KiteGen incontra il Presidente della Regione Sardegna Cappellacci sulla vicenda ALCOA

By eugenio saraceno, 2012/09/18

Si è svolto ieri sera l’incontro tra la Regione Autonoma Della Sardegna e la rappresentanza di KiteGen Resarch guidata dal CEO Massimo Ippolito. La Regione Sardegna si è dichiarata interessata ad intraprendere il percorso proposto da Kitegen, che prevede il finanziamento con fondi per l’innovazione di una fase di sperimentazione della nuova tecnologia eolica d’alta quota sotto l’egida di un panel di esperti proposti dai soggetti interessati, tra i quali potrebbero esservi la Regione stessa, esponenti del mondo accademico, rappresentanti dei lavoratori, degli investitori interessati a rilevare gli stabilimenti di Portovesme, di utility o distributori di energia elettrica oppure di Alcoa stessa qualora decidesse di non vendere più. A fronte del buon esito della sperimentazione sarà avviata la costruzione di farm eoliche troposferiche per un totale di 600 MW, ovvero 200 unità kitegen stem da 3 MW, destinate ad alimentare il complesso di Portovesme fornendo energia elettrica ad un costo inferiore a 25 euro/MWh ritenuto competitivo da Alcoa.
La Regione Autonoma della Sardegna presenterà il progetto al tavolo del MInistero Sviluppo Economico dedicato alla vicenda Alcoa che si terrà a Roma domani 19 Settembre

Aggiornamento del 20 Settembre

10:31 - Per Alcoa ci sono state “di recente altre due nuove manifestazioni di interesse che giudichiamo di una certa importanza: sono da prendere in considerazione, ma è molto prematuro parlarne”. Queste le parole del sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti. Intanto Glencore si è presa del tempo per decidere, e nel frattempo, ha ribadito De Vincenti, “sappiamo che Klesch ha già presentato ad Alcoa la richiesta di riaprire il negoziato”.

Governatore Sardegna: “Interesse da società cinese e di Torino”
I due nuovi gruppi interessati all’acquisto sono un’azienda torinese e una “grossa società cinese che avrebbe già richiesto di avere accesso alla data room”. Lo ha confermato il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, che invita però tutti alla prudenza. “Siamo ancora a una fase preliminare e di riservatezza e quindi non si conosce il nome dell’azienda”, ha spiega il governatore. Quanto alla società torinese, offre una nuova tecnologia per l’energia, “una cosa molto nuova che credo vada ancora testata – ha osservato Cappellacci – e non sia disponibile nell’immediato”.

da : http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/articoli/1060950/alcoa-spuntano-altre-2-manifestazioni-interessegovernatore-sardegna-sono-cinesi-e-italiani.shtml

39 Responses to “KiteGen incontra il Presidente della Regione Sardegna Cappellacci sulla vicenda ALCOA”

  1. Alessandro says:

    Sulla stampa si parla di 2 milioni di km2 necessari per installare i 200 stem. Dovreste smentire in modo da far tacere i detrattori. Ad esempio su questo link
    http://notizie.tiscali.it/regioni/sardegna/articoli/12/09/18/situazione-alcoa.html?sardegna
    oppure
    http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/sardegna/2012/09/17/Alcoa-Kitegen-pronti-produrre-energia-gli-impianti_7490158.html
    oppure
    http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/288399

  2. Giuliano Lepri says:

    un altro passo: evvai! :-)

  3. Remo Zanchetta says:

    Che dire: siete fantastici.
    Un’opportunità incredibile per kite-gen, ma soprattutto per l’Italia, che riuscirà a riscattarsi da sola, con i cervelli nostrani, che certo non le mancano.
    Tanti tanti auguri.

  4. Giancarlo Abbate says:

    @Alessandro. Sul primo sito non è riportata la superficie da impegnare. Sul secondo è scritto 2 milioni di km2 ma evidentemente si tratta di un refuso che occorre far correggere al più presto. Sul terzo è riportato correttamente 2 milioni di m2. Saluti.
    Spero che sia data a KiteGen la possibilità di dimostrare sul campo quanto affermano di poter fare. Auguri.

