Eroei della fonte agricola nell’antichità

By eugenio saraceno, 2012/07/26

In un precedente articolo ho fornito una lettura su eroei e redistribuzione rimandando ripetutamente ad un successivo articolo (cioè questo) i dovuti dettagli a supporto di quanto affermato.

I dati disponibili dagli studi dei paleontologi e da fonti classiche e medioevali ci dicono che nell’antichità il legame tra energia investita nelle attività produttive ed energia ottenuta sotto forma di cibo era molto ben visibile, oggi è mascherato dalle sovrastrutture economiche dei mercati energetici e dei processi produttivi ma questo non significa che possiamo trascurare le considerazioni sull’EROEI quando analizziamo l’impatto del costo dell’energia sull’economia.
Nella preistoria l’umanità visse di caccia e raccolta. Dalle ricerche sugli ultimi popoli che ancora si basano su un’economia di caccia e raccolta, come i boscimani o alcune popolazioni della Nuova Guinea si è stimato che un cacciatore esperto ottiene mediamente 10 cal di cibo per ogni cal di energia che consuma durante la caccia. Ma sembra improbabile che la fonte energetica utilizzata nella preistoria possa arrivare ad un eroei di 10. Se consideriamo alcune fonti energetiche oggi disponibili, come il solare fotovoltaico, saremmo su livelli inferiori. Più avanti calcoleremo che le grandi civiltà antiche sfruttavano fonti energetiche con eroei ancora più bassi. Alla luce delle considerazioni su eroei e redistribuzione, riportate nel precedente articolo e considerando che l’uomo preistorico visse in società a complessità sociale inferiore a quello tipico delle grandi civiltà antiche è necessario approfondire il ragionamento.. Anzitutto sarebbe da considerare la tipologia di fonte energetica utilizzata, i prodotti della caccia e raccolta sono tipicamente deperibili in brevissimo tempo in special modo nei climi tropicali; il prodotto della caccia viene abitualmente consumato immediatemente e condiviso dai gruppi familiari estesi di cacciatori/raccoglitori. E’stato osservato che i gruppi di pigmei nell’africa centrale, quando, a volte, hanno a disposizione un elefante come preda, ne consumano sul posto quanto più possibile finchè non sono sazi o la carne non deperisce, abbandonando i resti che non riescono a consumare né tantomeno a trasportare. Questo vincolo limita fortemente l’efficienza dei cacciatori/raccoglitori nel procurarsi la loro fonte di energia. Inoltre bisogna considerare che non tutti i membri del gruppo sono in grado di cacciare (es. bambini piccoli) e che non tutti i cacciatori sono così abili,ad esempio i giovani alle prime armi devono accumulare esperienza. Quindi il dato eroei=10 non è corretto nell’ambito delle tecnologie disponibili nella preistoria per la conservazione del cibo e per la peculiare struttura sociale. Se un clan nomade fosse riuscito a procurare effettivamente 10 calorie per ciascuna investita (si intende il metabolismo basale di un maschio adulto 2-3000 kcal) è probabile che la battuta di caccia venisse interrotta per consumare prima possibile il cibo quando lo si reputa essere sufficiente per tutto il gruppo. Sarebbe assurdo continuare la battuta in quanto non sarebbe possibile consumare (e trasportare!) rapidamente tutto. Dunque finchè non si è trovata una tecnica di conservazione del cibo ed una maniera di trasportarlo agevolmente l’eroei della fonte energetica disponibile alle società dedite a caccia e raccolta è stato presumibilmente pari a 1:1 o poco più per quelle società preistoriche più dedite ad attività artistiche e spirituali, le quali denotano la capacità di procurare cibo in maniera sufficientemente efficiente per avere il tempo libero da dedicare all’espressione artistica.
Il passaggio dall’economia di caccia e raccolta a quella agricola non fu immediato, vi furono popoli che praticarono entrambe le attività o che si dedicarono all’agricoltura solo nella buona stagione, praticando la caccia nomadica per il resto dell’anno e molte altre combinazioni di queste attività, ma senza approfondire tutte le casistiche vorrei mettere in evidenza che con lo sviluppo dell’agricoltura si hanno cambiamenti radicali, innanzitutto il problema trasporto passa in secondo piano. Divenendo stanziali le popolazioni coltivano i territori adiacenti all’insediamento, riducendo notevolmente le distanze di trasporto. Inoltre si privilegiano raccolti facilmente conservabili, eventualmente applicando semplici tecniche come la fermentazione. Non a caso i più importanti prodotti agricoli dell’antichità furono cereali e leguminose, conservabili con semplice essiccazione per oltre 1 anno. Tra gli ortaggi si prediligevano i bulbi di liliacea, dotati di potenti antibatterici naturali che ne favoriscono la conservazione anche se non a lungo come i cereali e con opportuni accorgimenti. Il vitto degli operai che costruirono le piramidi fu pane e aglio o cipolle, due bulbi abbastanza facili da conservare.
Col progredire delle tecniche di conservazione acquisirono importanza altri prodotti come le bevande fermentate, l’olio e i latticini (formaggi in occidente e yogurt in oriente). L’allevamento in generale consentì di avere prodotti animali senza dover inseguire le prede.
Possiamo considerare che nell’età classica si fosse raggiunto il culmine della tecnica agricola antica, per tale epoca abbiamo anche disponibilità di trattati e manuali che forniscono preziosi dati che ci consentono di effettuare alcuni calcoli indicativi dell’eroei disponibile per quelle civiltà.
Lucio Giunio Columella, proprietario terriero all’epoca di Nerone stilò un interessante trattato “De re rustica et de arboribus”. I cereali sono il carburante dell’epoca, minestre di cereali e pane sono i cibi base destinati alle masse di lavoratori o combattenti. Conviene quindi focalizzarsi su questi dati riportati da Columella:

Quantità di sementi necessarie alla coltura: 4-5 modii di grano per jugero
1 modium (o moggio)=6,6 kg
1 jugero=0,25 ha
una coppia di buoi è sufficiente per arare 30 jugeri
uno iugero produce 15-20 modii con l’impiego di 10-11 giornate di lavoro e una coppia di buoi.

Tenuto conto che nelle grandi metropoli imperiali l’annona, essenzialmente per esigenze di ordine pubblico, forniva un reddito di sussistenza pari a 40 modii di grano procapite annui ad ogni capofamiglia che fosse cittadino romano in base al numero di membri della famiglia se ne può dedurre che una tale quantità venisse considerata più che sufficiente per nutrire uno schiavo. Considerando che non tutti i lavoratori agricoli erano di condizione schiavile è lecito ipotizzare anche quantità superiori (intorno ai 50 modii, quantità che effettivamente trasformata in farina consentirebbe di fornire una pagnotta al giorno e le dovute calorie per portare avanti un lavoro pesante).
Possiamo trascurare l’apporto energetico assorbito dai buoi aratori, questi animali non venivano certo nutriti con granaglie ma con biomasse ricavate dal maggese, cioè dai campi posti in riposo biennalmente o triennalmente. L’apporto energetico degli animali da tiro nella società antica non si riflette dunque sull’eroei della fonte energetica agricola ma sulla produzione totale della stessa, dovendo limitare al 50% o al 66% del totale la superfice coltivabile ogni anno. Si vede bene che il combinato disposto tra meccanizzazione dell’agricoltura ed uso intensivo dei fertilizzanti abbia reso non necessaria la pratica della rotazione moltiplicando per due la superficie arabile e sostenendo la produttività del suolo. Considerando gli altri miglioramenti nelle tecniche colturali, la messa a coltura di territori un tempo vergini, la possibilità di raggiungere falde acquifere profonde per irrigare territori altrimenti troppo aridi,  la meccanizzazione dei trasporti e le migliorie nella conservazione del cibo è spiegabile la differenza di popolazione di un fattore 15 tra l’età antica e la presente.

