Category: energia elettrica

I paesi del Golfo hanno più energia in cielo che sotto terra: lo studio pubblicato in Nature Scientific Reports

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By eugenio saraceno, 2018/03/20

La prestigiosa Nature Scientific Reports ha pubblicato lo studio

High-altitude wind resources in the Middle East

da cui abbiamo estratto la mappa delle medie dei wind speed maxima (WSM) qui sotto riportata

Scopo dello studio è la caratterizzazione della risorsa venti d’alta quota sulla regione mediorientale, con particolare attenzione ai paesi della Penisola Araba, e la stima del potenziale di produzione di energia elettrica utilizzando la tecnologia KiteGen con unità da 3 MW.  Questo studio è parte delle iniziative finanziate nell’ambito della collaborazione tra KiteGen e SABIC, azienda controllata dal Ministero del Tesoro del Regno Saudita, per lo studio e lo sviluppo della fonte energetica troposferica.  Lo studio conclude che la risorsa energetica vento troposferico disponibile sul medio oriente è superiore alla risorsa di idrocarburi presente nella stessa regione e che la tecnologia dell’eolico troposferico potrebbe fornire gran parte della produzione di energia elettrica dei paesi del Golfo.

Il Comitato Scientifico di KiteGen, guidato dal Prof.Giancarlo Abbate dell’Università Federico II di Napoli ha collaborato con il team della King Abdullah University of Science and Technology (KAUST ) per fornire gli elementi di valutazione.  Purtroppo la pubblicazione contiene ancora errori, imprecisioni e sottostime che mostrano un potenziale di sviluppo della produzione di energia dalla troposfera, ancorchè grande, minore di quello che è in realtà; in particolare pesa il presupposto di dover distanziare gli impianti di 10 km l’uno dall’altro; tale distanza è di un fattore di diversi ordini più grande del necessario, portando gli Autori a sottostimare di un similare fattore il potenziale di produzione di energia elettrica.    Siamo abituati a rilevare, persino in pubblicazioni scientifiche, un generico atteggiamento superficiale ed irresponsabile nei confronti di un progetto che, pur avendo risolto tutti i nodi scientifici e tecnologici di fattibilità industriale, per la sua diffusa percezione di “bizzarra e troppo ambiziosa idea imprenditoriale” che di fatto non è e non può, pertanto, permettersi leggerezze ed imprecisioni nella esposizione.   Viene da dire che sarebbe opportuno “fare i compiti a casa” per tutti quei soggetti, da Bill Gates ad Irena (che hanno diffuso la sensazione che l’energia dagli high winds sia qualcosa di molto importante che si concretizzerà in un futuro non troppo vicino) e le varie società di consulenza che in questi ultimi anni hanno prodotto report e surveys sulle tecnologie eoliche troposferiche, ma mancando delle competenze per fornire una informazione completa e corretta.

Per cui ci ripromettiamo di essere più assidui nella comunicazione e tentiamo di rimediare pubblicando di seguito il testo in forma di rebuttal inviato a Nature ed agli Autori, con i commenti del Comitato Scientifico.

Comment #1. At page 1, second paragraph (3 lines before the end) we can read “Active projects include
KiteGen (drag) and Makani (lift)”. This is clearly a typing error, because in the following line the authors
write that KiteGen is in the development of a ground-based device, and Makani is working on an onboard
generator, while in the preceding lines they write “There are currently two major types of AWE
generators: drag type devices with generators on board with a tether that transmits electrical power,
and lift type devices that transmit mechanical power in reeling the tether connected to a ground based
generator.” So, probably the authors would have written: “Active projects include KiteGen (lift) and
Makani (drag)”.
Comment #2. This is closely connected to comment #1. In the sentence about drag type and lift type
devices, the authors seem to classify the two types with the kind of power generation, identifying onboard
generation with drag device and ground-based generation with lift device. Actually, this is not
the case. Giving per granted the definitions of lift and drag in aerodynamics (from Wikipedia: “A fluid
flowing past the surface of a body exerts a force on it. Lift is the component of this force that is perpendicular to
the oncoming flow direction. It contrasts with the drag force, which is the component of the surface force parallel
to the flow direction.), it is out of doubt that may exist on-board generators based on lift forces, as well
as ground-based generators. In fact, as far as I know, both KiteGen and Makani are lift type devices. So,
all the last part of the second paragraph at page 1 is confusing or not correct.
Comment #3. At page 9, in the Section Deployment Assumptions, the second bullet is about system
density and is the following: “System density: calculated based on how many AWE systems can be deployed in
an area. Assuming that a fully extended tether to reach any altitude within the chosen portion of the boundary
layer is 3 km, one unit of AWES is allowed in each 10 km × 10 km grid cell.” Now, it seems that the assumption
is about the tether length, and this sounds reasonable. But, actually, the strongest assumption is about
the 10 km × 10 km grid cell needed to host a single AWES. This assumption does not appear reasonable
and is in striking disagreement with the estimates given and documented by the company that is
developing the 3 MW generator (KiteGen). The disagreement is by four orders of magnitude, so huge
that a deep rethinking is needed, at least in my opinion.
Comment#4. In the same Section at page 9, in the third bullet “Spatial exclusions”, the proposed
constraints are very tight, and even too tight. AWES equipment is 10 to 100 times lighter then
windmills, allowing to access installation sites (like most mountainous areas) that are not available to
windmills. Although forests and wetland areas in Middle East are not so large, these might be easily
accessed for installing such light devices. For the same reason, AWES offshore generation (even deepwater)
is technically feasible and easier than offshore windmills, nevertheless marine regional areas are
not considered in this article. Even though we may consider that offshore AWES would be less
convenient than land-based installation, however it would be suitable for countries like Bahrein, having
a limited land extension and plenty of available sea area around it.

