Eroei e redistribuzione

By eugenio saraceno, 2012/07/01

Nel precedente articolo della serie Storia energetica della civiltà ho parlato di benessere medio perchè se in un mondo ideale tutti i fattori della produzione beneficiano pro quota di un miglioramento di efficienza, esiste ovviamente un problema politico di redistribuzione, in qualche modo anch’esso è legato all’eroei. Immaginiamo una civiltà che ha accesso ad una data fonte energetica e ad un insieme di tecnologie per sfruttarla.  Se l’eroei della fonte di cui si dispone, mediante le migliori tecnologie di estrazione è sufficientemente alto vuol dire che con piccole quantità di fattori di produzione ovvero lavoro e capitale si ottengono grandi risultati in termini di produzione. Tale vantaggio si suddivide tra capitale e lavoro secondo i rapporti di forza intercorrenti nel contesto storico in cui avviene la trasformazione economica indotta dall’adozione della nuova fonte energetica, ma è indubbio che avendo a disposizione una torta più grande da distribuire, anche la parte più debole può ottenere con minore sforzo un miglioramento delle condizioni economiche. Soffermiamoci su due esempi in diverse epoche storiche e con livelli di tecnologia molto diversi: la Roma repubblicana e la rivoluzione industriale.

Roma repubblicana è una civiltà dell’antichità la cui fonte di energia è l’agricoltura.  La fonte agricola è comune a tutti gli altri popoli antichi ma, per ragioni che legherei alle capacità organizzative ed alla posizione strategica nella penisola e nel mediterraneo la Civiltà Romana ottiene un vantaggio naturale che consente di prevalere su alcuni popoli vicini. Oltre a questo vantaggio naturale i romani si applicano a migliorare notevolmente l’eroei della loro fonte energetica conseguendo il vantaggio definitivo che consente di soggiogare gran parte dei vicini. L’antica Roma repubblicana è la prima società che applica lo schiavismo in maniera scientifica ed a livelli mai visti prima.   E’assodato che in precedenza nessuna civiltà aveva mai gestito tali masse di schiavi e deportazioni così consistenti di prigionieri su distanze paragonabili; persino nell’antico Egitto i Faraoni ricorrevano a lavoratori coatti, ma di stato libero e salariati, per la costruzione delle grandi opere.  Nel lavoro agricolo a fronte dell’energia ottenuta dai prodotti della terra si ha una spesa energetica in termini di sementi (per le coltivazioni di cui si consumano i semi) ma principalmente in termini di lavoro di uomini e animali.  Abbiamo chiarito che il lavoro incorpora l’energia che il lavoratore consuma in termini di prodotti e servizi.  Nel caso dello schiavo l’energia a disposizione del lavoratore viene minimizzata fornendo un vitto di pura sussistenza e i minimi beni di consumo strettamente necessari a sopravvivere e svolgere le mansioni.  La riduzione dell’input energetico fornito allo schiavo ha come effetto il miglioramento dell’eroei del prodotto agricolo. La Civiltà Latina ci ha lasciato numerosi testi in cui il processo produttivo agricolo è sufficientemente dettagliato da poter calcolare che nei latifondi di età imperiale la produzione energetica sotto forma di granaglie rendeva fino a 5 unità energetiche per ciascuna unità investita.  Per brevità riporterò i calcoli in un successivo articolo in cui stimeremo l’eroei delle fonti energetiche disponibili per diverse civiltà.   La Civiltà Romana dispone in buona sostanza di prodotti agricoli a  costo più basso delle civiltà sue contemporanee, cioè una fonte energetica ad eroei più alto.  Può raccogliere più tributi, dotarsi di migliori infrastrutture e mobilitare eserciti più grandi, migliorando il successo delle campagne militari ed ottenendo nuovi territori (ovvero giacimenti di energia agricola) e altri schiavi per sfruttarla con alte rese.  In tale contesto l’arcaica divisione della società romana tra patrizi e plebei viene sconvolta.  