Tornando all’agricoltura antica pertanto consideriamo un caso ottimo in cui:
semino 4 modii e raccolgo 25, investendo 1 moggio per nutrire la necessaria manodopera schiavile per 10 giornate lavorative
in tal caso a fronte di un investimento 5 si ottiene 25 ovvero eroei=5
Caso peggiore:
semino 5 e raccolgo 20 ,investendo 1,5 modii per remunerare braccianti di stato libero per 11 giornate
in tal caso a fronte di un investimento 6,5 si ottiene 20 ovvero eroei=3.
Possiamo in base a tali dati considerare 4 una buona approssimazione dell’eroei disponibile per la fonte agricola nell’età classica.
Passando ad analizzare l’età alto medioevale, fonti interessanti dal nostro punto di vista sono i polittici e gli inventari dei monasteri, vere e proprie aziende agricole ed artigianali i cui metodi di produzione erano certamente allo stato dell’arte poichè diretti da monaci aventi accesso al meglio del sapere del’l'epoca, da essi custodito nelle biblioteche.
L’inventario del monastero di S.Tommaso Apostolo, in Emilia, riporta che a fronte della coltivazione di 5 moggi di cereali se ne ottenevano da 14 a 19. Le modalità operative di coltivazione non erano inferiori a quelle applicate in età romana, quindi valgono le considerazioni sia sulle giornate di lavoro necessarie, sia sull’utilizzo degli animali di lavoro. Ciò che cambia è il ricorso a manodopera non schiavile, ma di coloni, che erano comunque servi della gleba. Non sono sicuro che il reddito di questi coltivatori fosse maggiore del sostentamento dovuto agli schiavi in epoca classica. La diversa organizzazione economica, basata sulla curtes, di proprietà di un feudatario o di un monastero, prevedeva che le terre del feudo fossero suddvise tra i coloni e che ciascuno di essi dovesse un canone fisso, il che espone il solo coltivatore ai rischi di mancata produzione mentre assicura ai proprietari una rendita fissa (e pure arbitraria). Se si proietta nel tempo un simile sistema l’unica soluzione è che i contadini vengano tenuti al mero livello di sussistenza come fossero schiavi pur senza esserlo. Se il feudatario fissa il canone (se è libero di farlo lo fa certamente) in base ad un annata di buon raccolto, negli anni di carestia il colono non riesce a pagare il dovuto e contrae debiti con il feudatario stesso che pagherà con prestazioni lavorative gratuite, le corvéé. Il feudatario rinuncerebbe a qualcosa solamente se vedesse i coloni stremati rischiare la morte per fame, cosa che sarebbe un danno anche per il feudo e per lui stesso. Il fatto che si dovesse vincolare per legge il colono alla terra la dice lunga sulle scarse possibilità di rimpiazzare la forza lavoro. Dunque l’equilibrio è il reddito di pura sussistenza, esattamente come per gli schiavi.
Notiamo come i dati del monastero, sopra riportati siano peggiori di quelli riportati da Columella e attestino eroei compresi tra il 2,1 e il 3,1. Eppure l’area di Reggio Emilia cui si riferiscono è, dal punto di vista agricolo, sicuramente ottimale e, nel medioevo, una delle zone più ricche d’Europa.   Se ci facciamo ancora guidare dalla relazione tra eroei e redistribuzione ipotizzata nel precedente post, spiegheremmo benissimo la caduta di complessità della società altomedioevale rispetto alla civiltà antica classica. Ho argomentato altrove che la gigantesca crisi del mondo antico classico tra il III e V secolo, risoltasi nella caduta dell’Impero Romano fosse dovuta ad una crisi agricola e dunque energetica con calo delle rese causato dal depauperamento del manto boschivo (e relativo dilavamento del suolo), lo sfruttamento intensivo e l’indisponibilità di concimi (ancor oggi in alcune società arretrate in aree deforestate i rifiuti animali non vengono utilizzati come fertilizzanti ma essiccati e bruciati come combustibili). La popolazione calò, la complessità sociale si ridusse, gli stati divennero più piccoli e più poveri rinunciando ad ogni forma di redistribuzione, il potere centrale doveva venire a patti con i feudatari per ricevere i tributi. Le basse rese agricole avevano imposto un modello economico chiuso e asfittico dominato dalle figure legate alle gerarchie feudali: vassalli, valvassori, valvassini. Una piramide il cui unico scopo era raccogliere le poche risorse disponibili nel modo più capillare ed economico possibile e convogliarle verso l’alto, al costo di dover negoziare ad ogni gradino.
Nel basso medioevo la situazione migliorò, come testimoniato dall’aumento di popolazione. Gli avanzamenti tecnologici permisero innovazioni come la rotazione triennale o quadriennale, l’aratro a versoio, la trazione pettorale anzichè iugulare, che aumentarono l’eroei agricolo. Dal punto di vista sociale si vede il rafforzarsi delle monarchie nazionali ai danni della nobiltà e l’ascesa delle borghesie, ma certamente il salto maggiore nella disponibilità energetica si ha con lo sfruttamento delle fonti fossili delle quali parleremo più diffusamente in un successivo articolo.

