Articolo QualEnergia: appunti tecnici

By eugenio saraceno, 2012/10/26

Salve a tutti, questo è il mio primo post sul blog, mi presento. Mi chiamo Antonello Cherubini e sono neolaureato in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano.
Vorrei fare una piccola appendice tecnica all’articolo di Alessandro Codegoni apparso su QualEnergia.it all’inizio di Ottobre 2012, sperando che possa essere utile a convincere alcuni scettici.

Nell’articolo si dice “… gli aquiloni, una volta in quota, agiscono come grandi ali o vele che vanno di bolina: il vento che passa sopra la loro superficie ricurva, genera una trazione, proporzionale alla superficie del kite e al cubo della velocità del vento.”
Vorrei specificare che la trazione delle funi non è proporzionale alla velocità del vento al cubo, bensì alla velocità al quadrato. Ad essere proporzionale alla velocità al cubo è invece la potenza. Forza x Velocità = Potenza.

Per quanto riguarda invece questo passaggio dell’articolo: “…però bisogna anche dire che molti degli stessi tecnici pensano che le stime di potenza e di capacità fatte da Ippolito si ridimensioneranno molto, una volta che si passerà dalla carta al mondo reale.” vorrei dire che ho provato dispiacere nel leggere queste ultime righe perché generano molta sfiducia in un lettore non esperto ed alimentano lo scetticismo. È giusto essere scettici nella vita, ma in questo caso vorrei che ci si confrontasse sui numeri.

Provo a spiegare in parole semplici un ragionamento che per essere compreso a pieno necessita di alcuni anni di studio. In particolare la dimostrazione della formula che userò è relativamente semplice, ma comunque assolutamente inaccessibile ad un pubblico generalista. Il modello matematico del volo del Kitegen è il modello di Loyd, del 1980. È assodato nella letteratura scientifica da oramai 30 anni.
La potenza estraibile dal Kitegen è data da questo prodotto:
Potenza = 1/2* rho * v^3 * 4/27 * E^2 * Cl * A
rho è la densità dell’aria
v è la velocità del vento che soffia sulla farm
E è l’efficienza aerodinamica dell’ala Cl è il coefficiente di lift (portanza aerodinamica) del kite
A è l’area del kite

Mettiamoci dentro dei numeri conservativi e vediamo cosa esce. “Conservativo” in gergo ingegneristico significa “non ottimistico”.
rho = 1.225 Kg/m^3
A = 150 m^2
v= 12 m/s (è quella utilizzata nel rating di una gigantesca turbina Vestas v100. Ricordiamo che la velocità poi si moltiplica al cubo, quindi è il numero più importante di questa formula)
E=10 (efficienza aerodinamica = rapporto portanza/resistenza, anche questo è un numero ragionevole, se volete posso approfondire, il discorso diventa complicato)
Cl=0.65 (anche qui il discorso diventa complicato)

Potenza Kitegen prima del capacity factor = 1/2* 1.225 * 12^3 * 4/27 * 10^2 * 0.65 * 150 = 1 528 800 W ovvero abbiamo già il nostro 1.5 MW (Di confronto, la famosa gigantesca Vestas v100 arriverebbe ora a 1.8MW)
Se a questo discorso aggiungiamo un capacity factor molto maggiore rispetto all’eolico convenzionale, cioè le famose 6000 ore/anno rispetto alle circa 2000 di una turbina classica, (anche qui sto un po’ semplificando il discorso) allora vi sarà chiaro che, utilizzando criteri di rating in qualche modo equivalenti a quelli dell’eolico tradizionale, si arriva in via “non ottimistica” a dire che il Kitegen è un impianto da 3MW. Se ci fidassimo dei numeri 6000 e 2000 allora dovremmo scrivere 4.5 MW, ma limitiamoci a fidarci dei 3MW. Il risultato è già incredibile.

Trovate ulteriori dettagli nella mia tesi di laurea.

Resto a disposizione per chi volesse ulteriori chiarimenti.
antonello.cherubini@gmail.com
Antonello Cherubini

23 Responses to “Articolo QualEnergia: appunti tecnici”

  1. Giuliano Lepri says:

    Bravo Antonello, e benvenuto!
    Giuliano Lepri

  2. carlo brunatto says:

    Molto interessante e convincente.
    Da scettico però mi pongo una domanda.
    Un eolico tradizionale (come la maggior parte dei sistemi di generazione “tradizionali” ha un’affidabilità molto elevata, il KITEGEN che garanzie da su questo punto?
    Carlo

  3. Antonello says:

    Buongiorno Carlo, la sua domanda è davvero molto ampia. Provo a darle una risposta sintetica e casomai poi mi prova a specificare meglio cosa intende per “affidabile”.

    Bisogna premettere che affidabile non vuol dire nulla, nessun sistema è sicuro al 100%. Questo discorso vale per qualsiasi cosa: dall’interruttore della luce nelle nostre case, alla centrale nucleare.

    Quando si ragiona in termini tecnico-economici di affidabilità si fa una scelta basata dunque sull’accettazione di un rischio. Si accetta sempre un rischio.
    Il ragionamento in fase progettuale e normativa si fa in base a due fattori: probabilità di failure di un componente e costo del suo fallimento.

    Se prova a scrivere su youtube “wind turbine failure” le usciranno molti esempi di crash più o meno spettacolari di turbine tradizionali.
    Esempio: http://www.youtube.com/watch?v=CqEccgR0q-o
    Idem se cerca foto su google immagini.