Il ceto patrizio, iniziale beneficiario dei miglioramenti nell’eroei agricolo, mediante la creazione di latifondi condotti con lavoro schiavile, deve fronteggiare le crescenti rivendicazioni, anche violente, della classe plebea che ottiene via via maggiori diritti e tutele giuridiche. La ricchezza proveniente dai tributi viene redistribuita su classi sociali sempre più ampie mediante l’intervento dello stato, che diviene sempre più pervasivo, con distribuzioni gratuite di derrate alimentari al popolino, miglioramento dell’igiene pubblica (terme gratuite ed acqua alle fontane accessibile a tutti), miglioramento della viabilità (strade e ponti senza pedaggio) ed infine svago gratuito per tutti con i giochi circensi e le gare di bighe.  Evidentemente alla classe dominante, che controllava anche le maggiori istituzioni (senato, consolato) costava meno rinunciare ad una parte dei privilegi e delle ricchezze, redistribuite mediante i servizi pagati con i tributi versati dai ceti abbienti allo stato, pur di conservare la pace sociale che sostanzialmente perpetua lo statu quo. Questi vantaggi erano ovviamente riservati ai cittadini romani a spese degli schiavi e delle popolazioni sottomesse, ma è pur vero che nel tempo la cittadinanza romana venne conferita ad un numero sempre maggiore di popoli fino al terzo secolo in cui con l’editto di Caracalla divenne universale. Con il peggioramento delle rese agricole, dovuto al troppo sfruttamento della terra indotto dallo schiavismo “scientifico” ed al depauperamento del manto boschivo su tutto il bacino del Mediterraneo, oltre alla raggiunta impossibilità “geografica” di espandersi su nuovi territori adatti all’agricoltura del tempo, la civiltà romana perse il vantaggio competitivo acquisito (ho trattato la tematica in questo articolo) ed i miglioramenti del tenore di vita ottenuti dalle classi sociali basse si ridussero anche in funzione dell’aumentato numero di popolazioni che ottenevano la cittadinanza, fino ad annullarsi nella servitù curtense che accomunò la grande maggioranza della popolazione dal IV secolo.  Da dati disponibili per l’età altomedioevale si presume che le rese del prodotto agricolo dovettero ridursi.  Dai libri contabili di alcuni conventi di area padana, dunque posizionati in regioni fertili ed adatte all’agricoltura, sembra che le annate fossero considerate buone quando si ottenevano 3 unità a fronte di una investita.  Queste analisi possono avvalorare considerazioni energetiche sul mutato contesto sociale del mondo medioevale rispetto a quello classico.   Il mondo classico, con il supporto di una fonte energetica sfruttata con alto eroei, aveva avviato un percorso di inclusione sociale in cui anche le classi indigenti potevano aspirare ad essere mantenute dall’annona e persino per gli schiavi era definito un percorso verso la libertà e l’inclusione.  Il mondo altomedioevale appare più statico.  Possiede le stesse tecnologie disponibili in epoca classica ma soffre di una mancanza di risorse che rendono incapaci i potentati medioevali di qualsiasi politica redistributiva.  Anzi gli stessi regnanti sono descritti spesso in difficoltà economica per l’incapacità di raccogliere sufficienti tributi e sono sempre in lotta con i loro stessi vassalli i quali non ambiscono altro che ottenere privilegi ed esenzioni.   Il modello economico piramidale di sfruttamento agricolo feudale, basato sulla servitù della gleba è efficiente dal punto di vista dello sfruttamento della base della piramide perchè ciascun servo deve un tributo al signore ed inoltre produrre per la propria sopravvivenza, ma lo è meno nel flusso e nella concentrazione delle risorse verso l’alto sia perchè le risorse sono talmente scarse che vengono assorbite già nei gradini inferiori, vuoi perchè alcuni vassalli potrebbero decidere di intercettare più del dovuto indebolendo i signori del livello superiore e favorendone la frammentazione.  Per quanto concerne le politiche di redistribuzione solamente l’ultimo gradino della piramide feudale è in grado di attuarle quando può (es.concessione di privilegi a città o monasteri), i gradini intermedi non ne hanno alcuna convenienza in quanto subiscono la pressione tributaria dei livelli superiori e possono fronteggiarla tanto più efficacemente quanto maggiormente riescono a concentrare potere e risorse.

