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KiteGen è tra gli 8 Breakthroughs tecnologici selezionati da National Geographic e può essere una “soluzione magica” secondo Bill Gates

Gli ambiziosi traguardi negoziati nell’ambito del COP21 recentemente conclusosi a Parigi hanno entusiasmato il pubblico mondiale ma molti sono rimasti interdetti dalla polemica tra Deployers ed Innovators, nata a margine della conferenza e che sta ancora infiammando la discussione sulle Clean Energies.
In sostanza gli Innovatori, tra i quali si schiera Bill Gates, cofondatore della Breakthrough energy coalition pur condividendo gli obbiettivi della Conferenza sostengono che le attuali tecnologie energetiche “pulite” non sono in grado di consentire il raggiungimento degli obbiettivi prefissati dal COP21 in quanto troppo costose (in particolare per i paesi poveri che, pur essendo tra i più bisognosi di energia per svilupparsi, non sono in grado di pagare i sontuosi sussidi necessari alle attuali tecnologie eoliche e solari per sostenersi economicamente) e che l’impegno economico debba essere principalmente profuso in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie energetiche migliorate ed a basso costo. Quelle che lo stesso Bill Gates definisce Energy Miracles
I Deployers (“gli installatori”) al contrario si aspettavano da COP21 un rinnovamento delle politiche di sussidio bruscamente interrotte a causa della crisi economica dai paesi come Germania, Spagna e Italia che sono stati più generosi negli incentivi all’energia pulita, provocando un rallentamento del settore che sta seminando morte e distruzione tra le compagnie un tempo leader del settore clean energy, una lista di fallimenti eccellenti che va da Solyndra ed altri numerosi casi alla Abengoa , ultima in ordine temporale con un buco di oltre 20 miliardi di €.
La posizione degli innovators si sta rafforzando man mano che si delinea chiaramente come gli attori del settore avessero prosperato in virtù di una bolla finanziaria generata dagli incentivi alla produzione e dagli investimenti attirati dalla promessa di guadagni garantiti dagli stessi sussidi governativi e che, una volta terminati quelli, la bolla scoppia vaporizzando molti investimenti. L’intento dell’istituzione dei sussidi alla produzione fu quello di agire sui costi industriali di tecnologie già presenti sul mercato aumentando la scala della produzione per ridurre i costi fino a renderle sostenibili ma, come ho argomentato qui , dopo circa 10 anni dall’inizio dei primi programmi feed-in tariff possiamo ricavare che tale intento non è stato raggiunto; il sistema ha ancora bisogno di essere incentivato ma le risorse per farlo sono sempre più scarse. Esiste un argomento logico per spiegare l’inefficacia del sussidio alla produzione rispetto al finanziamento della ricerca e sviluppo. Dal punto di vista tecnologico il sussidio alla produzione “cristallizza” una tecnologia che si trova ancora a livello precompetitivo agendo solo sulla leva del costo di produzione e distoglie risorse che sarebbero necessarie a produrre gli avanzamenti necessari alla maturazione della tecnologia. Dal punto di vista energetico il denaro utilizzato per i sussidi proviene dalle tasse o da componenti tariffarie aggiuntive imposte agli utenti del sistema elettrico. Esso è stato guadagnato facendo uso di energia fossile in ragione del tasso di intensità energetica relativo al paese che concede i sussidi. In altre parole per sussidiare la produzione di energia pulita si obbligano i contribuenti a consumare energia di origine fossile perché è l’unico modo che hanno per produrre la ricchezza necessaria a generare sufficienti risorse per consentire i sussidi. Questo paradosso può essere riassunto e generalizzato nell’affermazione che le fonti energetiche che necessitano di incentivi per stare sul mercato sono dei derivati delle fonti energetiche competitive sul mercato.
Questi concetti sono chiari agli esponenti degli Innovators che infatti rifiutano l’approccio basato sui sussidi alla produzione e caldeggiano l’innovazione allo scopo di raggiungere l’obbiettivo di tecnologie pulite a basso costo, anche a costo di dover postecipare l’introduzione dell’energia rinnovabile nei paesi poveri.
Lo stesso Bill Gates in una recente intervista al Financial Times individua diverse tecnologie che, se supportate e sviluppate, hanno le caratteristiche di energy miracles e tra queste spicca l’eolico d’alta quota definito una “soluzione magica”.
Anche per National Geographic le attuali tecnologie solari ed eoliche non sono sufficienti, la prestigiosa rivista si schiera dalla parte degli Innovators selezionando KiteGen ed alcuni suoi competitor tra le otto tecnologie destinate a plasmare il mondo dell’energia del futuro.

Audizione parlamentare di KiteGen Resarch sulla Green Economy


Il 21-03-2014 si è tenuta l’Audizione di KiteGen Resarch presso le commissioni riunite Attività Produttive ed Ambiente della Camera dei Deputati nell’ambito del programma di audizioni dedicato alla Green Economy.

click qui per ascoltare l’audio dell’intervento

Di seguito riportiamo il testo integrale del documento presentato alla commissione.

