Dialoghi sull’energia

di Giancarlo Abbate

Questo articolo, e altri che probabilmente seguiranno, sono un resoconto (quasi) fedele di una serie di recenti conversazioni tra due appassionati di energia. I due, Mario e Giorgio, abitano in una città del nord Italia, sede di un’università e con una notevole presenza di piccole e medie industrie tecnologiche. Il primo (M) è un tecnico elettronico/elettrotecnico e buon programmatore, ha tra i 45 e i 50 anni, il secondo (G) venticinquenne sta scrivendo la sua tesi (non so bene se magistrale o di dottorato) in una disciplina scientifica. Mario e Giorgio si incontrano a volte durante l’intervallo di pranzo, hanno fatto amicizia e discutono di energia, ambiente e del futuro dell’umanità. Qualche tempo fa Giorgio ha iniziato a registrare alcune di queste conversazioni ed io, con il loro consenso, ne propongo questa rielaborazione scritta. Ho fatto la loro conoscenza grazie al comune interesse per l’eolico troposferico come fonte primaria di energia e per la tecnologia KiteGen come promettente strumento per il suo sfruttamento.

1. La cultura dell’energia.

M     Sto pensando alla curiosa maledizione che incombe sul dibattito sull’energia e alle responsabilità dei divulgatori, spesso improvvisati.

G      A cosa ti riferisci precisamente?

M     In un articolo Carlo Stagnaro si domanda: “Perché si dicono tante sciocchezze nel dibattito energetico in Italia?“. Vi si può leggere questa frase: “Il dibattito sull’energia è abbastanza carente più o meno a tutte le latitudini, anche se alle nostre più che ad altre. Per giunta, l’argomento dell’ignoranza può valere per il pubblico in generale, ma non per gli esperti interpellati dai giornali.”
Sono assolutamente d’accordo con questa riflessione. Chi sono questi esperti? perché parlano così tanto e così spesso ed a sproposito di energia, di risparmio energetico, di fonti rinnovabili e fossili? L’energia è certamente una materia complessa ma è deterministica, non c’è spazio per le opinioni. Gli pseudo-divulgatori però si impegnano con una presenza assidua su tutti i mezzi a disposizione con la convinzione di diffondere il verbo e se da un lato i professionisti dell’energia non hanno certamente bisogno delle loro opinioni e le ignorano o tutt’al più ne vengono infastiditi, dall’altro il pubblico non specialista viene infarcito quasi sempre di false credenze o esagerazioni.

G      Beh, forse anche tu esageri. In primis, ci dovrebbe essere sempre spazio per opinioni diverse e casomai, argomentando, si possono confutare quelle sbagliate. Poi, anche i professionisti possono dire sciocchezze e fare scelte sbagliate.

M       Si certo, ma vorrei farti un paio di esempi concreti ed evidenti di sciocchezze annidate in articoli, post e vari documenti disponibili in rete, affermazioni che non solo impattano negativamente sul progetto KiteGen di sfruttamento dell’eolico troposferico ma danneggiano il futuro di noi tutti. Il primo è un ponderoso e blasonato documento firmato dal dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano:

Wind Energy Report, Il sistema industriale italiano nel business dell’energia eolica.

Cito da pagina 19 di questo report:
1.1 Il principio di funzionamento, la struttura ed i costi di un impianto eolico

E’ il sole il vero “motore” dell’energia eolica, giacché è proprio dal differente assorbimento di energia solare in diverse zone dell’atmosfera terrestre e quindi dal conseguente differenziale di temperatura e pressione che si generano i venti, in tutte le possibili varianti dovute alle caratteristiche locali e all’orografia del suolo.

Su base annuale, circa il 2% delle radiazioni solari vengono effettivamente convertite in correnti aeree – e quindi sono possibile fonte di energia eolica – per un corrispondente valore di oltre 2 mld tep.

Considerando tuttavia la quota parte di questa energia che può essere, almeno dal punto di vista teorico, effettivamente sfruttata per la produzione di energia elettrica (e quindi ad esempio escludendo le correnti di media/alta quota) è necessario ridurne di quasi il 95% il valore: in buona sostanza l’energia eolica effettivamente sfruttabile può essere stimata in circa 100 mln tep all’anno. Il potenziale è quindi estremamente rilevante….

G      Cos’è che non va in queste affermazioni? L’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano che ha pubblicato questo documento gode di un’ottima reputazione ed ha pubblicato negli anni numerosi report e documenti di alto livello sull’energia, utilizzati anche dal Governo e dalle amministrazioni pubbliche.

M     E’ proprio questo il punto! Il project manager del ponderoso quanto discutibile documento, Riccardo Terruzzi, è certamente informato sull’immenso giacimento eolico troposferico e sull’attività di sviluppo industriale di KiteGen per arrivare al suo sfruttamento. Nonostante ciò sembra abbia preferito lasciarvi errori imperdonabili ed inconcepibili per chi pretende di porsi come esperto di energia nonché consigliere governativo di politiche energetiche. Andando nel dettaglio degli errori, il primo è davvero clamoroso: il Report afferma che su base annuale il contenuto energetico totale dei venti atmosferici è oltre 2 mld tep ma questo numero è sbagliato, per difetto, di un fattore 1000! Tre ordini di grandezza, capisci? Stime ragionevoli si trovano in molti articoli scientifici, come quello storico di Gustavson del 1979 su Science.