  5. Federico Wrubl says:

    Speriamo davvero che il progetto abbia buon esito e apra le porte a questa nuova forma di energia rinnovabile!

  6. Luca says:

    Ancora nessuna rettifica sulla superficie?

  7. eugenio saraceno says:

    La richiesta di rettifica è stata inviata ieri, comunque ho verificato che uno dei due refusi, quello per cui il kitegen viene definito “rotore” origina da un comunicato stampa della regione sardegna, precedente all’incontro.

  8. rbarba says:

    Buon vento!

  9. Daniele Brambilla says:

    Molto ben fatto. Speriamo che sia la volta buona!

  10. Fabio says:

    Purtroppo, nonostante 2.000.000 di m² sia corretto, scriverlo al posto di 2km² ha un effetto psicologico negativo sul lettore enorme.

  11. rbarba says:

    Scusate l’O.T.
    che ne pensate del Kitegen come mezzo di pace?
    Offrire all’Iran di rinunciare al suo programma nucleare e in cambio della chiusura delle sue centrali nucleari di costruire certo numero di kitegen-farm sufficente a sostituire l’energia che loro intendono produrre da fonte nucleare.
    Chi pagherebbe gli impianti? L’ENI in cambio di forniture di petrolio.
    Invece di portare soldi in Iran si pagerebbe la Kitegen per la fornitura.
    Un bel sollievo per la bilancia commerciale, no?
    KWh in cambio di barili di petrolio.
    Che ne pensate?
    Molto meglio dello scambio attuale di armi in cambio di petrolio.
    Mi sorge la domanda:
    I componeneti di unimpianto stem , compresi i capacitori, sono prodotti in Italia?
    C’è una filiera? Si può immaginare un’associazione temporanea di imprese o un distretto industriale che sia dedicato ai vari componenti necessari allo sfruttamento del vento d’alta quota?

    Sto sognando…

  12. Alessio says:

    Non deludeteci .. l’Italia tutta a bisogno che questo progetto sia un successo, non solo per lo stabilimento di Alluminio

  13. nickvandeerpeers says:

    Cappellacci cagasotto; invece di spiegare di cosa si tratta liquida tutto con tecnologia non disponibile al momento.
    Non si rendono conto che continuare a regalare energia sottoprezzo non risolve una beneamata fava?
    E questo sarebbe un governatore.
    Io credo che spetti solo ai lavoratori interessati decidere in che mani cadere. Facciano un referendum tra di loro, se gli si spiega bene la situazione mi sembra ovvio che sceglierebbero kitegen!

  14. Alsazio says:

    Cercate di rimanere in prima linea. Se nonn si sfruttano situazioni come questa quando si fà il salto. Sarebbe un’ottima vetrina per Kitegen, per la sardegna e per tutta l’italia. Ma ce sempre il problema che nessuno si prende la responsabilità di una scelta fuori dagli schemi, che preveda un minimo di dubbio, rischio di immagine. Ecco soprattutto di immagine. Ci vorrebbe qualcuno con la faccia tosta che sia disposto a prendere anche schiaffi nella peggiore delle ipotesi, ma potrebbe prendere 10 volte di meriti e grazie.

  15. Alessandro P. says:

    Salvo poi proporre tecnologie CCS in altri casi, tecnologie totalmente nuove, sperimentali e costose. Due pesi e due misure, come sempre…
    Un grosso in bocca al lupo, e che qualche politico lungimirante (ossimoro?) punti davvero al futuro.