Grazie Presidente, Onorevoli Deputati,

Al netto delle problematiche di tipo ambientale, l’accesso a fonti energetiche a basso costo è fondamentale nello sviluppo socio-economico. Il contenuto energetico – diretto ed indiretto, quello che si suol dire Emergy o energia incorporata – di ogni bene e servizio prodotto, distribuito e commercializzato è spesso tale da determinarne il prezzo di vendita quindi, a parità di reddito, l’aumento o la contrazione della domanda.
L’energia è inoltre un bene solo assai limitatamente sostituibile (dalla tecnologia principalmente) quindi sfugge alle logiche economiche basate sulla dinamica prezzo/sostituzione. All’ampia disponibilità di energia a basso costo ha seguito il tumultuoso periodo di crescita economica e di sviluppo umano registrato nel dopoguerra, così come la perdurante crisi odierna, tanto più evidente in paesi come il nostro, pressoché privi di risorse energetiche, è ricollegabile all’alto livello dei prezzi delle risorse energetiche. Alto livello raggiunto per ragioni strutturalmente inerenti alla riduzione di disponibilità di risorse energetiche facili da estrarre ed alla necessità di ingenti investimenti per intraprendere lo sfruttamento di risorse meno accessibili. Tale considerazione ci fa affermare che se anche la riduzione del prezzo dell’energia dovuto alla distruzione della domanda conseguente alla crisi dovesse stimolare una nuova, timida, ripresa, l’effetto dell’aumento di domanda energetica dovuto a quest’ultima non tarderebbe ad intervenire, vanificando ogni progresso. Ed è vano, in tale contesto, invocare quelle misure anticicliche di intervento pubblico poiché le risorse per dette misure dovranno essere attinte da un futuro sviluppo economico che non avrà luogo per le premesse descritte, risolvendosi in un mero aumento del debito la cui probabilità di rientro diminuisce progressivamente.
Se consideriamo la sfera economica ricompresa nel più ampio contesto eco-ambientale e poniamo la nostra attenzione sui principali problemi che il genere umano si trova a fronteggiare e che sono di una tale gravità da metterne, per la prima volta nella storia, a repentaglio l’esistenza, problemi quali acqua, cambiamenti climatici, rifiuti, povertà e malnutrizione, sviluppo e dignità umana, possiamo affermare che, per ciascuno di questi, esiste una soluzione legata alla piena disponibilità di energia pulita a basso costo. Lo sviluppo della green economy risulta quindi non solo un’opzione ma anche una necessità per il rilancio dell’economia, a condizione tuttavia che le nuove tecnologie di generazione (da fonte rinnovabile) siano intrinsecamente (ancorché anche solo potenzialmente), “vantaggiose” da un punto di vista sia economico che energetico, diversamente risulteranno inabili a contrastare tale tendenza e, ove sovvenzionate, rappresenteranno un mero costo per la collettività, come già argomentato.
Il recente rapporto di Assoelettrica (1) evidenzia come dal 2012 al 2013 la riduzione della produzione termoelettrica si attesti intorno ai -28,8 TWh di cui 10,4 imputabili al calo della domanda e 18,4 alla sostituzione con fonti rinnovabili. Ai prezzi correnti del gas, approssimativamente 0,3 euro per metro cubo, il combustibile per produrre tale quantità di energia sarebbe costato circa 1,1 mld di euro. Il quinto conto energia si è chiuso al raggiungimento dei 6,7 mld di sussidio annuo che, ripartito sui 22.146 MWh di energia prodotta dagli impianti fotovoltaici, produce un costo medio di 300 euro MWh ovvero la sostituzione del termoelettrico con il fotovoltaico nel 2013 è costata 5,56 mld di euro di oneri di sistema ridistribuiti sulle bollette degli italiani facendo sì che il vantaggio della riduzione del PUN, sceso a 65 euro/MWh non abbia alcun effetto sul costo dell’energia alla distribuzione.
Questi 4,46 mld di euro di maggiori costi, detratto il combustibile risparmiato, dovrebbero rappresentare il vantaggio ambientale, che non siamo in grado di calcolare con esattezza ma che si realizzerà durante l’intero ciclo di vita degli impianti mentre il carbone utilizzato per produrre i pannelli, in massima parte cinesi, è stato già bruciato arrecando un danno immediato che ci proponiamo di sanare nei prossimi 20 anni. Peraltro non siamo gli unici a criticare il meccanismo dei sussidi, i tedeschi dell’Institute for Energy Research hanno pubblicato un report (3) in cui, sulla base dei dati relativi all’ampia esperienza tedesca, argomentano che ‘Il principale meccanismo di supporto alle energie rinnovabili, basato sulle tariffe feed-in, in fatti, impone alti costi senza produrre alcuno dei supposti benefici sulle emissioni, l’occupazione, la sicurezza energetica o l’innovazione tecnologica’.
In particolare sull’ultimo supposto beneficio, essendo in prima linea sul fronte dell’innovazione tecnologica, ci troviamo particolarmente d’accordo nel sottolineare come il meccanismo del conto energia abbia stimolato non già la ricerca di soluzioni più avanzate e sostenibili nell’ambito delle tecnologie rinnovabili ma abbia cristallizzato quelle tecnologie ancora immature ma già profittevoli tenendo conto dell’incentivo, sterilizzandone di fatto ogni progresso e spostando gli investimenti dalla necessaria ricerca e sviluppo alla produzione di massa di sistemi che, non reggendosi su basi economiche sostenibili, hanno perso ogni attrattiva quando i principali paesi contributori, tra cui l’Italia, hanno rallentato le sovvenzioni; come dimostra la lunga catena di fallimenti delle aziende solari in Europa, America ed ora anche Cina.