Nel corso del medioevo si hanno alcuni avanzamenti tecnologici (quali il miglioramento dell’aratro e la trazione pettorale che permisero arature più profonde e meno costose, la rotazione triennale che ridusse la superficie a riposo dei terreni da 50% a 33%) che consentono di spezzare la struttura feudale: il miglioramento produttivo indotto investe il gradino più alto della piramide con maggiori risorse e permette ai monarchi di disfarsi dei vassalli sostituendoli con burocrati.  E’lo stato assolutistico nazionale che consente la formazione di potenti borghesie produttive e mercantili che da un lato erodono i vecchi privilegi di chiesa e nobili, dall’altro chiedono al monarca minore pressione normativa e fiscale.  Con la scoperta delle Americhe e l’avvio della colonizzazione alcuni stati nazionali si rinforzano talmente da avviare un processo che sfocia nell’ancor più radicale mutamento sociale indotto dalla rivoluzione industriale e dallo sfruttamento dei combustibili fossili ad alto EROEI.  In quasi tre secoli di storia il pianeta è stato letteralmente sconvolto, anche a livello sociale.  L’immensa disponibilità di energia da carbone era nota fin dall’antichità ma vi erano alcune problematiche che avevano impedito lo sviluppo di questa fonte energetica, in primo luogo il carbone superficiale, di facile estrazione non era disponibile ovunque, richiedendo un onerosissimo trasporto, estrarre a maggiore profondità non era possibile (in particolare prima dell’invenzione della pompa e delle lampade di sicurezza le gallerie erano sottoposte ad allagamenti ed esplosioni).  Per tutta l’antichità ed il medioevo la fonte di energia più economica e diffusa fu il legname.  La disponibilità in situ, nonostante il minor potere calorico del legno a parità di massa rispetto al carbone, eliminava la necessità di lunghi trasporti, che come ovvio, oltre certe distanze, annulla il vantaggio del carbone rispetto alla biomassa in termini di eroei.  Le condizioni favorevoli per la nascita della civiltà industriale si verificano in Inghilterra nel XVIII secolo.  La disponibilità di carbone superficiale a breve distanza dal mare o da fiumi navigabili è l’interruttore che ne consente lo sfruttamento, complice anche la diffusa deforestazione che affliggeva l’isola.  Oltre agli usi energetici il legname era infatti sovrautilizzato per la costruzione ed in particolare per le flotte, che dovevano competere, pena la fine dello stato nazionale inglese, con quelle imperiali spagnole e con le olandesi, per tacere delle francesi.  La macchina a vapore con l’applicazione ferroviaria e come pompa della stessa risolve definitivamente le problematiche che impedivano l’utilizzo diffuso del carbone come fonte di energia.   Il carbone poteva essere estratto sempre a maggiori profondità e trasportato al costo di una piccola frazione che veniva consumata per la trazione.  Inoltre consentiva migliori lavorazioni siderurgiche, disponibilità di forza motrice per sostituire in parte e poi sempre più diffusamente la forza lavoro dei campi e negli opifici.  Le macchine, nuove schiave a vapore, abbassano progressivamente il costo di produzione e trasporto di cibo ed altri beni innescando da un lato la riduzione della necessità di forza lavoro agricola e l’inurbamento di grandi masse di ex contadini che trovano impiego nelle nascenti industrie.  L’aumento della popolazione è un chiaro indicatore del miglioramento delle condizioni alimentari e sanitarie.  Le condizioni di lavoro operaio potevano essere dure quanto si vuole, ma l’aumento della popolazione nelle nascenti economie industriali indica che i salari erano sufficienti alla sussistenza delle famiglie ed anche all’accesso a rudimentali presidi sanitari e cure mediche che non erano disponibili a tutti in un contesto dominato da un’economia prevalentemente agricola basata sul lavoro delle braccia.