    Come dicevo nel post, le potenzialità del Kitegen sono assodate da 30 anni, quello che si sta cercando di fare grazie ad un condensato di nuove tecnologie è rendere automatico ed economico il volo di un enorme kite. Le posso dire che in riferimento ai video della turbina che le ho linkato, ad esempio, il Kitegen non ha il problema del troppo vento, perché, oltre a posizionarsi in modo da non generare trazione, può anche essere semplicemente riposto a terra in caso di tempesta.
    Le ho fatto un esempio in cui il Kitegen è in netto vantaggio per quanto riguarda il fattore uno, probabilità più bassa di failure;

    Andiamo al fattore due: costi.
    Cosa accade se si rompe un freno di una turbina lo ha visto nel video. Immaginiamo ora i costi per i recupero della situazione sperando che non si sia fatto male nessuno.
    Proviamo ora invece ad immaginare che si spezzi una corda del Kitegen. A causa della configurazione del sistema aerodinamico i cavi perdono istantaneamente trazione e svolazzano al suolo insieme all’ala che a questo punto si comporterà come un fazzoletto gigante. Vista in primis la possibilità di recuperare i cavi molto velocemente, unita insieme alla leggerezza dei componenti (Dacron, Dyneema) che faranno si che la vela in caduta si comporti come un grosso fazzoletto al vento, credo che le risulterà chiaro che questa sgradevole situazione resta comunque migliore dei pezzi di acciaio che cadono a decine (o centinaia) di metri che lei ha visto nel video.

    Spero di essere stato esaustivo.
    Antonello Cherubini

  4. Antonello Cherubini says:

    Grazie Giuliano Lepri per il benvenuto.

  5. Silvio says:

    Credo che passare dalla carta alla costruzione presenti sempre, per ogni progetto innovativo, dei ritocchi, modifiche, migliorie. I prototipi esistono per questo, si legge spesso delle migliaia di problemi di sviluppo del nuovo cacciabombardiere F-35, ma è stato così per tutti i nuovi aerei, vale lo stesso per le navi e penso che sarà così per il kitegen, tutto questo mi sembra normale. Sarebbe interessante, in un futuro articolo, calcolare il vantaggio economico del kitegen rispetto ai normali aerogeneratori, sulla base delle ipotesi conservative descritte (o anche inferiori, fino ad arrivare all’equivalenza), partendo dai costi di costruzione e poi di funzionamento (anche se le economie di scala per il kitegen per ora sono solo ipotizzabili).

  6. Osvaldo Forzini says:

    Buongiorno. Ho letto le questioni del KiteGen “a volo radente”, senza approfondire, e da persona normale. Dunque: finora “ho compreso” le questioni nell’ambito di UN SOLO KiteGen in funzione. C’è però il “problema” che una farm ne prevede ovviamente più di uno in funzionamento coordinato. La proposta Alcoa parlava di 2milioni di metri quadri per 200 vele, cioè una vela per ettaro. Un ettaro è 100 metri per 100, questa è quindi la distanza media ipotetica tra un KiteGen e l’altro. A questo punto i primi quesiti che mi vengono sono:
    a) in caso di rottura di un KiteGen, avete previsto grosso modo che danno può aversi nei KiteGen “intorno”? Tra l’altro, “ovviamente” tanto più il sistema è complesso, tanto maggiori sono i costi (anche se aumentano pure i benefici);
    b) nel caso delle farm, che tipo di funzionamento è previsto? Mi spiego. Poiché la vela passa circa un 10% del tempo in “riavvolgimento”, si prevede di usare i KiteGen “a rotazione” (uno è in salita a 100 mt di altezza, quello accanto a 200 mt, quello accanto a 300mt e così via), o “in contemporanea” (cioè salgono tutti insieme contemporaneamente alla stessa quota, o almeno salgono “a gruppi contigui” alla stessa quota).
    Un paio di considerazioni riguardo la questione Alcoa. Vorrei far notare che tutte le energie rinnovabili, in generale, hanno il problema della “mancata continuità”, e questo – lasciamo perdere in questo momento le eventuali e “logiche” spinte più o meno lecite da parte dei produttori ad energia fossile, che fanno il loro interesse – comporta che nella realtà, di fatto, le energie rinnovabili purtroppo richiedono la contemporanea presenza di centrali “tradizionali” pronte ad intervenire in caso di non produzione dalle Energie Rinnovabili (o, insieme o in alternativa, meccanismi di “premio” alle imprese che danno disponibilità ad essere “distaccate” quando manca energia, come è già adesso). Questa osservazione, a mio parere (ovviamente voi avrete opinioni del tutto contrarie) dava pochissime chance alla vostra ipotesi di intervento su una impresa “tipicamente energivora” come la Alcoa (e aggiungiamo pure con una soluzione al momento di fatto solo sperimentale: l’azienda non è in costruzione, la soluzione deve darla “funzionante” da domani).
    Detto questo, direi che se la soluzione KiteGen è così valida, probabilmente non è tanto allo Stato italiano e nella situazione Alcoa che dovevate proporvi, ma semmai nei confronti delle società stesse (Alcoa, quella svizzera che doveva prendere il suo posto ecc.): sono queste aziende che potrebbero avere interesse a valutare, nel tempo purtroppo necessario che ancora ci vuole, la possibilità di avere vantaggi da questa tecnologia (e nel frattempo magari mandare avanti in modo tradizionale la fabbrica). Immagino che ovviamente con la dovuta riservatezza lo avrete già fatto :-)
    Cordiali saluti
    ps – una nota per il dott. Cherubini: non vorrei sbagliare, ma nell’ipotesi Alcoa l’ipotesi di funzionamento dell’impianto era di 5000 ore annue