Ci avete interpellato per conoscere la nostra posizione in merito alla Green Economy e sentiamo il dovere e l’enorme responsabilità di rispondere adeguatamente, non solo denunciando ciò che, a nostro avviso, per citare il punto 7 del programma della presente indagine costituisce un “profilo problematico del modello di sviluppo green economy”. Siamo qui per affermare che Il giacimento di energia pulita a basso costo è sempre esistito, si dispiega su di noi sotto forma di immense quantità di energia solare trasformata in nobile energia meccanica mediante il più grande “pannello solare” a nostra disposizione: l’atmosfera terrestre. Un pannello che può essere definito fotocinetico anziché fotovoltaico, sempre pronto all’uso e manutenuto gratuitamente dalla natura. La rivista Nature Climate Change (2) nel settembre 2012 stimava la potenza estraibile dal vento troposferico, senza apprezzabili modifiche climatologiche, in valori prossimi a 1800 TW, ovvero più di cento (100) volte, in termini di flusso energetico, l’attuale fabbisogno di energia primaria dell’intera umanità (stimato in circa 16-18 TW).
Sulla sola Italia fluisce una potenza totale intorno ai 100 TW. Ipotizzando di riuscire ad estrarre e rendere disponibile lo 0.1% continuo (100 GW) da tale giacimento, l’energia ottenibile corrisponderebbe ad oltre 800 TWh all’anno, valore equivalente ad una produzione netta di ricchezza endogena stimabile in 60 miliardi di euro l’anno (cifra analoga alla bolletta energetica italiana).
La maggior parte di questa risorsa è presente ad altezze dal suolo superiori ai 500-1000 m, ove l’effetto frenante dell’orografia è meno importante, tuttavia le tradizionali turbine eoliche non sono in grado di raggiungere tali altitudini e, pertanto, accedono solo alla parte meno conveniente della risorsa. Il recente sviluppo di tecnologie che possiamo considerare abilitanti o “enablers” per lo sfruttamento del giacimento eolico di alta quota, come i materiali polimerici ultra resistenti, le tecnologie dei compositi e la riduzione del costo del supercalcolo parallelo ci hanno consentito di sviluppare un ampio insieme di brevetti sul concetto KiteGen eolico d’alta quota e di avviare lo sviluppo industriale di questa tecnologia che consentirà di sfruttare l’immenso giacimento fornendo finalmente l’energia pulita a basso costo di cui abbiamo ravvisato l’indispensabilità ai fini dell’opportunità di ‘un’economia verde per uscire dalla crisi’.
Nell’ambito di un importante accordo con una società Saudita, siamo impegnati in un programma che prevede entro il 2014 di installare i primi impianti KiteGen e di raggiungere, entro il 2017 il traguardo del costo di produzione dell’energia di 10 euro/ MWh.
D’altro canto il detenere la priorità sui più rilevanti concetti relativi all’eolico d’alta quota comporta una pesante responsabilità in carico a KiteGen stessa e soprattutto al sistema Italia poiché i brevetti hanno scoraggiato gli investimenti anche di possibili competitori, precludendo il diritto di sfruttamento in quanto esclusiva di KiteGen, e sottraendo al mondo la via maestra per trovare rapidamente la soluzione alla crisi economica globale.
E’ dunque necessario agire in fretta, anche da parte delle istituzioni, per non vanificare i nostri sforzi nel mantenere italiana la tecnologia KiteGen. Era infatti nostra convinzione che, per l’importanza degli obbiettivi prefissati, le risorse impiegate nel progetto dovessero essere pubbliche, consentendo la più ampia democrazia ed equità nella distribuzione dei successivi frutti. Tuttavia, nonostante la partecipazione e l’ammissione al finanziamento su numerosi bandi di ricerca, le risorse pubbliche destinate al progetto non sono state mai erogate, spingendoci pertanto a ricorrere al mercato, abilitandone così una possibile futura appropriazione dei diritti di sfruttamento senza che il Paese ne abbia alcun beneficio diretto.
Siamo a chiederVi quindi il riconoscimento quale fonte rinnovabile di importanza strategica del vento troposferico e delle tecnologie, completamente italiane, che ne abilitano lo sfruttamento, mettendo queste in condizioni di parità con le altre FER.
Il percorso a nostro parere più corretto per rispondere a questa richiesta d’aiuto, perché tale è, passa per l’istituzione di una commissione tecnica, o di analogo organo istituzionale, che si avvalga delle migliori ed indipendenti competenze presenti negli enti di ricerca e negli altri soggetti che svolgono compiti strategici nel campo dell’energia, e che possa finalmente verificare ed affermare con autorità ciò che noi sappiamo già da alcuni anni, ovvero che il vento troposferico è l’unico giacimento energetico in grado di svolgere il ruolo di contrasto alla crisi energetica, economica ed ambientale assegnato alla green economy e che le conoscenze accumulate, e riconosciute dalla priorità dei nostri brevetti, in merito alle relative modalità di sfruttamento sono da considerarsi di interesse strategico per il Paese.