  16. eugenio saraceno says:

    @rbarba
    E’molto bello ciò che scrivi sul kitegen come tecnologia che favorisce la pace. Penso che Kitegen non potrebbe tirarsi certamente indietro dal lavorare con tutti i paesi (compresi quelli additati come “stati canaglia” da una certa diplomazia che ama utilizzare due pesi e due misure senza alcuna remora) per favorire la soluzione pacifica delle dispute legate all’energia. Tuttavia vedo alcune implicazioni molto importanti in tutto questo. Per prima cosa un’azienda privata che supporta istituzioni governative ed apparati diplomatici su un campo, quello dei trattati internazionali, che a mio avviso dovrebbe rimanere di competenza dei governi ha una ambiguità di fondo. E’l'azienda privata che detta l’agenda diplomatica secondo i suoi interessi (entrare nel maggior numero di mercati possibili ed ottenere vantaggi competitivi in ciascuno) oppure sono le istituzioni che strumentalizzano una tecnologia per fini diversi (imporre delle condizioni ad un paese sovrano) da quelli per cui è nata (fornire sufficiente energia pulita a tutti)
    E poi, siamo sicuri che un paese come l’Iran, per cui l’energia nucleare non ha alcun senso, viste le ingenti riserve di gas non sfruttato e non sfruttabile per mancanza di sbocchi (c’è una specie di veto americano sui progetti di allacciamento di pipeline dall’Iran verso i paesi limitrofi, es turchia->europa o Pakistan->India? L’Iran è circondato da nemici ed è sotto tiro sia delle atomiche israeliane che di quelle NATO, forse anche di quelle russe. L’unica possibilità di difendersi è sviluppare tecnologia atomica e mentono sapendo di mentire quando affermano che è un programma esclusivamente civile. tutti i programmi atomici civili di una certa importanza supportano programmi militari. Finchè l’Iran si sente minacciato non credo che desisterebbe dal programma atomico in cambio del KiteGen. Certo sarebbe messo in estrema difficoltà perchè poi non potrebbe più sostenere che il nucleare gli serve per l’energia.
    Vedrei con molto più favore iniziative verso i paesi molto poveri, finanziate con aiuti alla cooperazione, per portare energia elettrica nelle aree rurali a rischio deforestazione e conseguente desertificazione, dove la pressione sulla vegetazione è fortissima proprio perchè la mancanza di fonti di energia per gli usi civili e l’artigianato spinge ad uno sfruttamento eccessivo del manto boschivo (o ciò che ne rimane).

    Per quanto riguarda l’italianità dei componenti del KiteGen diciamo che una parte lo sono, per altri come ad es. i supercondensatori, le vele, i cavi, gli alternomotori sono prevalentemente reperiti sui mercati internazionali per mancanza di iniziative industriali domestiche. Tuttavia sono molto confidente che l’affermarsi della tecnologia kitegen può guidare la creazione di filiere se non tutte italiane almeno in buona parte europee. Ed uno dei segnali che può dimostrare che questa possibilità è concreta ed è una delle linee strategiche del kitegen-pensiero è l’interesse sull’alluminio dell’alcoa, uno degli “ingredienti” fondamentali di molta componentistica.

  17. gabripd says:

    Salve a tutti, mi piacerebbe sapere se la regione sardegna ha preso impegni precisi sulla sperimentazione del Kitgen oppure è stata solo una boutade per reclamizzare la loro presunta propensione allo sviluppo delle rinnovabili

  18. rbarba says:

    @eugenio
    L’ENI per anni ha dettato la politica dell’Italia.
    Non ci vedrei nulla di male da parte di un’azienda di dichiarare apertamente la propria politica industriale che intende perseguire in un certo paese e, ove la classe dirigente dimostrasse ostilità, rivolgersi ad altri paesi.
    Se è possibile le chiederei di pubblicare dei post riguardanti i problemi burocratici riscontrati nella realizzazione dell’impianto di Sommariva.
    Lo scopo sarebbe quello di formalizzare e velocizzare il processo autorizzativo di impianti in altri comuni.
    Ho ancora una curiosità: la procedura per l’allacciamneto alla rete dell’impianto di Sommariva come sta procedendo?

  19. eugenio saraceno says:

    Però l’eni ha il tesoro come azionista, non ho mai capito bene se è l’eni a dettare la politica o il governo che si nasconde dietro l’eni per dettare la politica senza sporcarsi le mani. Se il tesoro entrasse come azionista di riferimento in kitegen e poi la utilizzasse come arma di politica internazionale non ci vedrei nulla di blasfemo. Il panorama internazionale è pieno di governi che usano le loro nazionalizzate per fare politica.