G      Conosco quel lavoro di Gustavson, si basa su approssimazioni ragionevoli, è chiaro e le sue stime sono tuttora valide; d’altra parte mi sembra incredibile che il Report dell’Energy & Strategy Group possa essere sbagliato di tre ordini di grandezza. In ogni caso il conto è semplice e lo possiamo rifare in due minuti.

M     Detto, fatto. La costante solare, cioè la quantità di energia irradiata dal Sole che raggiunge in ogni secondo un m2 di superficie della Terra, è di 1366 W/ m2, il pianeta terra durante la rotazione espone continuamente 127  milioni di km2 il che equivale a 173000 TW di radiazione incidente di cui circa il 2% alimenta i venti ovvero 3460 TW (1 TW=106 MW).

G      OK, dalla potenza passiamo all’energia ottenibile in un anno moltiplicando per le 8760 ore annuali ed otteniamo la stima dell’energia solare convertita in vento in 30300 PWh all’anno (1 PWh=106 GWh). Ciò basterebbe per la verifica ma gli economisti (e gli ingegneri gestionali) per complicarci la vita preferiscono usare le tonnellate equivalenti di petrolio, tep, dove 1 mld tep vale circa 11 PWh. Quindi in conclusione il vento atmosferico custodisce una ricchezza rinnovabile di 2750 miliardi di tep, ovvero un fattore 1000 superiore al dato riportato nel Report dell’Energy & Strategy Group. Hai veramente ragione è un errore madornale.

M      Questo errore è non solo fuorviante e contraddice ciò che la scienza dell’atmosfera sostiene, ma porta con sé anche il danno aggiuntivo di vanificare l’effetto cognitivo della comparazione con il fabbisogno umano corrente di energia che si assesta intorno ai 12 mld di tep/anno.

G      In sostanza, secondo i dati del Report citato tutta l’energia eolica terrestre è appena un sesto del fabbisogno annuale dell’umanità, che è stimabile in circa 12 mld di tep, con l’inevitabile conseguenza di relegare questa fonte ad un ruolo marginale, poiché solo una piccola frazione dell’intero serbatoio energetico può essere effettivamente sfruttata. In realtà però, correggendo l’errore, il serbatoio eolico corrisponde a circa 200 volte il fabbisogno e può a buon diritto assurgere al ruolo di principale fonte energetica primaria. Un grande errore porta con sé grandi conseguenze negative! Ma tu hai parlato di “errori” al plurale. C’è qualche altra affermazione che con va in quel report?

M     L’altra bizzarra frase di quel documento è quella che da per scontato che il vento che può essere sfruttato dal punto di vista “teorico”, e ripeto teorico, vede l’esclusione dell’alta e la media quota, pur ammettendo che contengono il 95% dell’energia, ovvero 20 volte ciò che è disponibile all’eolico convenzionale, per poi costruire i ragionamenti dell’intero documento basandoli solo sui sussidi pubblici.

G      Qui tocchi un tasto per me particolarmente sensibile. Questa impostazione inficia la validità di tutto il documento, nonostante in esso si possano trovare molti dati utili, in quanto i sussidi, benché dannosamente pantagruelici, sono stati congegnati con la speranza di far percorrere velocemente le curve di apprendimento economiche e tecnologiche alle fonti beneficiarie, per vederle competere in autonomia, e non come una condizione strutturale.

M     Ma se la risorsa eolica troposferica (cioè alta e media quota), come sottolineato nel documento, è 20 volte quella disponibile a 100/150 m, non è difficile capire che le prestazioni economiche di un generatore specifico seguiranno la stessa proporzione. Sul conto economico la colonna dei ricavi è da moltiplicare, e suppongo molto più di 20 volte.

G      Si, ma stai tralasciando il non banale fatto che non esiste in attività un generatore specifico per la media ed alta quota e, se esistesse, cioè se le macchine in costruzione presso KiteGen entrassero in funzione entro quest’anno, bisognerebbe comunque valutare anche la colonna dei costi per asserirne la reale convenienza.

M     So che la tua è una provocazione ma la voglio cogliere ugualmente. Almeno in linea “teorica” l’energia da fonte troposferica potrebbe costare anche 30 volte meno dell’eolico tradizionale ovvero 10 volte meno del carbone. E’ ragionevole prevedere che i primi generatori di energia da eolico troposferico produrranno ad alti costi nel loro primo anno di vita (ti ricordi il costo a MWh dei primi pannelli foto voltaici?). Tuttavia, attendendo la fine di un breve, ma questa volta efficace, periodo di apprendimento tecnologico ed economico delle macchine, è altrettanto ragionevole stimare un costo dell’energia più basso di qualunque altra fonte o tecnologia attualmente esistente, poiché il limite teorico di miglioramento è realmente molto alto.

G       Proponi forse incentivi statali anche per l’eolico troposferico?