KiteGen in cifre
· Anno di avvio del progetto 2003
· Oltre 20 tesi di laurea dedicate, di cui una di dottorato assegnataria dell’ENI Award nel 2010
· Più di 40 brevetti “padre” registrati e riconosciuti in più di 150 Paesi del mondo ed un investimento sostenuto per la tutela del patrimonio intellettuale intorno a 2,5 Milioni di euro.
· Oltre 80 azionisti di varia natura e dimensione e sostenitori in tutto il mondo
· Numerosi premi e riconoscimenti (WREC Award 2006, tra i 20 progetti più innovativi nel Vertice di Copenhagen sul clima del 2009, chiamato a rappresentante l’“Italia degli innovatori” presso l’Expo di Shanghai 2010, etc.)
· Test di un prototipo da 30 kW nel 2006
· Test di un prototipo da 3 MW nel 2012
· Attività e costi sostenuti per la realizzazione del progetto ad oggi per un totale di circa 10 milioni di euro, di cui circa il 95% da risorse private ed il resto da fondi comunitari per R&S.
· Attività di sviluppo ed industrializzazione in corso c/o il nuovo stabilimento di S. Mauro Torinese, (1800 mq di uffici ed 8000 mq di officina) da parte di una trentina tra dipendenti e collaboratori.
· Programma di industrializzazione in corso, in collaborazione con Saudi Arabian Basic Industries Company (SABIC), finalizzato a fornire l’energia necessaria per il funzionamento del più grandeimpianto del mondo di cattura della CO2, per conto della Jubail United Petrochemical Company.

(1) http://www.assoelettrica.it/wp-content/uploads/2014/01/I-principali-dati-congiunturali-del-settoreelettrico-
italiano-1y14gennaio-dicembre2013.pdf

(2) http://www.nature.com/nclimate/journal/vaop/ncurrent/full/nclimate1683.html
(3) https://selectra.co.uk/sites/selectra.co.uk/files/pdf/promotion%20or%20renewable%20energies.pdf

Update: KiteGen ready to set up the supply chain for the Saudi contract

The KiteGen® Group has been participated in April 2013 by Sabic Ventures – the venture company owned by Saudi Arabian Basic Industries Corporation (SABIC) – and signed a 5 agreements contract including a 200 KiteGen Stem units purchase agreement. The Sabic kite farm will be located close to Jubail Industrial City, Saudi Arabia.

KiteGen has now reached the 8th technology readiness level and its technology package is as advanced as needed in order to transfer the technology to a supply chain and start the industrial production.

KiteGen® technology is the latest evolution of wind energy exploitation. It is a paradigm shift that may be the most practical and effective solution to the world’s energy needs. The Kitegen technology is based on a decade of research and development; it has presently reached the stage at which it will be implemented on an industrial scale. The main innovation is given by the fact that KiteGen can exploit a novel, powerful, endless and almost universally available source of energy: the high altitude wind power. Large wings tethered by strong polymeric ropes, driven by a high-tech control system based on avionic sensors, fly at high altitude, harvesting the energy of powerful winds, much faster and constant than those available near ground.
The Saudi kite farm will be the renewable energy cornerstone of a Saudi 66 billion $ program aiming to power projects as the region water desalinization and the Carbon Capture and Utilization (CCU) , the Saudi approach is to check the suitable RES technologies and KiteGen® is in pole position thanks the unprecedented net energy ratio of the fully owned exclusive concept outperforming, at least, tenfold any other renewable energy technology.

Technical notes on CCU

The CCU process compresses and purify the raw carbon dioxide coming from certain petrochemical plants. The purified gaseous CO2 is pipelined to a processing facility for enhanced methanol and urea production. Methanol is a basic commodity for the chemical industry and urea is used for fertilizer production. Massive quantities of renewable electrical energy at very low cost is needed to drive effectively those processes.
In summary, recovering 500,000 tonnes of CO2 emissions by CCU each year is equivalent to the removal of 2,6 millions of cars, representing the worldwide most advanced, reproducible and  promising method to reverse the most harmful forcing over the global climate.