  7. Marco Falavigna says:

    Complimenti per questo intervento, porta il livello della discussione e dell’informazione sui dati tecnici di cui abbiamo bisogno.
    Da appassionato ho molta fiducia nel progetto ma temo che le premesse teoriche, espresse anche con questo intervento siano effettivamente esageratamente ottimistiche.
    Mi concentrerei su alcuni numeri:
    - la densità dell’aria rho: per un sistema d’alta quota destinato a volare tra i 500 e i 1500 metri in condizioni standard la densità è 1.1117 kg/m^2 ( circa 9% in meno)
    - coefficiente di portanza Cl: il valore considerato mi sembra ragionevole per un’ala rigida, meno per un’ala flessibile come quella di un kite (carico alare alto che tende a deformare la struttura)
    - area efficace A: il kite si dispone in volo a forma d’arco, la sua superficie proiettata utile alla portanza è circa 1,5 volte più piccola. 150 m^2 hanno la portanza di 100 m^2 piani (se tutto va bene).
    - Efficienza E: Questo è il punto più critico di tutta la questione visto che E appare nella formula elevato al quadrato. E = 10 non è un valore conservativo ma bensì un valore eccezionale! Un’ottima vela da parapendio presenta E = 10 ma non ha 2 km di cavo al seguito, ha una forma perfetta mantenuta da una miriade di cordini, ed è molto più piatta.
    Ad occhio e croce un valore sensato secondo me potrebbe esser 4 o 5. L’utilizzo di ali rigide o semi-rigide complicherebbe in maniera enorme i problemi di controllo e gestione e non è una tecnologia immediatamente a portata di mano.
    Complessivamente la stima di produttività dovrebbe essere scalata di un fattore 4 o 5. 0,75 MW (250 kW di produzione per 6000 ore contro le 2000 delle turbine tradizionali) mi sembra un obiettivo più realistico e molto difficilmente superabile con kite da 150 m^2.
    Purtroppo, fin’ora, i progettisti di Kitegen non hanno ancora fornito nessun dato quantitativo sperimentale sulla capacità produttiva della macchina e questo è un grosso punto a sfavore della credibilità del progetto. Ritengo che nel panorama delle tecnologie per lo sfruttamento dell’eolico d’alta quota Kitegen sia senza dubbio il progetto più intelligente e promettente, tuttavia allo stato attuale, dati gli infiniti ritardi rispetto alle promesse, una campagna di test quantitativi sarebbe opportuna.

  8. carlo brunatto says:

    Buon Giorno Antonello,
    cerco di precisare la mia domanda.
    Affidabilità nella sua accezione più semplice è il rapporto tra il tempo di “produzione” ed il tempo di “disponibilità”.
    Come dissi gli impianti tradizionali (eolici, termoelettrici, idroelettrici o fotovoltaici) hanno dei valori piuttosto elevati (a volte molto oltre il 95%).
    Mi sembra difficile che il kite abbia-oggi- valori simili.
    Discorsi su MTTR vanno oltre questo primo livello.

  9. eugenio saraceno says:

    @Osvaldo

    a) in caso di rottura di un KiteGen
    Se intende rottura di un cavo il sistema tenta di riportarlo immediatamente a terra tirando l’altro cavo. Il peggio che può accadere è che s’intrecci con un altro cavo di kite adiacente. In questa eventualità anche l’altro kite viene riportato a terra e saranno indisponibili fin quando non si ripristineranno i cavi. Tenga conto che questi cavi sono 10 volte più resistenti dell’acciaio a parità di diametro quindi possono intrecciarsi senza rompersi.
    b) nel caso delle farm, che tipo di funzionamento è previsto?
    La farm con kite multipli è controllata a livello di elaboratore centrale quindi si può scegliere una qualsiasi strategia di posizionamento. L’elaboratore può pilotarli tutti insieme e ne conosce le posizioni con approssimazione di pochi centimetri quindi può orchestrarli agevolmente senza farli collidere. Tipicamente infatti tutti i kite e i loro cavi saranno allineati nella direzione del vento prevalente e compiranno gli 8 salendo fino alla quota limite per poi essere ritirati secondo la stessa direttrice,
    La strategia più corretta è farli salire uno alla volta con un piccolo tempo di differenza l’uno dall’altro in modo che quando un kite inizia a ritirarsi nella fase passiva gli altri siano ancora in fase attiva. Questo risponde anche alla domanda sull’intermittenza. La soluzione kitegen proposta per alcoa infatti non è sottoposta ad interrompibilità perchè l’energia viene fornita in modo continuo poichè non accade mai che tutti i kite vadano in fase passiva insieme. Inoltre la qualità dell’energia fornita all’inverter connesso in rete è assicurata dalla presenza di una specifica elettronica di potenza basata su supercondensatori che agiscono da buffer mantenendo la potenza immessa in rete il più possibile costante.
    Ovviamente siamo in contatto con Alcoa, ma per quanto riguarda Portovesme non si potrà intraprendere alcuna iniziativa se il Governo non predispone i fondi europei per l’innovazione così come da noi richiesto. Sembra che i fondi europei verranno invece impiegati per un progetto di carbon capture mentre il sussidio per fornire l’energia a 36 euro/MWh lo pagheremo tutti noi in bolletta (oneri di bilanciamento).
    Purtroppo Alcoa stando così e cose ha già deciso di andare in Arabia Saudita dove l’energia gli verrà fornita a 25 euro/MWh come richiesto, A loro interessa poco che 36 euro/MWh offerti dal governo siano più convenienti dei 36,0001 euro/MWh che si pagano in Germania come sottolineato da De Vincenti. Alcoa non se ne va in Germania, va in Saudi Arabia ricordate?

  10. eugenio saraceno says:

    @Marco
    Perchè mai dovremmo utilizzare una vela da parapendio per la produzione?
    Se oggi lei vede nei video delle nostre prove che utilizziamo dei kite sportivi è semplicemente perchè non esistono ancora le vele semirigide ed ad alta efficienza specificamente progettate per la produzione elettrica. Siamo infatti i primi ad avere questa esigenza e pertanto abbiamo intrapreso un percorso di ricerca e sviluppo che porterà progressivamente a vele sempre più performanti e che costerà diversi milioni di euro. Per questo non ha senso (come anche lei mi sembra richiedere) fornire dati sperimentali di performance nella produzione elettrica, visto che senza questi tipi avanzati di vele non avrebbero senso. Noi testeremo via via vele e cavi sempre migliorati e di conseguenza la produttività della macchina crescerà. Se lei ammette che con adeguata ricerca e sviluppo potremmo ad un certo punto disporre di un kite da 150 m2 con efficienza 10 potrà anche accettare che le prestazioni che poniamo come obbiettivo siano realistiche. Pensi che per un primo risultato di vela soddisfacente si era presentato un progetto alla Regione Piemonte per previsti 7 mln di Euro e ci si era anche posizionati bene in classifica. Purtroppo i fondi finora non sono stati disponibili, e se forse lo saranno nei prossimi mesi, certo lo saranno in forma molto ridotta rispetto a quanto richiesto.