    Quanto a Sommariva non abbiamo incontrato rilevanti problemi autorizzativi, persino ENAV ha concesso lo spazio aereo in tempi relativamente brevi. L’allaccio non presenta problemi particolari, non è urgentissimo ma dovrebbe essere realizzato a breve.

  20. renato says:

    http://kitegen.com/2012/09/18/kitegen-incontra-il-presidente-della-regione-sardegna-cappellacci-sulla-vicenda-alcoa/comment-page-1/#comment-1917
    “… ENAV ha concesso lo spazio aereo …”
    Può postare un documento con i dettagli della concessione?

  21. gianni says:

    credo che questo paese si debba liberare finalmente da lacci e lacciuli e finalmente permettere alle persone creative di esprimersi. prima domansa : chi inventato o meglio scoperto la corrente continua, seconda domanda che ha inventato o meglio scoperto la corrente alternata? chiedo prima di procedere a qualsiasi giudizio di fare un esame di coscienza e di rispondere a queste due domande, nel nostro DNA sta questa forza e questa capacita’ permettere che si disperda sarebbe un’offesa all’intelligenza. aiutiamo tutti coloro che che hanno delle idee al di la’ che possano come tutti sbagliare ma che cercano sicuramente di rendere grande il nostro paese

  22. Mario M says:

    @renato
    Lavoro nel settore aeronautico. Un mio collega appassionato di volo aveva giusto notato che era stata istituita una no fly zone nei pressi di Sommariva. “Ma allora fanno sul serio” diveva riferendosi a quelli che lavoravano all’impianto. Del resto se si fanno delle prove un permesso ci dovrà pur essere.

    @rbarba
    I problemi burocratico-ambientali sono stati sollevati per il primo impianto a Berzano, come si evince da questa denuncia:

    LA MADRE DEI CRETINI E’ SEMPRE INCINTA ?
    Lettera aperta ai Cittadini di Berzano S. Pietro
    del Consigliere di Maggioranza Felice CELESTINO

  23. renato says:

    @ Mario M
    Un documento ci dovrà pur essere, d’ accordo, può mettere un link?
    L’ unico documento che trovo è questo (scaduto 20 dic 2012):
    http://www.volarecon.it/KITE_GEN_avviso_volo_notam_%281%29_-_22_09_11.pdf

  24. renato says:

    Correggo: scaduto 20 dic 2011

  25. eugenio saraceno says:

    Renato, è normale che i notam scadano, questi sono trimestrali e vengono di conseguenza rinnovati a richiesta finchè le attività sul sito proseguono. Dopo un congruo periodo divengono permanenti.

    LIXX 1W2772/2012 05/09/2012 12:33 IN FORCE
    RACR A)LIMM FIR-CUNEO NNE
    COO B)2012-09-05 12:33 C)2012-12-02 23:59 EST
    E)TEMPORARY RESERVED AREA
    ACTIVE WI 479M RADIUS OF 444533N0075054E/SOMMARIVA PERNO-NNE CUNEO/
    DUE TO RISING OF AEOLIC ELECTRIC POWER GENERATION KITE.
    ELEV AGL 479M/1572FT
    ELEV AMSL 853M/2799FT
    F)SFC G)2799FT AMSL
    Q)LIMM/QRTCA/IV/BO /W /000/028/4445N00750E005
    R: 1W1663/2012

    E’stato già richiesto un prolungamento con scadenza 22/9/2013
    QUesti i riferimenti dell’attuale notam. Certo preferiremmo mandare avanti le attività di sviluppo tecnologico piuttosto che stare qui a postare giustificativi delle nostre autorizzazioni semplicemente per soddisfare curiosità che sembrano più finalizzate a evidenziare supposte difficoltà piuttosto che ad approfondire i razionali e le opportunità del progetto Kitegen.