La presa di coscienza delle masse lavoratrici dello squilibrio tra prodotto creato per i padroni industriali e reddito destinato ai salari innescò una dialettica politica e sociale che con alterne vicende ha consentito il miglioramento delle condizioni economiche delle classi lavoratrici a fronte di lotte e rivendicazioni anche dure e dolorose.   Il miglioramento della tecnologia e lo sfruttamento di fonti energetiche con eroei sempre più alti (il carbone ha eroei tra 80 e 20 in base alla tipologia di miniera, il petrolio ebbe eroei anche intorno ai 100 barili estratti a fronte di una spesa energetica di 1 barile, attestati nei primi giacimenti superficiali nel mid-west USA negli anni ’30) consentì una tale riduzione dei costi di produzione dei beni di consumo che gli stessi industriali reputarono di poter allargare immensamente il bacino di mercato dei propri prodotti rendendoli accessibili ai redditi degli operai (si ricordi il pensiero di H.Ford riguardo al popolare modello Ford T che doveva essere accessibile alle tasche anche del lavoratore Ford meno retribuito).

La trasformazione sociale indotta da tali cambiamenti fu un crerscendo, i paesi sviluppati istituirono i sistemi di welfare come la sanità e le pensioni, tutte volte a redistribuire a tutti i cittadini parte del valore dei beni e servizi prodotti, raccolta tramite tassazione.

Il legame tra accesso a fonti energetiche ad alto eroei e modello sociale “generoso” di redistribuzione basato sul welfare è ancor più manifesto se osserviamo che lo stato ormai permanente di crisi economica, accompagnato da severi tagli del welfare avviene in concomitanza con la riduzione dell’eroei delle nostre fonti energetiche, testimoniato inequivocabilmente dagli stabili aumenti di prezzo dell’energia.  Prezzi guidati verso l’alto anche per indicizzazione a quello del petrolio che essendo la più utilizzata e versatile tra le fonti energetiche (consente trasporti a costo inferiore di tutte le altre fonti) è di riferimento per tutte le fonti di energia ed è anche quella che più rapidamente sta riducendo il suo eroei (oggi stimata tra 20 e 10).

Siamo una civiltà che affronta il declino dell’eroei della sua principale fonte energetica.  Il nostro lavoro vale sempre meno energia, quindi possiamo consumare sempre meno prodotti e servizi a parità di energia incorporata e dunque siamo progressivamente più poveri, l’economia e i consumi ne risentono, il gettito fiscale si riduce ed il welfare lo segue.  Chi possiede il debito si chiede se rientrerà, chi può specula su questo stato di cose.  La conclusione di questa analisi è che dal punto di vista del welfare e della redistribuzione la ricerca di fonti alternative al petrolio è vana se l’eroei di tali fonti non è sufficientemente alto.   Si parla in alcuni studi di eroei minimo di mantenimento della civiltà intorno al 10 ma non si è approfondito quale sarebbe il modello sociale prevalente in una società che si basa su fonti energetiche con tali caratteristiche.  Per quanto qui illustrato il fattore energetico indurrebbe profonde trasformazioni sociali la cui costante sarebbe la proporzionalità tra livello di inclusione e mobilità sociale misurabile con un indice del tipo Gini, e livello di eroei delle risorse energetiche disponibili.  Il modello economico Sogno Americano di benessere e diritti per tutti non è altro che un effetto del poter disporre di 100 barili di petrolio a fronte di uno investito mentre l’incubo del Ritorno al Medioevo altro non è che l’impossibilità di espansione ed inclusione economica per una civiltà che fronteggia un impoverimento delle proprie risorse.

Spesso il declino energetico e dunque economico che sta affliggendo il pianeta viene letto in chiave escatologica come fenomeno positivo che livellerà tutte le iniquità e saremo più poveri ma più felici; si smetterà di utilizzare le automobili ed andremo in bicicletta, mangeremo cibi biologici e non ci saranno più centrali a carbone ma avremo tutti il fotovoltaico sul tetto alla faccia delle major petrolifere e dei grandi distributori di energia elettrica.

La realtà delle cose è certamente più cruda alla luce dell’analisi su eroei e redistribuzione.  Non potrà esistere qualcosa come più poveri ma più felici, e nemmeno il livellamento delle iniquità.