Gli impatti ambientali del Kitegen


Kite Gen è una tecnologia pulita, non lascia scorie ed inquinanti pericolosi, utilizza materiali completamente riciclabili, utilizza quantità di acciaio e cemento molto inferiori ad una torre eolica tradizionale di pari potenza ed ha un impatto visivo ed acustico limitato. In questo post, seppur con un taglio semplificato e ridotto, approfondiremo tali aspetti.

EMERGY ed EROEI
La definizione di EMERGY (EMbodied enERGY) secondo T.Odum http://www.jayhanson.us/page170.htm è “il lavoro di un dato tipo, precedentemente speso per un particolare prodotto o servizio”. Di particolare interesse è la stima dell’emergy di macchinari per la produzione energetica perchè tale dato risulta indispensabile per un successivo calcolo dell’eroei o eroi (Energy Return on Energy Input – vedi di seguito).
Per un confronto tra torri eoliche tradizionali e KiteGen stem, in prima approssimazione, consideriamo il peso delle due strutture, supponendo per semplicità che siano interamente in acciaio per entrambi i casi. Inoltre va considerata la fondazione in cemento, che per lo stem non è necessaria
Un generatore Kitegen non ha necessità di una strada camionabile di accesso perché il pezzo più pesante è di soli 200 chili, e, nella maggior parte dei casi, nemmeno di fondazioni. In tutto, servono circa trenta tonnellate di materiali (principalmente metalli e plastiche) contro le 250 tonnellate di acciaio e le 1500-2000 tonnellate di cemento necessarie per una torre eolica della stessa potenza.
Il peso del Kitegen Stem completo di strutture, macchine e dispositivi di sostegno (micropali di ancoraggio a terra) non eccede le 40 ton.

Da una Life Cycle Analisys o LCA effettuata in base a tali dati è possibile effettuare il calcolo dell’EROEI (Energy Return On Energy Input) come produzione cumulativa netta di energia nel ciclo di vita della macchina su Emergy.  In base alle seguenti:

Torre eolica tradizionale

* durata impianto: 20 anni
* fattore di produttività: 2500 MWh/MW
* potenza nominale 3MW

EROEI=20

KiteGen

* durata impianto: 20 anni
* fattore di produttività: 5000 MWh/MW
* potenza nominale 3MW

EROEI=375

Un valore circa 20 volte superiore a quello tipico dell’eolico tradizionale e capace di rendere l’eolico d’alta quota la fonte energetica potenzialmente più vantaggiosa e allo stesso tempo produttiva ad oggi conosciuta.

IMPATTO VISIVO

L’impatto visivo è limitatissimo in quanto la cupola è alta solamente 6 metri ed il braccio, oltre ad essere lungo solo 20 metri, è anche molto sottile, mentre i cavi sono invisibili già a poca distanza e l’ala, lavorando prevalentemente ad altezze dell’ordine del km, è difficilissima da notare. Sfruttando i venti d’alta quota, che sono presenti in tutta la fascia temperata, non è necessario posizionarsi in località particolarmente ventose (come le torri eoliche che si piazzano molto spesso su crinali molto visibili) e dunque si può sfruttare una qualsiasi area, anche degradata e di nessun interesse paesaggistico.

la comparazione è sempre tra una turbina eolica da 3 MW e KiteGen Stem da 3 MW
l’impatto visivo è misurato in steradianti ovvero A/r^2 dove A è l’area del manufatto e r la distanza di osservazione.
Trascurando la torre per la turbina eolica e la cupola per lo Stem si ha:
Torre eolica con pala di 44 m A=6000 mq
KG Stem con vela da 150 mq
A qualsiasi distanza r l’impatto della vela dello stem è sempre non meno di 40 volte inferiore

AVIFAUNA

Gli impatti sull’avifauna sono inferiori a quelli imputati alle torri eoliche in quanto i kite volano ad altezze tali da non essere frequentate da volatili. I cavi, man mano che ci si avvicina a terra, dove è più probabile che vi siano uccelli, si muovono a velocità sempre più basse. Se ad esempio il kite si muovesse a 50 m/s di velocità assoluta tangenzialmente alla curva avente come raggio il cavo (la direzione che produce i più ampi spostamenti del cavo, contrariamente al caso opposto di spostamento radiale in cui i cavi non si spostano ma si allungano solamente) ad un’altezza di 1 km, ad altezza di 100 m un punto sul cavo appare in movimento con una velocità di soli 5 m/s come si può dedurre dalla similitudine dei triangoli.

