principalmente caldaie a biomasse e solare termico.
A mio avviso l’arditezza degli obbiettivi contrasta con le ridotte disponibilità di incentivi annui previsti a regime (solo 2,5 mld per le fonti elettriche e 2 mld ripartiti quasi equamente tra le rinnovabili termiche e i biocarburanti)  L’esiguità degli incentivi è giustificata dalla previsione di rapido raggiungimento della grid parity per il fotovoltaico e dalla ipotesi che si possano ottenere in modo sostenibile biocarburanti e biomasse per un totale di 6-7 MTep.
Per l’ambito elettrico non si tiene dovuto conto delle problematiche di dispacciamento introdotte dalle fonti rinnovabili intermittenti, le uniche che negli ultimi anni hanno avuto tassi di crescita compatibili con l’obbiettivo proposto dalla SEN, problematiche che devono essere risolte con sostanziosi investimenti sulla rete e, in prospettiva con la smart-grid, una cosa vaga di cui molto si parla ma nessun paese ancora ha, di cui la SEN non azzarda a calcolare i costi complessivi nè a dire chi dovrà pagarli. Anche la grid parity del FV, non lo è sulla base del costo industriale del kWh ma su quello di distribuzione, il che significa,considerando che la composizione della bolletta è per metà oneri di rete e di varia natura,  che anche se non si erogano incentivi, in compenso non si pagano gli oneri che vengono spalmati sugli altri utenti, l’effetto è lo stesso.  Tutto ciò contrasta con uno degli obbiettivi più importanti posti dalla SEN, la riduzione dei costi dell’energia.
Per l’ambito biomasse/biocarburanti si può affermare che l’evenienza di produrre tali quantità di biocombustibili senza confliggere con le esigenze alimentari dei paesi produttori delle materie prime utilizzate nella produzione di biofuel (considerando che anche gli altri paesi europei hanno l’obbiettivo del 10%) è abbastanza remota, come anche si è osservato in sede di UE prevedendo la possibilità che l’obbiettivo del 10% venga sospeso.  Il tutto è legato alla possibilità di un’affermazione rapida dei biocombustibili di II e III generazione, prodotti dal processamento della lignina o da alghe, quindi non in conflitto con le esigenze alimentari.  E’lecito anche dubitare della piena attuabilità in modalità sostenibile dell’aumento di sfruttamento delle risorse forestali per l’attuazione dell’obbiettivo definito per gli usi termici.  Anche se questa esigenza non è in conflitto con le esigenze alimentari, l’eventualità di una cattiva gestione forestale, con riduzione del manto boschivo per ottenere maggiori quantità di biomasse ad uso termico è un rischio da scongiurare, tenendo anche conto del dissesto idrogeologico che caratterizza la nostra penisola. L’approccio sarebbe criticabile anche se si prevedesse di importare biomasse a basso costo da paesi in cui la gestione forestale è necessariamente ancor meno sostenibile.
Non ci soffermiamo sul punto 3) che discende dal successo degli obbiettivi 1 e 2.
Non invidio affatto i tecnici del MISE che si sono dovuti impegnare per scrivere qualcosa di sensato in una situazione che va verso il disastro economico ed ambientale.
Io da parte mia, prendendo a riferimento il piano industriale KiteGen ho fatto presto a calcolare che partendo da una prima farm da 150 MW esercita ad un costo del kWh pari al prezzo medio sul mercato elettrico, considerando un tasso di apprendimento annuo che consenta un miglioramento delle performance tale da raggiungere le 3400 ore equivalenti al 2020 (solo la metà del massimo teorico) e ipotizzando un tasso di crescita annuo delle installazioni del 100% (inferiore a quello registrato dal fotovoltaico anche se l’IRR di quest’ultimo, all’epoca dei conti energia più generosi, sarebbe stato paragonabile a quello di una kite farm) si otterrebbe al 2020 una produzione di 65 TWh, senza necessità di incentivi nè di costosi adeguamenti alla rete. E lo si farebbe con una tecnologia italiana, generando molti più posti di lavoro di quelli ipotizzati in sen per lo sviluppo dell’oil&gas domestico (che è un settore molto capital intensive) e senza i rischi di devastazioni ambientali tipiche di quest’ultimo.
L’energia così prodotta consentirebbe:
1) superare l’obbiettivo SEN dei +60 TWh di energia rinnovabile senza dover aumentare il peso degli incentivi in bolletta e senza necessità di investimenti a lento rientro in smart-grid.  Una rete di KiteGen farm, grazie al monitoraggio costante dei flussi di vento ad alta quota, che consente di prevedere e bilanciare accuratamente la produzione, ed alla soluzione di stoccaggio locale basata su supercondensatori è essa stessa una smart-grid.
2) ridurre le importazioni di energia elettrica  di 5 TWh
3) disporre, nell’ipotesi qui riportata di potenziamento delle infrastrutture, di circa 33 Gmc di gas da esportare o spostare al settore dell’autotrazione, rendendo anche più sostenibili i trasporti e riducendo la necessità di importare petrolio, di cui non si prevede una discesa dei prezzi.
4) traguardare l’obbiettivo 20-20-20 di riduzione delle emissioni di CO2.
Ma la grande prospettiva consiste nel favorire l’affermazione di un nuovo modello italiano di gestione delle risorse energetiche, capace di affermarsi in Europa e di competere nel mondo.  Un modello che si basa sul coprire la maggior parte dei consumi energetici con energia elettrica rinnovabile ove possibile e di spostare sul gas i consumi meno adatti alla penetrazione dell’elettricità, come i trasporti su gomma.  Un modello che si rafforza con la presenza di aziende italiane in tutti i settori impattati.  Abbiamo eccellenze italiane nella intera filiera del gas e nella progettazione e produzione di veicoli a metano; KiteGen si candida ad esserlo nei sistemi eolici d’alta quota per la produzione massiva di energia rinnovabile a basso costo.

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