  26. rbarba says:

    Sarebbe di grande impatto installare una camera-kite e riprendere dall’alto un volo di prova.
    L’evanto si potrebbe svolgere durante un nuovo open-day magari proiettando il video su uno schermo in diretta per i partecipanti all’open-day.
    Per ripagare i costi si potrebbe aprire una sottoscrizione su kickstarter.com per i partecimanti all’evento.
    L’interesse vero, sarebebbe quello di fare finalmente almeno un’ora di volo misurando la produzione di energia.
    Alla fine della gionata ci sarebbe l’annucio dei KWh prodotti.

    Anche solo l’annuncio di una data in cui si potranno vedere gli alternatori in funzione farebbe sì che il carico delle aspettative si sollevi dalle vostre spalle e ricada interamente sulle istituzioni preposte all’autorizzazione.

    Buon vento a tutti.

  27. Bibi says:

    Sottoscrivo la proposta di rbarba. Vi sospingo a fare una dimostrazione che mostri la capacità produttiva del KiteGen.

  28. Mario M says:

    @barba e bibi
    La camera-kite o una webcam era stata installata a bordo di un aquilone di un gruppo che sta sviluppando l’eolico di alta quota, non ricordo se erano gli svizzeri o i danesi, cercando sul web magari si trova qualche filmato.

    Piuttosto, occorre pensare a un radar, o a un sonar/ecoscandaglio, perché, con l’intensificarsi delle prove, è possibile che qualche pilota di ultraleggero, magari distratto o per sfida, possa penetrare l’area riservata alle prove, mettendo a rischio la sua incolumità.

    Penso che la produzione di energia adesso è l’ultima priorità. Non vorrei che le eventuali visite si trasformassero in trasmissioni a metà fra telethon e superquark.

  29. stefano says:

    Credo il video con la webcam sia questo
    http://www.youtube.com/watch?v=mChu9MxDeIA&feature=relmfu
    Qui invece al minuto 2:00 si vede in un grafico il rapporto tra velocità del vento e quella del kite osservata col dimostratore della NASA
    http://www.youtube.com/watch?v=lGjWvPaZTIk
    per vedere all’opera i grandi kite da trazione di skysails: http://www.youtube.com/watch?v=Gw73V8L5PnE
    Questi video dovrebbero dimostrare che la possibilità di estrarre energia dal vento con dei kite è concreta anche a chi non avesse la pazienza di leggersi la letteratura di settore.
    Naturalmente ancora nessuno dispone di un generatore eolico d’alta quota commerciale da 1MW elettrico o più. Per quel che so, skysails-power e kitegen stanno sicuramente percorrendo questa strada.
    Faccio notare che skysails per arrivare a vendere sistemi da 1MW meccanico e sviluppare il piccolo generatore elettrico da 55kW ha già investito decine di milioni di euro. http://www.skysails.info/english/power/development/
    Con uno sforzo ingegneristico ed economico è sicuramente possibile arrivare alla scala del MW elettrico in pochi anni e a quel punto si dovrebbe cominciare a seguire una curva di apprendimento tecnologico con miglioramento delle prestazioni e riduzione dei costi. Si può star certi che almeno kitegen e skysail possiedono dettagliati piani industriali per conseguire l’obiettivo, resta poi da vedere se incontreranno il favore dei venture capital e sapranno superare agevolmente gli ostacoli che ciascuna impostazione tecnologica presenterà durante lo scale-up. Visto che ho investito in kitegen anni fa spero che abbiano successo per primi ma casomai prevalesse skysail cercherò di non lagnarmi ;-) sarebbe comunque una buona notizia!

  30. stefano says:

    Vi segnalo questo rapporto sull’EAQ (15 pagine di pdf):
    http://www.nearzero.org/
    E’ basato su interviste ad un panel di >30 esperti/stakeholders.