Il sistema economico reagisce all’impoverimento energetico con l’accentramento delle risorse togliendo ai ceti più deboli non solo le risorse economiche ma anche le forze per ribellarsi.  I conflitti sociali volti ad una migliore redistribuzione sono una costante dei periodi di espansione o ripresa economica e sono quasi assenti nei periodi di crisi.  L’aumento del costo dell’energia non significherà l’abbandono della produzione energetica centralizzata a favore della distribuita, ma che essa sarà riservata prevalentemente ai più ricchi e dunque il sogno della distribuzione democratica dell’energia mediante generazione distribuita rimarrà tale poichè sempre più ristrette saranno le classi sociali che potranno permettersi di esercire tali tipi di impianti a mò di status symbol.  Per gli altri ci sarà il carbone o il buio ed il freddo.  Non si abbandoneranno le automobili per l’alto costo del petrolio, saranno riservate alle classi più benestanti ed alimentate con risorse energetiche sempre più costose e distruttive per l’ambiente.  I cibi biologici autoprodotti saranno una bella soddisfazione per chi avrà la disponibilità di terreno.  Per gli altri ammassati nelle città vi saranno cibi ogm o la fame a meno che non si pensi che pochi ettari di verde cittadino adibito ad orti possano sfamare milioni di abitanti.

Noi alla KiteGen stiamo lavorando per scongiurare questo scenario.  Se vinceremo la sfida di rendere disponibile una tecnologia in grado di fornire energia rinnovabile ad alto eroei ed a costo più basso del carbone avremo fornito all’umanità uno strumento per migliorare il proprio livello di benessere ed aspirare ad una migliore redistribuzione senza inquinare l’ambiente in modo insostenibile.  Certo sarà necessario un altissimo livello di consapevolezza ambientale ed ecologica per far si che le generazioni che avranno la disponibilità di un così immenso giacimento di energia nobile non lo sfruttino in modo distorto aumentando la pressione sugli ecosistemi e distruggendo il suolo con nuovo cemento ed asfalto ma, a parte il fatto che questa distruzione sta avvenendo comunque per tentare di mantenere in vita l’attuale insostenibile modello economico, ciò che ci fa sperare positivamente è l’alto eroei con cui è possibile sfruttare la fonte eolica troposferica.   Se il modello eroei/redistribuzione è corretto possiamo ipotizzare una forma di civiltà superiore, altamente consapevole delle dinamiche ecologiche del pianeta, ed in grado di rispettarle poichè può provvedere ai bisogni umani con un impatto ambientale minimo ma approfondiremo questi ragionamenti in un successivo articolo.

(fine parte 2 – continua)

6 Responses to “Eroei e redistribuzione”

  1. Mario M says:

    Occorre fare attenzione alla irresistibile tentazione di interpretare o di dare giudizi sulla storia o su altri contesti attingendo dalla propria disciplina.

    Mi viene in mente un esempio recente, con l’azione politica-economica dei Radicali Italiani, che, forti della loro azione vittoriosa riguardo alle libertà civili (aborto, divorzio, diritto di famiglia ecc) hanno poi pensato che il concetto di libertà potesse essere trasferito sic et simpliciter al settore economico, attraverso il liberismo. Tutt’ora i radicali soffrono di quest’abbaglio.

    Alcuni ingenui cultori delle arti ritengono che la musica, la pittura, la letteratura possano contribuire a incivilire i popoli e a renderli meno bellicosi. Peccato però che i gerarchi nazisti ascoltavano buona musica e penso fossero anche uomini di buona cultura.

    Anche Sigmund Freud ha cercato di interpretare il mondo sotto una propria particolare ottica (quella sessuale), seguito poi da Wilhelm Reich che addirittura ipotizzava un fluido energetico presente nell’atmosfera, l’orgone.

    Ancora prima, Karl Marx interpreterà la storia in termini di rapporti di classe, danneggiando altre sue pregevoli analisi sul capitalismo, sulla finanza, sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, sul valore lavoro, sul plus valore.