M     Degli incentivi parleremo la prossima volta. Ora voglio sottolineare l’importanza di far comprendere a tutti, esperti e non, l’enorme potenzialità dell’eolico troposferico e cosa sta realizzando il gruppo di lavoro che si raccoglie intorno al progetto KiteGen per arrivare a sfruttare questo giacimento, non solo ricco ma soprattutto rinnovabile e pulito.

G      Forse sei troppo ottimista. La comunicazione sull’energia e sui danni ambientali e climatici assomiglia ad una guerra con bombardamenti continui dalle opposte fazioni. Il pubblico ne è frastornato e spaventato. Personalmente ritengo molto difficile che una comunicazione razionale ed argomentata riesca ad avere grande risonanza pubblica.

M     Tuttavia non è saggio lasciare che i soli “esperti” che dibattono, anzi si azzuffano, pubblicamente siano da una parte chi ha interessi nei combustibili fossili e dall’altra chi diffonde strampalate idee di austerity, anche detto risparmio energetico, e smart grid con improbabili accumuli elettrochimici. Un modo per capire se si è di fronte ad un vero esperto di energia è proprio quello di sentire quale opinione hanno sull’eolico troposferico.

G      Per quel che mi risulta la maggioranza risponderà di non saperne nulla.

M     Ed io questo non posso proprio accettarlo. Un “esperto” non può avere questa lacuna. Un “esperto” ha il dovere di essere informato ed aggiornato su tutte le frontiere tecnologiche del settore, in particolare se sono così promettenti. Ma passiamo al secondo esempio, cioè l’intervento di Luca Pardi, presidente dell’associazione per lo studio del picco del petrolio, recentemente apparso sul blog Risorse Economia Ambiente:

cito da questo post:

“Nessuna infrastruttura energetica può essere costruita, fatta funzionare, manutenuta e smantellata senza il fondamentale apporto dei combustibili liquidi di origine petrolifera.”

“Non ci chiediamo quindi quale sia l’alternativa possibile al petrolio. Non esiste.

G      Un altro campo minato in cui l’amore per la razionalità rischia di venir offuscato dallo spirito di appartenenza.

M      Quindi Pardi ci informa che il problema (NdA: di affrontare il raggiungimento del picco) non è tecnico in quanto non esistono sostituzioni ai combustibili liquidi di origine petrolifera. A parte la curiosa affermazione, mi chiedo veramente che bisogno ha Luca Pardi di allinearsi con coloro che tentano di danneggiare il lavoro tecnico di tutti i laboratori di ricerca che in ambito chimico stanno cercando di rendere il più efficiente possibile la sintesi artificiale dei combustibili liquidi.

G      So che la sintesi di combustibili liquidi, ad esempio da gas naturale, è già una realtà e sembra che alcuni processi industriali siano vicini al 30% di efficienza. Tuttavia questi processi consumano molta energia elettrica per cui l’alto costo finale del prodotto ne impedisce l’utilizzo commerciale su vasta scala.

M     Infatti, ma il ragionamento fatto prima sull’eolico troposferico rappresenta l’anello mancante per chiudere la catena. Se la presenza di un altro giacimento di energia, grande e rinnovabile, e soprattutto la sua accessibilità diventasse rapidamente patrimonio comune di tecnici, economisti e politici, non sarebbe difficile percorrere in pochi anni la curva di apprendimento economico fino ad arrivare al costo atteso dell’energia elettrica sotto ai 10$ al MWh.

G      E a quel punto il combustibile liquido di sintesi sarebbe una realtà economicamente conveniente ed il fracking una follia obsoleta. Ma c’è anche di più. Chi, come Pardi, sembra opporsi anche al “principio” che l’energia elettrica possa essere prodotta a quel costo, danneggia anche chi lavora per un modello tutto elettrico della nostra società che sarebbe in grado di proporre una nuova rivoluzione industriale. Riconversione dei sistemi di riscaldamento domestico a pompa di calore, la mobilità elettrica, i processi industriali elettrici diventerebbero non solo fattibili ed ecosostenibili ma anche economicamente convenienti.

M     E lo diventeranno se la razionalità prevarrà sugli interessi personali e sulla partigianeria. Il costo di produzione del barile di petrolio che sia sintetico o estrattivo non può e non deve superare un valore nell’ordine di una decina di dollari. In caso contrario esso resta recessivo e le economie del mondo non possono che avvitarsi in una spirale di grave indebitamento, di demolizione delle conquiste della civiltà e negando definitivamente qualunque possibilità di progresso alle economie periferiche.

G  10$?   Per lo shale oil questa soglia potrebbe essere difficile da raggiungere e ciò mette in discussione le scelte strategiche degli USA. Ma credo che ci stiamo addentrando in un discorso di economia che merita una discussione tutta per sé e le cifre citate sui costi estrattivi richiedono una più approfondita argomentazione, per oggi possiamo finirla qui.

L’autore (G.A. …) condivide l’impostazione concettuale e le conclusioni generali del dialogo tra Mario e Giorgio e demanda ai lettori eventuali commenti sulle loro singole affermazioni.

[ndr.] il post è apparso originariamente su iMille.org

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