  11. Mario M says:

    @ Brunatto, Forzini e Falavigna.

    Le vostre preoccupazioni e obiezioni sono fuori tempo, nel senso che sono premature. Chissà quante obiezioni si potevano avanzare ai fratelli Wright… ma all’epoca l’importante era dimostrare che si poteva costruire una macchina volante autonoma più pesante dell’aria, poi tutto il resto sarebbe venuto di conseguenza. Adesso l’importante è far vedere che è possibile costruire un impianto di una certa potenza e affidabilità per sfruttare i venti di alta quota. Poi le vele si potranno migliorare con nuovi materiali e tecnologie, ci saranno analisti, programmatori e spaccabit per ottimizzare il controllo e le traiettorie ecc…

    E’ importante guardare in prospettiva alle potenzialità della tecnologia che sono straordinarie, e fare in modo che il patrimonio fin qui accumulato non venga disperso , ma che possa essere sfruttato al meglio.

  12. Antonello Cherubini says:

    Salve Osvaldo Forzini,

    a) Premesso che il caso di rottura in futuro sarà soltanto di natura straordinaria, (il Kitegen utilizza dei ricambi preventivi di ali e funi), facciamo un ipotesi di caso sfortunato, anzi direi pure catastrofico. Un kitegen si rompe, quindi si spezza una corda o si trancia l’ala in modo imprevisto e dunque il cavo e l’ala di un kitegen si adagiano sui cavi dei vicini stem. In questo caso il peso dei componenti in caduta non è sufficiente a far cadere i suoi vicini, ma potrebbe (non certamente) essere sufficiente a far perdere il controllo di alcune ali, che al loro volta potrebbero interferire con le ali a loro vicine e cosi via. Ipotizzando che il nostro sistema di controllo aggregato non sia in grado di fare nulla, ma si limiti a lasciare le corde libere di cadere senza tensione ecco un esempio brillante in scala ridotta di ciò che può succedere.
    http://www.youtube.com/watch?v=AQHrrAHJ4Qs
    Il video è eloquente più delle mie parole.
    Detto ciò, in questo caso eccezionale avremmo un bel lavorio da mettere in moto. Si toglierebbe il primo kite rotto, si riavvolgono le funi, si mettono le ali a posto e si riparte con la produzione.
    Si noti che l’ipotesi che ho citato (che è soltanto una delle ipotesi possibili per la gestione di un evento straordinario) di rilasciare completamente la tensione delle funi è un ipotesi che rende istantanea una sostanziale riduzione dei rischi dovuti all’impatto dei kite a terra che, come dicevo in un commento precedente, diventano a questo punto fazzolettoni in balia del vento privi persino della loro (relativamente molto bassa) energia cinetica.
    Se compariamo questo nostro worst case con quello di altri impianti, come il video del crash della turbina eolica che ho linkato nel precedente commento, ci rendiamo conto che dal punto di vista della sicurezza il Kitegen, non solo ha pochi problemi, ma parte in vantaggio rispetto alle altre tecnologie di produzione energetica di massa. Credo sia opportuno ricordare che il petrolio, il nucleare i l’idroelettrico possono devastare migliaia di kilometri di costa, valli, causare esplosioni di raffinerie ed evacuazioni di intere regioni.

    b) La risposta a questa domanda non è proprio semplice ma proverò lo stesso, gli aerodinamici mi perdoneranno. L’unica principio a cui ci atteniamo (purtroppo per adesso solo in fase di simulazione) riguarda la gestione del fronte vento. La potenza disponibile del vento infatti dipende dall’area spazzata dalle vele e non dal numero di kite.
    Per spiegarmi meglio le faccio un esempio non troppo tecnico che secondo me rende bene il concetto. Immagini di avere un quadrato di cielo attraversato da un flusso di vento perpendicolare al quadrato stesso. Ogni punto del quadrato contiene una piccola quantità di energia cinetica, non appena una prima ala passa su quel determinato punto, l’ala raccoglie quella energia e la trasforma in energia elettrica. Su quel punto però non possiamo ripassare subito con la seconda ala perché prima che in quel punto ritorni disponibile energia dovrà passare un po’ di tempo. In altre parole se noi mettessimo tante ali in fila indiana le une vicine alle altre non guadagneremmo granché. Se invece mettiamo le ali in modo intelligente, un po’ come se dovessimo coordinare molte addette alle pulizie a passare tante aspirapolveri in un grande salone uniformemente impolverato, allora sì che abbiamo che 50 ali coordinate in una farm producono quanto 50 stem a kilometri di distanza tra loro.
    L’analogia delle addette alle pulizie dunque è questa: la polvere che si deposita col tempo è l’energia, il pavimento del salone è l’area del cielo, gli aspirapolvere sono le ali, ed infine il manager dell’impresa è il sistema di controllo che dà istruzioni alle addette di tenere il salone pulitissimo, vogliamo raccogliere tutta la polvere che riusciamo.
    A questo punto, capito il concetto, le possibili formazioni tridimensionali sono pressoché infinite, si tratta di sceglierne una facile. Nella scelta terremo in considerazione le alternative che lei ha elencato cercando di ottimizzare la costanza della produzione elettrica, tendo a pensare che tra le due che ha proposto la migliore sia quella “a gruppi contigui” perché minimizza il carico ai supercondensatori, ma la questione va approfondita.