    Ora il tentativo di interpretare la storia romana e quella generale, attraverso delle analisi energetiche, anche sulla scorta del nuovo parametro EROEI mi sembra profondamente ingenuo, sbagliato, oltreché dannoso nei confronti della disciplina stessa da cui l’EROEI trae origine.

    Nello specifico storico, la Roma repubblicana prende coscienza della propria forza e potenza in seguito alla disfatta che subisce a Canne (preceduta da sconfitte più contenute sul Ticino, sul Trebbia e sul Trasimeno). Roma dopo quella sconfitta era sull’orlo dell’annientamento: Annibale ad portas. E invece, grazie al suo ordinamento politico-sociale, in pochi anni risorge. Ben altra reazione ebbe Cartagine dopo la sconfitta di Zama, perché trattò subito la resa. Passata la paura di Annibale, Roma si volge, quasi per difesa, alla conquista del mediterraneo.

    Ugo Bardi fornisce interpretazioni molto personalistiche,di comodo, delle altre principali sconfitte romane: a Carrhae e a Teotoburgo; quest’ultima, tra l’altro, avvenuta nei primi anni dell’impero, che proseguirà per più di 400 anni – altro che picco. E se una sconfitta può essere significativa della decadenza romana, occorre andare più ad Oriente, e molto più in là nel tempo, ad Adrianopoli, nel 378; sebbene anche dopo i romani (con altri barbari) sconfiggono gli Unni ai Campi Catalaunici.

  2. eugenio saraceno says:

    Mario,
    Come ho scritto nell’articolo gli esempi storici sono a supporto di una teoria su eroei e civilizzazione. Ti ringrazio per il caveat, il voler vedere tutto con i propri occhiali preferiti è una tentazione fin troppo facile da seguire, però devo obbiettare che non sono completamente digiuno in materia e faccio queste analisi poichè dissento totalmente dalle interpretazioni storiografiche di cui sono infarciti i testi, per cui la tal battaglia o il tal condottiero abbiano determinato i destini degli imperi. Se tutto dipendesse dalla sola componente psicologica “la paura di Annibale” o “il disastro di Adrianopoli” la storia sarebbe un mero elenco di esempi di popoli virtuosi che poi perdono le virtù e si “corrompono”. Pensi realmente che se la faccenda dei Goti scampati alle devastazioni unne e rifugiati in territorio romano fosse stata gestita un pò meglio evitando il disastro di Adrianopoli il declino dell’impero sarebbe stato diverso?
    Riportando la questione all’età moderna sarebbe come dire che è grazie alla paura per Pearl Harbour che gli USA hanno conquistato l’egemonia sul mondo e che sarà colpa di Bin Laden se dovessero perderla; affermazioni senz’altro superficiali per chi dovesse considerare la questione dal punto di vista dello sviluppo economico e tecnologico degli USA.
    Per me contano più le influenze ambientali (risorse) ed il processo economico (trasformazione), che spiegano molto meglio perchè alcune civiltà prevalsero su altre e perchè seguirono parabole di ascensione e declino.

  3. cristiano pontecorvo says:

    Cari Eugenio Saraceno e Mario M,
    ho letto con interesse gli articoli in cui si propone una sintetica lettura della storia alla luce del concetto di EROEI e i commenti all’articolo del 1 luglio, e devo dire che sono parzialmente d’accordo con entrambi.
    Credo che i fenomeni storici possano e debbano essere letti e analizzati da differenti punti di vista, e che diversi approcci possano essere pertinenti a diverse scale di lettura della storia. Così, senza cadere nella tentazione di spiegare tutti i fenomeni storici sulla base della propria disciplina, ritengo che lo studio della disponibilità di risorse energetiche e del loro EROEI possa essere assai importante nel contribuire a spiegare l’evoluzione delle civiltà e i loro modelli sociali e produttivi. Tuttavia, non ritengo che gli eventi storici siano determinati solo dalle condizioni economiche e dalle risorse energetiche disponibili, ma credo che anche gli eventi politici e militari, l’abilità di un capo di stato, di un condottiero, fenomeni puramente sociali e culturali possano cambiare, anche sensibilmente, la storia. Si tratta, credo, di letture a diversi livelli di scala. Se la battaglia di Adrianopoli fosse andata diversamente forse anche il destino dell’impero romano d’occidente sarebbe stato diverso: forse la fine sarebbe arrivata dopo alcuni secoli, forse sarebbe durato ancora a lungo. Del resto l’impero romano d’oriente è sopravvissuto per un’altro millennio, e per capire il perché non mi sembra sia opportuno tirare in ballo l’EROEI. Il motivo dell’attuale declino degli USA può certo essere ricercato in fondamentali cambiamenti nel baricentro economico del pianeta, e senz’altro è importante analizzare anche le problematiche energetiche ad esso connesse. Tuttavia, anche ammettendo che tale declino fosse inevitabile, almeno nel senso che non poteva continuare a esservi a lungo una sola superpotenza sul pianeta, ritengo che la velocità e il tipo di declino dipendano molto anche dalle scelte politiche effettuate dagli USA, e che queste non fossero (e non siano) inevitabili. In particolare non era inevitabile reagire all’11 settembre andandosi a impantanare in due guerre infinite e dispendiosissime, ma si è trattato di una scelta politica scellerata perseguita con criminale determinazione da un capo di stato perlomeno mediocre. Così come adesso potrebbero esservi alternative al reagire alla crisi economica indebitandosi sempre di più. Riferendomi all’articolo di Eugenio S., diminuite disponibilità energetiche potrebbero senz’altro portare al collasso della nostra civiltà, tuttavia anche questo, e soprattutto le modalità in cui si verificherà, ritengo non sia (o forse ormai sarebbe meglio scrivere non sarebbe stato) inevitabile, ma dipende dalle scelte compiute negli ultimi decenni (e forse ancora di più dalle scelte non compiute). Il collasso di una civiltà, anche se causato dall’esaurimento delle risorse energetiche e alimentari disponibili, dipende largamente dalle sue scelte. Per evitarlo la civiltà dovrebbe evitare di fossilizzarsi replicando modelli che hanno avuto successo nel periodo della sua ascesa, e riuscire ad adattarsi alle mutate condizioni ambientali, elaborando e adottando nuovi modelli sociali e produttivi.

    P.S. Per Mario M. I Radicali sono nati dal Partito Liberale negli anni ’50, e sono pertanto liberali anche in economia da sempre, non credo sia corretto sostenere che questa sia una conseguenza delle loro vittorie nel campo delle “libertà civili”.

  4. Marco says:

    Tutte considerazioni interessanti e sulle quali è gradevole accapigliarsi amichevolmente per mesi e mesi.

    Ma tutto ciò ha veramente poco a che vedere con lo sviluppo tecnico del kitegen che è il motivo che ci fa seguire questo blog.

    Attenzione che quando ci si butta sulla filosofia molto spesso si perde di credibilità sulla tecnica……

  5. Mario M says:

    Marco, sono d’accordo con te. Tieni comunque presente che la maggior parte degli interventi sono tecnici. Uno di tipo divulgativo l’ho scritto anche io. Magari tu preferiresti andare ancora di più nello specifico, come anche io del resto. Non so in che misura ciò sia possibile, ma si può tentare. Ciao, Mario

  6. eugenio saraceno says:

    Marco, il rischio di trascurare l’aspetto tecnico c’è, ma c’è un altro rischio ancora maggiore per il Kitegen che è quello di non sottolineare sufficientemente l’importanza dell’eroei della fonte energetica che è il vero vantaggio per noi. Se non è chiaro questo aspetto non si può cogliere l’importanza del dover concentrare gli sforzi sulla fonte eolica troposferica ed in particolare sulle soluzioni individuate da KiteGen piuttosto che su altre fonti rinnovabili molto abbondanti ma a basso eroei e per giunta intermittenti. Perchè rischiare soluzioni tecnologiche impegnative ed ancora immature quando possiamo mettere le pale eoliche tradizionali o il fotovoltaico? E’questo il dilemma da dissolvere e non lo si può fare se non è chiaro il concetto di eroei, delle sue implicazioni non solo energetiche.

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