IMPATTO ACUSTICO

L’impatto acustico del Kitegen carousel è simile a quello di una ferrovia metropolitana a bassa velocità in quanto uno dei design ipotizzati è quello di un anello di binari dove le vele attuano la rotazione del generatore ad una velocità di circa 70 km/h.   Per quanto riguarda lo Stem le fonti di rumore sono i macchinari interni alla cupola, gli organi esterni in movimento (stelo, brandeggio), le vele ed i cavi.   Mentre per i macchinari interni alla cupola può considerarsi nullo il rumore in quanto la cupola può essere insonorizzata rispondendo ad eventuali normative in merito, l’oggetto dell’analisi si può restringere al rumore dello stelo in movimento ed alle parti volanti.  Pertanto è prevista una campagna di misurazione acustica da effettuarsi con le vele, i cavi e gli alternomotori dimensionati per i 3 MW e sull’esito della quale pubblicheremo un successivo post.

Contro il riscaldamento climatico, serve KiteGen?

Il 9 settembre è uscito NATURE CLIMATE CHANGE con l’articolo di Ken Caldeira, Kate Marvel, Ben Kravitz con la ulteriore conferma delle posizioni di KiteGen ed altre informazioni inedite di grande importanza. Il giorno sucessivo come logica conseguenza e atto dovuto abbiamo inviato le lettere al governo con la proposta di soluzione per ALCOA. Forse è stato un atto troppo fiducioso sulla immediata fruibilità del lavoro su NCC e della buona copertura informativa ottenuta. [breve video di Caldeira che introduce lo studio]

Contavamo sui contenuti presenti, carichi di significative informazioni, questo al fine di dare supporto alle nostre argomentazioni più economiche, pensavamo che il Ministro Passera saltasse dalla sedia dicendosi  “ecco la soluzione!” Invece i giornalisti gli attribuiscono un commento scettico.

Ora vediamo di rimediare analizzando in queste pagine il lavoro di Caldeira, Marvel e Kravitz magari a puntate, i commenti ben ragionati dei lettori sono graditi.

Questo Blog qui linkato è curato da un docente di fisica e matematica, Marco Pagani che per primo ha  individuato ed evidenziato un aspetto del lavoro su NCC che risulta essere una novità, forse un’ancora di salvezza di grandissima attualità relativamente al cambiamento climatico. Il presidio di geoingegneria più potente finora individuato per raffreddare in emergenza la temperatura del pianeta, benchè si speri ancora che non diventi imprescindibile doverlo adottare.

Stabilire invece la massima potenza estraibile senza disturbare il clima, ne nel bene ne nel male, deve essere un esercizio di valutazione condotto tramite un principio di precauzione, che si scontra inoltre con delle convinzioni ideali di ciascuno sul modello di società e di popolazione numericamente sostenibile. Secondo le pubblicazioni scientifiche precedenti e sostanzialmente confermato da questo ultimo paper, sull’Italia fluisce una potenza totale il cui ordine di grandezza è intorno i 100 TW. Questa sarà una discussione lunga e ricca di posizioni filosofiche contrapposte ma per ora completamente priva di significato poichè fin’ora questo giacimento di energia rinnovabile  è stato intercettato solo perr una frazione infinitesima.

Permettetemi di fissare ad 1 TW la massima potenza estraibile dall’Italia, ovvero un arbitrario 1% di ciò che fuisce naturalmente, per il piacere dei numeri tondi e per offrire una metafora significativa:    L’Arabia Saudita produce 12,5 milioni di barili di petrolio al giorno, 521000 barili all’ora, la potenza termica equivalente contenuta nel petrolio estratto è di circa 1 TW, ovvero, gigawatt più gigawatt meno, equivalente a ciò che ho ipotizzato si possa estrarre dal vento troposferico italiano pur limitando modifiche climatiche. Questa è grossa vero?, rifate pure i conti se non ci credete, sono abbastanza facili.

Anche di radiazione solare ne abbiamo così tanta, ma per raccoglierla servono i dispositivi dispiegati sul territorio, mentre per l’eolico il pannello fotovoltaicocinetico è l’atmosfera stessa, già naturalmente dispiegata e manutenuta ed il KiteGen è solo la presa di forza che colletta l’energia raccolta dall’atmosfera.

Vorrei evidenziare un ulteriore grafico che mostra in particolare il vantaggio dell’eolico troposferico.

La linea blu è quella attribuibile al KiteGen, la linea rossa è attribuibile alle turbine eoliche. L’asse verticale indica la dimensione della superficie che intercetta il vento, comparata con il rateo di estrazione di energia cinetica sulle ascisse.

KEE vs drag area graph

estrazione di energia cinetica rispetto all'area di drag

Per una estrazione di potenza di 480 TW ogni kilometro cubo presso tutta la superficie del pianeta deve avere una turbina eolica che intercetta un fronte vento di 10000 metri quadrati,  un ettaro, mentre per l’eolico troposferico sono sufficienti un equivalente di 23 metri quadrati per km cubo.