  31. leo says:

    articolo del 3/9/2012

    Dal carbone all’alluminio, senza futuro
    Intervista a Franco Barbi, segretario generale di Fiom-Cgil di Sulcis-Iglesiente alcoa_296

    di Emanuela Gialli
    (e.gialli@rai.it)

    A Portovesme si arriva dall’aeroporto di Cagliari lungo la Statale 130. Si seguono le indicazioni per Iglesias, che, ad occhio nudo, sembra avere un territorio piuttosto vasto,. Poi per Carbonia. Lungo il percorso ottocenteschi insediamenti di miniere, ormai ovviamente dismessi. Tutto intorno vegetazione, macchia mediterranea, a tratti ulivi piegati, fisicamente, dal vento. E rocce rosse. Come nei canyons di Las Vegas, i Red Rock Canyons. Ma non sono rocce, è la discarica della miniera di Monteponi, nel territorio di Iglesias. Sono terreni, anche in parte collinari, intrisi di ferro, rame e magnesio. A un certo punto, in quel tratto che gli abitanti chiamano “panoramica”, si scorge il mare blu denso, con qualche onda arricciata in riva. Questa è natura incontaminata, pensa chi arriva a bordo della sua auto. Dopo pochi chilometri ecco le torri-ciminiere a strisce bianche e rosse, i silos dell’unico stabilimento che in Italia produce alluminio: l’Alcoa di Portovesme.

    Qui incontriamo, di domenica, il segretario generale della Fiom-Cgil del Sulcis-Iglesiente, Franco Barbi. “Tutta l’area, da Iglesias a Portovesme, è a forte rischio ambientale”, ci dice Barbi.

    Davanti all’insediamento di Alcoa c’è la centrale dell’Enel intitolata a Grazia Deledda. Sullo sfondo pale eoliche, installate dall’Enel un anno fa. C’è vento, ha piovuto da poco, ma si affaccia il sole.

    Il cancello dello stabilimento è chiuso. “Per disposizione dei dirigenti di Alcoa. Altrimenti di domenica c’era solo la sbarra abbassata e si poteva entrare”, ci dice Barbi.

    Dietro il cancello, le guardie giurate della sicurezza privata ci osservano, tra le bandiere delle Rsu e di tutti i sindacati uniti a testimoniare le proteste degli ultimi giorni.

    Anche davanti alla centrale Enel sventolano i vessilli sindacali dei lavoratori delle società di appalto. Alla nostra auto si avvicina un vigilante: “Cerca qualcuno?”. “No –rispondiamo- siamo della Rai. Stiamo guardando”.

    In effetti stiamo guardando il contrasto di questa isola stretta tra il potenziale di un’industria produttiva, remunerativa e proficua, che dà lavoro, rivelatasi negli anni inefficace, non risolutiva, deficitaria, e un ambiente incontaminato, unico, che rende ebbri di ossigeno e di purezza.

    Lo stabilmento dell’Alcoa copre un’area di circa 7 ettari. Attualmente produce 1.500 tonnellate di alluminio l’anno. Al costo, stabilito dalla Borsa di Londra, di 1860 dollari la tonnellata. La produzione è rimasta invariata, nonostante i lavoratori siano stati nel corso degli anni dimezzati: da mille a poco più di 500. Poi c’è l’indotto. Ma venti anni fa i dipendenti erano arrivati ad essere circa 1.500 , più l’indotto.

    Dal 1° aprile 1996 Il problema di Alcoa è l’approvvigionamento di energia elettrica. Quando l’insediamento prese corpo nel 1972, all’interno vi era una centrale elettrica autonoma che garantiva il processo produttivo senza interruzione, per le celle elettrolitiche. “Intorno al 1980-82 venne fuori però una legge che stabiliva che non si poteva essere produttori autonomi di energia e che tutte le centrali dovevano essere gestite dall’Enel”, spiega Barbi. “A quel punto siamo diventati dipendenti dall’Enel per la fornitura di energia essere produttori”.”Alcoa subentrò a Efim, dopo un commissariamento, ad aprile del 1996, solo dopo che il governo perfezionò il contratto per la fornitura di energia per dieci anni a prezzi in linea con la media europea”, ricorda Barbi della Fiom.