    Alcoa: sulla vicenda non mi esprimo in quanto non ho seguito le trattative in prima persona e non mi sembra professionale parlare senza conoscere, detto ciò rispetto la sua posizione e la ringrazio per i toni pacati con cui ci scrive, visto quello che riceviamo, ci fa piacere dialogare pubblicamente con persone educate.

    Nota 5000 ore: Il funzionamento annuo è una delle ipotesi che varia di più e dipende, non solo da come noi gestiremo la centrale, ma soprattutto dalla disponibilità naturale del sito. Veda la mia tesi ai capitoli iniziali per qualche dato in più ed eventuali riferimenti bibliografici

    Buona giornata.
    Antonello Cherubini

  13. Antonello Cherubini says:

    Salve Marco Falavigna e Carlo Brunatto.

    Andiamo al dunque:

    - Densità dell’aria, coefficiente di portanza, efficienza aerodinamica, area efficace, intermittenza di produzione dovuta al riavvolgimento:
    L’analisi riportata nel post è chiaramente approssimativa e lo scopo è dimostrare che gli ordini di grandezza di cui stiamo parlando sono enormi e promettono un costo di generazione dell’energia degno di un poeta sognatore piuttosto che di un pragmatico ingegnere. Con questi numeri troppo approssimativi possiamo destreggiarci a dimostrare un po’ tutto ed il contrario di tutto. Ora le farò alcuni commenti alle osservazioni (brillanti) di Falavigna e mi piacerebbe che noi tutti tenessimo in mente che stiamo parlando in ogni caso di numeri da capogiro.
    Quello che ho citato è il Cl di un’ala rigida, trova i riferimenti sempre sulla mia tesi. Il discorso si collega strettamente a quello dell’efficienza aerodinamica. Il fattore da massimizzare nella progettazione dell’ala secondo il modello di Loyd non è infatti né il coefficiente di portanza , né l’efficienza aerodinamica, ma bensì il prodotto E^2*Cl. Come lei dice, 10 è un valore ottimo per una vela da parapendio. Trascurando per un attimo il fatto che il modello di Loyd perde di validità qualora si consideri il volo di un kite con funi lunghe e dunque il fattore da massimizzare non sarà più E^2*Cl, noi comunque non useremo vele da parapendio. Per ora nei test ci adeguiamo con quello che ci offre il mercato, ovvero soft kite di vario tipo, ma contiamo di utilizzare in futuro vele semirigide. Ovvero rigide in corda (per mantenere quanto possibile la stabilità nonostante gli allungamenti) ma flessibili in apertura (per far adeguare la forma complessiva in modo che sia la tela stessa a resistere meccanicamente alla portanza complessiva senza necessità di pesanti componenti strutturali).
    Il nostro target di efficienza aerodinamica è 18. Nel calcolo di massima che ho riportato nel post, utilizzare 10^2 anziché 18^2 significa dividere per 3 in nome della giusta prudenza su una tecnologia che stiamo sviluppando.
    Ora due parole su questo 18, senza entrare in modellistica: se si ragiona in termini di ali rigide i moderni alianti da competizione arrivano ben oltre i 60 (!), non a caso c’è un azienda in Olanda (Ampyx Power, trova a riguardo molte informazioni su internet) che anziché usare kite vuole usare alianti. Io personalmente, e immagino tutto il nostro team, credo che le ali rigide dell’aviazione tradizionale non saranno il futuro delle energie, ma i grandi giocatori saranno le ali flessibili con resistenza strutturale data dalla tela stessa.
    Abbiamo degli accorgimenti particolari nel controllo che ci permettono di adottare ali veloci (ovvero ad alta efficienza aerodinamica).
    Per quanto riguarda i 2 km di corda al seguito, le posso dire che l’attenzione all’aerodinamica del cavo è una nostra priorità. Non a caso la mia tesi di laurea è volta proprio a capire il vantaggio nell’uso di cavi aerodinamici secondo il layout previsto da uno dei nostri nuovi brevetti. Trova approfondimenti molto interessanti nella mia tesi anche per questo punto, veda ad esempio i modelli in letteratura (come quello di Argatov) che noi riteniamo non rappresentativo della realtà operativa.
    Per quanto riguarda infine la densità dell’aria: nel rating mi sono conformato al funzionamento delle turbine eoliche, ovvero livello del suolo, capisco la sua osservazione e le do ragione sul fatto che il rating si dovrà in futuro evolvere alle quote di volo in tutto e per tutto. Trova sulla mia tesi, nei capitoli iniziali, dei riferimenti bibliografici riguardanti la Wind Power Density in quota che tiene conto anche della variabilità della densità dell’aria.
    Il capacity factor è infine un grande spazio di lavoro in quanto una messa a punto immatura della tecnologia inizialmente offrirà meno ore equivalenti rispetto al pieno potenziale. Credo che questo possa rispondere sommariamente anche a Carlo Brunatto.

    Concluderei dicendole che l’ala ed i cavi sono importantissimi in quanto le nostre prestazioni dipenderanno esclusivamente da loro. I margini di ottimizzazione anche da questo punto di vista sono enormi visto che stiamo parlando di tecnologie inedite.

    Dati quantitativi: è una domanda che ci fanno in molti. Renderemo disponibili i dati non appena saremo soddisfatti delle ali speciali attualmente in realizzazione. Se le può interessare, può trovare dati quantitativi con ali da surf (mai ottimizzate perché offrono già così troppa potenza per gli scopi sportivi e sono aerodinamicamente pessime) sulla mia tesi di laurea. In particolare trova un grafico che mostra l’andamento della potenza in uscita fornito dall’università di Delft per un kitesurf non grande con un layout molto diverso dal nostro. Spero che anche lei, come noi, resti fiducioso nei prossimi sviluppi.