L’eolico troposferico, però, non si limita al km cubo vicino terra, ma nello studio sfrutta idealmente tutta l’atmosfera, quindi per precisare il calcolo dell’equivalenza di superficie dobbiamo moltiplicare i 23 metri quadrati per il numero di cubi sovrapposti, tipicamente 10, corrispondenti a tutta la troposfera.

Quindi un’ala che spazzola 230 metri quadrati in altitudine sarebbe equivalente ad una pala eolica che spazzola un fronte vento di un ettaro.

Abbiamo detto un’ala che spazzola una superficie, ma quanto deve essere grande l’ala?

Un metodo semplificato è di dividere l’area da spazzolare con l’efficienza aerodinamica della stessa, un’ala con efficienza 10 qundi potrà avere una superficie di 23 metri quadrati per equivalere ad una torre eolica da 2,5 MW che tipicamente spazzola un ettaro di vento.

L’interesse pratico e tecnologico è quello di ottenere la potenza desiderata in un compromesso ideale tra quota di lavoro e superficie, ed è per questo che abbiamo scelto con il KiteGen Stem di volare sotto i 2000 metri con ali fino a 150 metri di superficie.

la  fluidità dei dati e delle prestazioni del KiteGen, che dipendono fortemente da decisioni sulla configurazione, sull’ala, la quota ed ovviamente il vento sono uno degli aspetti che infastidiscono chi è abituato a specifiche precise, che invece di apprezzare la libertà di modulazione e le opportunità offerte vede con sospetto il progetto, forse anche qualche consulente del governo.

In questo recente exploit mediatico, come dicevo, è stato attribuito al Ministro Passera un molto generico commento di tipo scettico sulla tecnologia KiteGen, provo ad interpretare. Sembra che i politici non siano più in grado di ragionare autonomamente senza le lobbies che li incalzano perennemente. Chi non si è fatto la lobby resta escluso da ogni ragionamento ed opportunità anche se è a vantaggio del paese e della collettività.

Ma se fosse chiaro a tutti di avere l’equivalente di una Arabia Saudita all’interno del territorio nazionale, merita ancora farsi delle domande a livello di banchieri, executive, politici, ministri  sul particolare sistema di trivellazione per estrarre l’energia e di come si fà per realizzarlo?

No! per favore, è materia complessa fidatevi dei brevetti “granted” dei riconoscimenti e delle 12 proposte KiteGen in risposta a bandi nazionali e regionali per l’innovazione tecnologica, ammesse a finanziamento ma sfortunatamente sempre senza copertura.

Metteteci piuttoso in condizione di lavorare e lasciateci fare senza tali commenti che altrimenti dai guai non ci usciamo mai più.

KiteGen, la vicenda Alcoa e Nature Climate Change

By stekgr, 2012/09/10

Ieri è uscito Nature Climate Change con un articolo che finalmente ri-conferma l’immenso giacimento di energia rappresentato dal vento troposferico, l’Italia è sorvolata da un flusso dal quale si potrebbe facilmente estrarre 1 TW continuo di potenza, ovvero oltre 8000 TWh di energia annui.

I quali, trasformati prosaicamente in denaro, equivarrebbero ad una produzione netta di ricchezza puramente endogena all’interno del territorio italiano stimabile in 800 miliardi di euro l’anno….  13000 euro/anno procapite!!

Dovrebbe essere ovvio, quindi il legame di attualità tra Nature, Alcoa e KiteGen, in quanto si tratta di tanta energia e a basso costo.

Quale originario del Sulcis Iglesiente ci tenevo a condividere questa riflessione, e pubblicare le comunicazioni spedite da KiteGen agli organi governativi e non, impegnati in queste ore sulla questione Alcoa.

Se comprese, sarebbero una soluzione ai problemi endemici di lavoro ed occupazione della mia terra.

Se attuate, creerebbero le risorse ed il “giro” economico per favorire il ripristino ambientale dalle molte devastazioni e costituirebbero una vetrina di sostenibilità che gioverebbe all’immagine di questa bellissima terra. Mentre a livello nazionale, sgraverebbero la collettività da un’altro miliardo di euro come quello già elargito ad Alcoa negli ultimi 15 anni.

Mi scuso con i destinatari per pubblicare online tali lettere, potrebbe apparire una forzatura ma altre volte tali comunicazioni, sfortunatamente non ottengono riscontro.