    Il padre di Barbi lavorava alle celle elettrolitiche. Poi entrò il fratello. Lui, Franco, ci lavora da venti anni. Racconta: “I nostri problemi iniziano nel 2005, quando si interrompe la fornitura di energia”. “L’Alcoa doveva prendere l’energia dal mercato a prezzo pieno”, spiega e questo, anche per effetto del protocollo di Kyoto, per l’abbattimento dell’anidride carbonica, ha comportato un aggravio nei costi di circa 20 milioni di euro l’anno.

    “Da quel momento, i governi che si sono succeduti, di Prodi e di Berlusconi, hanno provato a mettere in campo la legge sulla competitività che si è rivelata un nulla di fatto”, sottolinea Barbi. “Alcoa continuò a utilizzare le tariffe stabilite dalla media europea e per quello viene multata dalla Ue per 300 milioni di euro. Più esattamente viene multata l’Italia, per aver dato aiuti di Stato ad Alcoa e il governo a quel punto, proprio quando la società americana chiama le rappresentanze interne dei lavoratori per informarle che lo stabilimento chiude, esige il pagamento della multa. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

    Da sabato le celle elettrolitiche accese sono 297 su 300. “Queste sono aziende che si muovono sulla base di forniture e introiti certi. Che prospettive avrebbe Alcoa, in assenza di un piano industriale di ampio e lungo respiro, almeno per i prossimi 15-20 anni?”, si e ci chiede Barbi. “Il sottosegretario allo Sviluppo economico ha garantito che ci sarà l’autorizzazione da parte di Bruxelles della super-interrompibilità (di energia elettrica, ndr) per i prossimi tre anni ma di concreto attualmente non c’è niente. E poi tre anni sono pochi per una prospettiva industriale”, aggiunge Barbi della Fiom. Che sembra proprio di comprendere i motivi dell’abbandono dello stabilimento da parte dell’americana Alcoa.

    “Non crede però che gli investitori stranieri in passato siano venute in Italia anche perché sapevano che le aziende private venivano aiutate. Poi l’Italia, per l’alto debito pubblico accumulato, non è stata più in grado di aiutare le imprese che hanno così cominciato a lasciare il nostro Paese, come d’altronde sta facendo la Fiat, che nasce in Italia e adesso va all’estero, mentre gli imprenditori stranieri tornano all’estero?”, chiediamo a Barbi. “Forse ha ragione, in qualche caso è successo. Ma al sottosegretario De Vincenti ho chiesto se si sa quanto costerà al governo il mantenimento degli ammortizzatori sociali per i dipendenti di Alcoa? Per me costerà di più la cassa integrazione, che trovare quegli strumenti politici per rendere le tariffe competitive e per trovare le condizioni perché si possa fare azienda”.

  32. alexvi says:

    Non sento più parlare del vostro progetto/offerta. Nelle recenti dichiarazioni siete praticamente scomparsi. Vedere a questo link:

    http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-10-03/alcoa-appesa-nodo-energia-064339.shtml?uuid=AbXiPTnG

    Mi chiedo se sia ancora possibile avere speranza.

    Grazie comunque per quello che state facendo.

  33. eugenio saraceno says:

    @alexvi
    Bene, ora che Glencore ha rinunciato il Ministero e la Regione devono risolvere il problema più urgente cioè evitare la chiusura degli stabilimenti da qui a fine anno. Gli acquirenti e la stessa alcoa chiedono, oltre al miglioramento di strade e porti, l’energia a 25 euro al MWh per poter rimanere competitivi. Il governo ha offerto 37, come pretendere che Glencore accetti?
    Il governo deve prima trovare una pezza urgente per un periodo congruo di tempo (30 euro/MWh per 3-4 anni ed il munor numero possibile di esuberi) mettendo d’accordo UE, investitori e sindacati e poi decideranno se dare seguito alla proposta di KiteGen oppure lasciare al prossimo governo la patata bollente perchè quando finiranno le tariffe agevolate lo stabilimento sarà di nuovo a rischio chiusura.