    Buona giornata.
    Antonello Cherubini

  14. Antonello Cherubini says:

    Ho visto ora la risposta di Eugenio Saraceno sulla gestione dei kite in formazione.

  15. Andrea says:

    Io trovo questa tecnologia semplicemente geniale e promettente. C’è certamente un notevole potenziale da sviluppare, problemi tecnici da risolvere, un nugulo di scettici e detrattori (che però contribuiscono a sviluppare la tecnologia)… Ma sono convinto che nel complesso funzionerà. Mi piacerebbe davvero partecipare ad un progetto visionario come questo. Bravi!

  16. Osvaldo Forzini says:

    @ Mario M
    Lei scrive “Le vostre preoccupazioni e obiezioni sono fuori tempo, nel senso che sono premature”.
    Faccio notare che vi siete (o “si sono”, non so) proposti per la soluzione “qui e ora” della questione Alcoa..
    Io sarei molto contento se la soluzione Kitegen avesse successo, però purtroppo ho “esperienza” (anni…), e allora faccio notare che ci sono soluzioni “prontissime” che però non vanno in porto: esempio, l’auto ad idrogeno. C’è, funziona, l’abbiamo vista ripetutamente a giro, a Superquark credo l’abbiano presentata 20 anni fa, e almeno 10 anni fa abbiamo visto il bus sperimentale che faceva servizio pubblico a Monaco di Baviera. Eppure, non si diffonde. Perché? Perché (lasciamo perdere i complotti dei petrolieri, almeno in questo caso), arrivati “al dunque”, sono evidentemente venuti fuori problemi, magari pure risolvibili, ma non in modo semplice ed economicamente conveniente. Magari saranno convenienti quando il petrolio costerà 200 dollari.
    Per questo voglio “toccare con mano”: come si può dare tutto il vostro affidamento ad una tecnologia di cui esiste al momento un unico prototipo, mai stata “operativa” in concreto, e che non ha ancora mai affrontato – per quel che fate vedere – una operatività in “modalità farm”? Io dubito molto molto che si riescano a manovrare vele con cavi di 2 km con la precisione necessaria, anche se non mi sfugge che abbiamo tante cose “complicate” che però funzionano (anche un motore termico, per dire, è tutt’altro che semplice, di sicuro ai primi progetti avrei dubitato alquanto che quella piccola scintilla potesse far muovere quello che vediamo oggi; oppure, per restare nel campo “volo”, le nostre Frecce Tricolori volano a distanze di ala di quanto? anche solo 20 metri credo, eppure riescono a non scontrarsi :-) ).
    Vi faccio augurissimi, ma non vi do’ cambiali in bianco ;-) ciao

  17. Osvaldo Forzini says:

    @eugenio saraceno
    Rispondendomi lei scrive: “La strategia più corretta è farli salire uno alla volta con un piccolo tempo di differenza l’uno dall’altro in modo che quando un kite inizia a ritirarsi nella fase passiva gli altri siano ancora in fase attiva. Questo risponde anche alla domanda sull’intermittenza”.
    La mia osservazione sulla “intermittenza” non riguardava questo aspetto, ma l’altro ben più “problematico” di quando “non c’è produzione” (perché non c’è vento o per qualunque altro motivo). Il dato vostro dà un’ipotesi di 5000-6000 ore annue, ma in un anno le ore sono 8760. Al momento, come ho scritto e per quel che ne so, tutte le rinnovabili hanno il problema di come fornire energia elettrica quando “non sono disponibili”, alcune più di altre (i pannelli di notte, il vento quando non c’è; anche l’idroelettrico quando non piove a sufficienza, ma è maggiormente “programmabile” perché gli invasi non si svuotano da un minuto a quello dopo). Diciamo che solo le biomasse, avendo un approccio “tradizionale” (cioè: come tutte le centrali che usano qualcosa di “stoccabile”: petrolio, gas, uranio ecc., non si affidano agli eventi meteo) hanno una “continuità produttiva” che può essere paragonata ad una centrale fossile.
    La strada mi pare ancora lunga. Auguri per il finanziamento della Regione Piemonte. Alla prossima O.F.

  18. Marco Bazzana says:

    @Osvaldo
    Ciao, l’esempio della macchina ad idrogeno mi sembra poco calzante, il grosso problema non è costruire la macchina, ma produrre l’idrogeno che come è noto non è una fonte di energia, ma solo un vettore, un sistema molto costoso per stoccarla. Per quanto riguarda l’intermittenza della produzione di energia essere superata con un sistema integrato di Kitegen, ovvero il vento su un singolo sito può garantire la produzione per 5000 ore, ma un sistema integrato di kitegen disposti su siti distanti centinaia di km permetterebbe una generazione di energia continua, perchè se qualche sito resta senza vento gli altri possono fornire l’energia mancante… da qualche parte il vento c’è sempre, non c’è mai un momento in cui su tutta Italia in alta quota non tira il vento. Cito l’esempio ipotetico di due carousel di 20 km in grado di produrre ciascuno il fabbisogno energetico del paese,uno nel nord Italia e uno nel sud, su uno di essi il vento ci sarebbe sempre e potrebbero garantire l’energia a tutta la nazione avendo a disposizione una rete di distribuzione adeguata.
    Marco Bazzana

  19. Alessandro P. says:

    Si, esatto. L’esempio di Marco credo sia un po estremo,
    ma c’era un post al riguardo su questo blog di Massimo Ippolito, proprio relativo alla disponibilita e continuitá di produzione, a seconda del numero e distanza dei siti produttivi:
    http://kitegen.com/2012/06/19/laccumulo-di-energia-secondo-kitegen/

  20. Mario M says:

    @Forzini

    Un esperto, un tecnico, un ingegnere del settore dovrebbe sapere in anticipo se una certa proposta tecnologica può trovare realizzazione pratica, oppure no.