Stefano

KiteGen – ALCOA, come atto di informazione dovuto ed irrinunciabile.pdf

Stabilimento Alcoa di Portovesme – interesse acquisizione.pdf

KiteGen costa un tubo

La recente notizia riguardante lo sviluppo del giacimento Tempa Rossa (Basilicata) in concessione a Total/Shell, che dovrebbe produrre 50.000 barili al giorno dal 2016 a fronte di un investimento di 1,6 mld, in cui è incluso anche un nuovo tratto di pipeline per il collegamento alla raffineria, conferma che la linea del governo in tema di energia è sempre più marcatamente quella di attirare questo tipo di investimenti nel titanico tentativo di ridurre la dipendenza del paese dagli idrocarburi di importazione estera. Titanico perchè rispetto ai 1,4 mln di barili consumati ogni giorno in Italia, di cui poco più del 10% di produzione domestica, la mole degli investimenti da direzionare sul settore per smuovere anche di qualche punto percentuale lo squilibrio tra import e produzione interna sono veramente ingenti. L’Italia è un paese poco interessante dal punto di vista degli idrocarburi, tuttavia ne possiede riserve non trascurabili, circa 1 mld di barili secondo stime di qualche anno fa. Sembrano numeri importanti ma, se relazionati ai consumi, fanno un paio d’anni di autonomia. I giacimenti italiani sono anche poco agevoli per via delle notevoli profondità che devono essere raggiunte. Per forza di cose i costi di estrazione sono elevati. In alcune aree, come ad esempio il medio Adriatico, la qualità del petrolio estratto è anche abbastanza scarsa. Non va meglio per il gas naturale; nel dopoguerra i giacimenti padani permettevano l’autosufficienza della nascente industria energivora ed ancora negli anni ’90 la produzione domestica era intorno al 30% del consumo totale. Oggi si è scesi intorno al 10% per il declino di queste produzioni ed i tanto decantati 30 miliardi di metri cubi che attendono di essere coltivati sotto il fondale dell’alto adriatico non sarebbero neanche 6 mesi di consumi. Sostanzialmente cercare di sviluppare il settore domestico dell’estrazione di idrocarburi è un’opzione con prospettive strategiche abbastanza limitate, seppure con l’attuale livello dei prezzi sia economicamente sostenibile e possa anche generare dei buoni profitti. Le compagnie non a caso si stanno muovendo intensamente sul suolo italiano solo da pochi anni (da quando i prezzi del barile sono elevati) benchè i giacimenti che andranno a sfruttare siano conosciuti da tempo. Dal punto di vista della strategia energetica di lungo termine, della gestione del mix di risorse e, non ultimo, del costo dell’energia il piano energetico che il governo sta preparando, basandosi sulla capacità di attrarre investimenti sulla coltivazione di giacimenti domestici di idrocarburi esigui ed ad elevato costo di estrazione è assolutamente insufficiente, per tacere delle implicazioni ambientali sulle aree interessate dalle trivellazioni. Il rimedio al problema energetico del paese non è certamente ridurre di pochi punti % la dipendenza dall’estero lasciando invariato il mix, che è la causa primaria del maggior costo dell’energia in Italia rispetto alla media europea. La generazione di energia elettrica prevalentemente da fonti costose come il gas naturale e l’eccessivo sbilanciamento del sistema dei trasporti verso la modalità su ruota sono le palesi anomalie da sanare. La strada presa con lo sviluppo delle fonti rinnovabili può alleviare la situazione, ma finchè si ricorre a fonti intermittenti, non competitive senza incentivi, le distorsioni si ritorcono contro gli utilizzatori dell’energia che dovranno pagare sia gli incentivi per sostenere economicamente le fonti rinnovabili che quelli per sostenere il sistema di bilanciamento della rete, garantito dai generatori termoelettrici di alto merito come dimostra il recente provvedimento sul capacity payment. Non ci stancheremo di ripetere che la soluzione è lo sviluppo di fonti rinnovabili non intermittenti ed a basso costo di generazione, cosa che con l’impegno di KiteGen negli ultimi anni si sta concretizzando come una opportunità reale. Se torniamo all’investimento di Total/Shell sul giacimento tempa rossa, 1,6 miliardi di euro, sarebbe sufficiente a costruire un generatore KiteGen Carousel da 2,5 GW, capace di produrre 12,5 TWh elettrici annui di energia, corrispondenti a 32,5 TWh termici, ovvero 2,8 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, il 4% della domanda annuale italiana di petrolio (69,7 MTep nel 2011). Il giacimento di Total/Shell produrrebbe intorno al 3,75% di tale domanda. Produrre 12,5 TWh elettrici da Kitegen farebbe risparmiare 2,5 miliardi di metri cubi di gas naturale che potrebbero essere impiegati per metanizzare il 25% dei trasporti pesanti su gomma, sostituendo circa 2 milioni di tonnellate di gasolio, ovvero circa 40000 barili al giorno, per produrre i quali l’output di Tempa Rossa, considerando le perdite di raffinazione e i sottoprodotti meno nobili non sarebbero sufficienti.  In sostanza una simile politica energetica consentirebbe, a parità di investimento, oltre a ridurre la dipendenza da petrolio importato, anche di ridurre le emissioni di gas serra di oltre 6 milioni di tonnellate annue e di ridurre l’incidenza degli idrocarburi nel mix di generazione elettrica calmierando gli effetti della volatilità di questi mercati sulle tariffe elettriche.

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