  34. Antonio G. says:

    Io non capisco. Finalmente l’Italia ha un’occasione “stratosferica” di cogliere una rivoluzione energetica pulita, efficiente, a basso impatto. Potrebbe essere un’opportunità per fare a meno dei combustibili fossili e di essere energeticamente indipendente, almeno in buona parte.
    Una classe politica SERIA dovrebbe cogliere subito questa opportunità, o per lo meno valutarla mooolto seriamente. Ma se non si investe su questo su cosa si dovrebbe investire???? Si parla tanto di riduzione della CO2, di energie “verdi” e tante belle cose, poi quando si arriva al dunque e una azienda ITALIANA (!) ti offre su un piatto d’argento una cosa quasi fatta che si fa?? Silenzio.
    Anche i giornalisti dovrebbero parlarne di più, far capire agli italiani di cosa si tratta. Se si smuovono un po’ le coscienze forse anche il governo si sentirà in dovere di prendere sul serio l’idea. Non so voi, ma io ho sentito parlare ben poco di KiteGen. Secondo me bisogna coinvolgere qualche giornalista, non lo so la Gabanelli, tanto per dire, qualcuno che abbia il cervello che funzioni e che capisca le potenzialità del progetto.
    Oppure bisogna coinvolgere gli operai dell’Alcoa? Loro si fanno sentire.
    Oppure bisogna fare una petizione popolare???Facciamola, io sono pronto a firmare.
    Ma mi dispiacerebbe che si perdesse questa opportunità!
    Ancora in bocca al lupo per il vostro progetto.

  35. Paolo Moretti says:

    Leggo dalla Reuters le dichiarazioni del sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti: “In questo momento sono in ballo tre manifestazioni di interesse da parte di Klesch, KiteGen e di un’azienda australiana”, “Klesch ha già cominciato le negoziazioni dirette con Alcoa. Sollecitiamo le altre due imprese e Alcoa ad andare avanti e aprire le trattative”.

    http://borsaitaliana.it.reuters.com/article/businessNews/idITMIE89300X20121004

    Cioè adesso sta a voi fare la prossima mossa? Come stanno realmente le cose?

  36. alexvi says:

    Vorrei capire una cosa: in italia servono ogni anno 360.000 GWh di energia elettrica. A fine 2011 la produzione di energia elettrica con energie rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, eolico, geotermico, biomasse) è del 30,3% pari a circa 110.000 GWh (fonte http://www.gse.it/it/Gas%20e%20servizi%20energetici/GSE_Documenti/Mix%20energetici%20e%20offerte%20verdi/Mix%20energetici/News%20Mix%20energetici/Mix%20energetico_2010%202011_complementare.pdf).
    Detto ciò ne consegue che ogni hanno abbiamo bisogno di 250.000 GWh.
    Sul vostro sito affermate che una FARM con un diametro di 1 km può arrivare a 100 MW di potenza. Stimando, perciò, una produzione annua di 500 GWh per ogni FARM, servirebbero 500 installazioni per raggiungere l’autosufficienza energetica. Dal punto di vista del consumo di territorio avremmo bisogno per ogni FARM di circa 0,8 Kmq per complessivi 400 Kmq. Considerando che la superficie italiana consta di 301.340 Kmq dovrebbero essere destinati alla produzione di energia eolica di alta quota appena lo 0,13% del suolo patrio.

  37. eugenio saraceno says:

    @alexvi
    In realtà la % necessaria è ancora di meno perchè dell’area di rispetto di circa 1 ettaro necessaria ad ogni kitegen stem da 3 MW, solo 2-300 mq sono realmente occupati da strutture. Il resto può essere utilizzato per pascolo o colture agricole anche arboree se a basso fusto. La necessità di strade d’accesso è anch’essa limitata, non servono camionabili per mezzi pesanti (es.i trasporti eccezionali per portare le turbine eoliche). Strade vicinali o strade bianche sono sufficienti per l’accesso dei mezzi d’opera durante la costruzione.

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