    L’idrogeno, come è stato detto, non è una risorsa energetica, inoltre anche come vettore è altamente inefficiente; un tecnico dovrebbe saperle queste cose. Il fatto che per anni è stato propagandato e tante risorse sono state spese per lo sviluppo della relativa tecnologia dà l’idea di come la cultura tecnica sia caduta in basso.

    Ai tempi di Einstein, di Fermi ecc, gli scienziati scrissero una lettera al presidente Roosevelt affinché venisse finanziato il programma di ricerca nucleare (programma Manhattan), che da lì a pochi anni permise,purtroppo, la costruzione del primo ordigno nucleare. La storia si ripeté con Kennedy e con il progetto Apollo che portò l’uomo sulla luna.

    Comunque va anche detto che molte delle proposte per l’eolico di alta quota sono votate al fallimento; quelle ad esempio che portano i generatori in volo.

  21. Osvaldo Forzini says:

    Buongiorno di nuovo… a quel che so’ io, il “problema” dell’idrogeno non è tanto la sua “produzione”, ma la sua stoccabilità: è fortemente esplosivo, ed inoltre, come chiunque può immaginarsi, l’idrogeno è una delle più piccole molecole (anzi, è un atomo) in natura, per cui per sua “natura” appunto è complicato “trattenerlo”: è come avere uno scolapasta, gli spaghetti sono più grossi dei buchi, non passano, ma se ci mettiamo del semolino… comunque sia, in Germania addirittura hanno costruito un’autostrada “adeguata” alle auto ad idrogeno (credo ci siano piccole strutture che usano il fotovoltaico per produrre l’idrogeno), ma quando le questioni vanno poi per le lunghe… c’è qualcosa che non va.
    Riguardo il problema che “l’idrogeno non è un vettore energetico”, non capisco ma posso intuire. Però il mio era un esempio che si riferiva non solo ad una soluzione “energetica”, ma ad una soluzione “ecologica”, nel senso che l’auto ad idrogeno risolve se non altro (come quella elettrica) il problema “inquinamento” nelle città, per dire, visto che scarica acqua.
    Quindi: abbiamo un problema (l’inquinamento da carburanti fossili), abbiamo una possibile soluzione già pronta, ma poi nella realtà per vari motivi non la applichiamo. E stiamo parlando ripeto di una tecnologia “pronta”.

    Riguardo la questione “soluzione all’intermittenza”, premesso che mi avete attribuito di essere “gentile”, e vi ringrazio, però devo essere anche sincero: se la soluzione proposta all’intermittenza è quella di avere una seconda farm a distanza di qualche centinaio di km… non mi sembra una soluzione di grande “efficienza”. Cioè, state scrivendo che per la Alcoa quindi sarebbe necessario una seconda centrale… e perché allora non una terza? Quindi, che facciamo, ricalcoliamo i costi? Doppia/tripla centrale, tutta la struttura di collegamento e coordinamento… no: mi pare che non ci siamo. Al momento, mi sembra che ogni “soluzione” comporti una “complicazione” e dunque si torna al punto di partenza: cioè, che serve comunque una centrale “ad energia a disponibilità affidabile – biomassa, metano, petrolio – “, il resto per ora son desideri, visto che volenti o nolenti la rete nazionale quella è, e (per quel che leggo) le “famose” credo si chiamino smart-grid, insomma le reti “adeguate”, a struttura diffusa/decentrata – semplificando – ad utilizzare l’energia da fonti rinnovabili non ci sono (tant’è che ho letto che in Puglia i produttori mi pare da pale eoliche hanno citato Enel – o forse Terna, o il GSE, ora non ho sottomano – perché in sostanza non sarebbero messi in grado di fornire alla rete tutta la produzione “possibile” per colpa dell’infrastruttura non adeguata).
    Al momento quindi abbiamo “il giacimento energetico”, avete anche una soluzione che potrebbe dare dei risultati, ma rispetto a questi ultimi mi pare vi sia un eccesso di ottimismo. Certo, il giorno che vedrò in funzione reale una “farm”, allora potrò tagliare un bel pezzo dei miei dubbi.
    Resta ripeto l’enorme (a mio parere: sono laureato in… naso) problema della continuità produttiva. Da questo punto di vista, forse la soluzione sarebbe quella di “ridimensionare” le aspettative e mirare ad obiettivi diversi. Per esempio, a parte che usare come batteria dei supercondensatori (ho letto che questa sarebbe una delle vostre soluzioni), una strada potrebbe essere quella di usare i Kitegen non tanto per la produzione “in tempo reale”, ma per la “ricostituzione dei bacini idroelettrici”, e questi ultimi dovrebbero essere quelli che garantirebbero la produzione “con continuità”, anche in caso di assenza del vento. Naturalmente, pensare di costruire “ad hoc” una centrale idroelettrica per gestire la produzione dei Kitegen, mi pare come scritto sopra una “soluzione/complicazione”, ma in Italia abbiamo la fortuna di avere (credo) già molti bacini idroelettrici (non vorrei sbagliare che siano molti anche in Svizzera), potrebbe essere forse una delle strade più semplici per l’immagazzinamento dell’energia prodotta dai Kitegen.
    Credo di avervi proprio sfinito… ;-) . Ripeto: buon lavoro. Spero davvero possiate avere i fondi necessari per sperimentare in modo soddisfacente la soluzione, ferme restando tutte le mie perplessità. Diciamo che probabilmente non siete la bacchetta magica, ma parte della soluzione di un problema, dove ci stanno anche il fotovoltaico, l’idroelettrico, le biomasse e NON, speriamo, il nucleare… Cordialità

  22. eugenio saraceno says:

    @Osvaldo,
    Apprezzo le osservazioni costruttive quindi le rispondo sperando di alleviare qualche dubbio.
    Lei scrive:

    <>

    Capisco cosa la turba, se alle 15 lo stabilimento ha bisogno di 200 MW ma c’è poco vento, diciamo che la farm produce solo 100 MW quindi si dovrebbero installare altre farm per garantire in qualche modo i 200 MW.
    Ma questo è un ragionamento in potenza, valido se siamo Terna e dobbiamo gestire la rete istante per istante. Se siamo Alcoa ed abbiamo un contratto bilaterale con una società kitefarm che ci fornisce (ad es.) fino a 200 MW ad un prezzo prefissato di 25 euro/MWh non è che per contratto questa energia deve istante per istante provenire esattamente dalla kitefarm, siamo connessi alla rete, abbiamo un fornitore e un contratto, se il fornitore in quel momento sta autoproducendo l’energia o la sta comprando da un altro distributore a prezzi di mercato sono problemi del fornitore. Del resto, visto che la produzione sarà variabile ci saranno degli istanti, magari alle 17, in cui si produrrà molto di più del fabbisogno di Alcoa e tale energia sarà venduta a prezzo di mercato ad altri clienti bilanciando il conto economico che alle 15 è andato in rosso perchè ho comprato a 100 e venduto a 25. Ci pensa il gestore di rete a garantire che ai morsetti di Alcoa ci siano in ogni istante i MW necessari, il fornitore kitefarm deve fare un bilancio in energia, non in potenza, garantendo di produrre in un anno più energia di quella che il cliente consumerà, altrimenti cedendo al prezzo prefissato di 25 euro/MWh ci andrà a rimettere dovendo ricorrere al mercato. Quindi tutto sta nel dimensionare la kite farm con una produttività MEDIA annua che consenta di raggiungere il fabbisogno annuo del cliente, l’eventuale fluttuazione della produzione del fornitore non è un problema per il cliente energivoro e nemmeno per il gestore della kitefarm che può acquistare gli ammanchi sul mercato, ma del gestore di rete che deve assicurare istante per istante che la potenza assorbita dai carichi della rete eguagli al netto delle perdite quanto immesso. E’qui che interviene il discorso della seconda farm a distanza di alcune centinaia di km. Per l’iniziativa proposta su Alcoa questa seconda farm NON è necessaria, ho già detto che se in un certo istante non mi basta la potenza la compro dalla borsa elettrica, quando produco troppo vendo in borsa elettrica. Sarà Terna a dire agli impianti di riserva se attivarsi o meno per annullare queste futtuazioni Spero che questa cosa dei contratti bilaterali sia chiara e non mi dilungo. Ora dal lavoro di Archer e Caldeira sappiamo che il vento di alta quota può fluttuare di alcune centinaia di km in tempi puù o meno lunghi. Immaginate un fiume che cambia lentamente corso in centinaia d’anni ma non è che cambia continente, si sposta di alcune centinaia di metri dal vecchio alveo. Riportandolo ai venti d’alta quota la scala dei tempi è senz’altro inferiore e quella delle distanze è superiore ma il concetto è lo stesso. Esistono in atmosfera flussi formati da masse d’aria in movimento, come i fiumi hanno velocità maggiori al centro e minori in periferia, come i fiumi si spostano ma non lo fanno (e come potrebbero??) istantaneamente perchè hanno masse ed inerzie che non lo consentono. Tanto per fare un esempio e fissare le idee il centro più veloce di questo flusso potrebbe muoversi di 500 km in tempi che vanno da qualche ora a qualche giorno. Questo significa che se io posiziono due farm a 500 km di distanza almeno una sarà investita dal flusso più veloce mentre l’altra è meno alimentata, poi magari in 15 ore la situazione gradualmente si inverte; nel frattempo la somma delle due farm avrà immesso in rete una potenza più o meno costante. Questo è molto positivo per i gestori di rete, vuol dire che si avrà un’immissione stabile di potenza. Tanto per fissare le idee potremmo considerare la farm asservita ad Alcoa nel sud della Sardegna ed un’altra ipotetica, magari di un altro proprietario, asservita a Lucchini in Toscana a qualche centinaio di km di distanza. Vorrà dire che istante per istante la somma delle potenze immesse dalle due farm, per quanto trovato da Archer e Caldeira è approssimativamente costante. Questo facilita il lavoro del gestore di rete che sa di poter sempre dispacciare una certa potenza con buona probabilità a patto che la capacità della rete lo consenta. Ovviamente aumentando il numero di impianti la probabilità di dispacciamento aumenta perchè le fluttuazioni si compensano sempre meglio. Spero di aver chiarito un pò meglio la differenza tra responsabilità di gestione della rete in merito a tipologie di impianti con produzione variabile (dispacciamento di potenza e bilanciamento) e gestione di un contratto commerciale (fornitura di energia), con cui la gestione dell’intermittenza ha poco a che vedere.

  23. Marco Bazzana says:

    @Osvaldo
    Per quanto riguarda l’idrogeno, si dice che è un vettore di energia e non una fonte poichè non esistono in natura giacimenti pronti di H2, l’idrogeno seppur abbondantissimo si presenta sempre in molecole con altri elementi, per produrre l’idrogeno puro, cioè la molecola H2 serve energia, l’idrogeno serve solo per accumulare questa energia e poterla riutilizzare in un secondo momento.
    Una fonte di energia rinnovabile e a basso costo è alla base di tutto il discorso sull’idrogeno, che resta comunque un sistema poco economico anche come vettore; usare il fotovoltaico che di per se è una fonte di energia molto costosa per produrre idrogeno è tecnicamente possibile ma economicamente sconveniente, non abbiamo attualmente a disposizione una fonte di energia rinnovabile tanto economica da rendere sostenibile la produzione di idrogeno su larga scala, per questo non decolla.
    A questo si aggiunge il fatto che è instabile e potenzialmente esplosivo, ma questo problema credo sia stato tecnicamente risolto sulle auto ad idrogeno già prodotte.

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