(fine parte 3 – continua)

3 Responses to “Eroei della fonte agricola nell’antichità”

  1. Daniele Brambilla says:

    Ciao,

    Vorrei suggerire di aggiungere al ragionamento molto serio che porti avanti sulla relazione tra EROI e sviluppo della civiltà un fattore molto importante: il controllo delle nascite.

    Mi pare di tutta evidenza che, senza introdurre in qualche modo un limite alla crescita della popolazione, qualsiasi sforzo per mantenere l’ EROI mondiale a livelli elevati ( e conseguentemente un alto livello di civilizzazione) sia destinato a fallire.
    Sarebbe interessante analizzare quanto lo sviluppo della civiltà occidentale negli ultimi sessanta anni sia determinato dalle scoperte scientifiche nel campo degli anticoncezionali, oltre che a quelli in campo energetico. Non so se esistano studi a riguardo.
    A me non sembra un caso che tutte le nazioni che si sono maggiormente sviluppate ( inclusa la cina) abbiano messo in atto una qualche forma di controllo delle nascite.

    Che ne pensi ?

  2. eugenio saraceno says:

    @Daniele
    Su questo bisognerebbe fare un post a parte per l’estensione delle argomentazioni da portare. In sostanza c’è da analizzare perchè in alcuni paesi l’indice di natalità è sceso ben sotto il 2,1 che è il limite minimo che consente la crescita della popolazione. Apparentemente si tratta di paesi sviluppati ed ad alto reddito mentre in quelli sottosviluppati e poveri la popolazione cresce. Ma a ben vedere quella con il reddito è una correlazione non corretta visto che esistono paesi a basso reddito come le repubbliche ex sovietiche in cui il tasso di natalità è bassissimo, e paesi ricchi come alcuni paesi petroliferi arabi dove invece la popolazione è in netta crescita.
    L’aumento della popolazione è sicuramente favorito dal miglioramento dell’eroei in termini di disponibilità di cibo ed accesso a presidi sanitari. Fattori di mitigazione sono l’aumento dei tassi di istruzione in particolare femminile e l’istituzione di sistemi di welfare che non rendano più necessario avere una prole numerosa per sostentare i genitori in vecchiaia o in caso i malattia. Anche questi fattori sono dovuti al miglioramenti dell’eroei disponibile. Credo che i feedback positivi come cibo e sanità (in particolare la riduzione della mortalità infantile costa poco ed è rapidissima) prevalgono all’inizio mentre quelli negativi iniziano ad operare dopo alcuni anni, visto che sia l’istruzione, sia l’acquisizione di diritti come quelli legati al welfare sono processi lenti.

  3. Marcus Prometheus says:

    Gia’ il compianto professor Luigi De Marchi decenni fa seganalva che tutti i paesi che sono sfuggiti al sottosviluppo nel dopoguerra sono quelli che hanno adottato INSIEME principi liberali in economia e diritto ed il CONTROLLO DELLE NASCITE, prime tutte le tigri asiatiche, mentre le Filippine che nel 1950 avevano il reddito maggiore d’Asia, sono rimaste sempre piu’ indietro.

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