La prima Power Wing

Il primo esemplare di Power Wing, un’ala espressamente progettata per la produzione di energia, è finalmente uscito dai laboratori KiteGen e ve lo mostriamo in anteprima.

La disponibilità di un’ala di potenza è il principale fattore abilitante per la produzione massiva di energia a basso costo da eolico troposferico.   I kite sportivi sono realizzati in materiali molto leggeri ma non sono pensati per produrre grandi potenze. Il concetto di ala di potenza non è mai esistito sul mercato fino ad oggi e tutti gli attori del settore eolico troposferico, dopo aver sperimentato con successo la produzione di energia fino a poche decine di kW da kite sportivi (per prima KiteGen già nel 2006 – vedi rassegna video riportata sotto), si sono trovati di fronte alla difficile scelta tra sviluppare un sistema di piccola potenza, magari mobile, per adattarsi alla disponibilità di kite da poche decine di kW, oppure progettare un’ala efficiente, leggera ma resistente in grado di resistere ai megawatt.   Questo dilemma ha ovviamente toccato anche KiteGen la quale ha effettuato la seconda scelta, che ci è apparsa obbligata poichè rinunciare alla power wing avrebbe significato auto relegarsi in una nicchia di sistemi di piccola taglia. Essendo il fattore di scala fondamentale nell’eolico troposferico,  i sistemi di piccola taglia producono energia costosa e con poca speranza di competere, data la novità, con le fonti rinnovabili già presenti sul mercato ed ampiamente collaudate.  La principale ragione dell’allungamento del time to market dei primi sistemi eolici troposferici è la perseveranza con cui molti progetti hanno stabilito una roadmap nella quale la commercializzazione del sistema di piccola taglia deve precedere, e magari finanziare, la messa a punto del sistema di grande taglia lasciando solo KiteGen ad impegnarsi sulle power wing con l’estrema difficoltà di trovare competenze e collaborazioni su una tematica disconosciuta dagli altri concorrenti.    La power wing di KiteGen rappresenta dunque il salto di qualità del settore eolico troposferico, dalla sperimentazione limitata a prototipi di bassa potenza all’abilitazione di nuovi  generatori della classe del megawatt e, grazie al design modulare o, più semplicemente, al concetto di kite wind farm, scalare alla classe dei gigawatt ovvero competere nel più ampio segmento del mercato dell’energia.   La scelta del segmento di mercato in cui l’eolico troposferico dovrebbe posizionarsi non è rilevante solo ai fini economici ma anche dal punto di vista del potenziale in termini di apporto al contrasto del cambiamento climatico e all’impoverimento energetico che sta facendo peggiorare la crisi economica e sociale in gran parte del pianeta stimolando l’accesso a risorse sempre più “sporche” come il carbone e lo shale.  I sistemi di piccola taglia saranno limitati a nicchie di mercato e daranno contributi limitati alle problematiche sociali e ambientali, il paragone di fatturato ed energia prodotta tra i settori micro e minieolico ed il settore eolico di grande taglia è esplicativo.   L’ala di potenza è  dunque una problematica ineludibile e KiteGen l’ha affrontata ottenendo un primo importante successo che ha richiesto tempo e risorse. Inizialmente lo sforzo è stato rivolto a sistemare la proprietà intellettuale con diversi brevetti che descrivono le caratteristiche fondamentali ed i sistemi ausiliari.  Successivamente ci si è focalizzati sulla progettazione mettendo in campo i più riconosciuti tool di calcolo fluidodinamico su potenti sistemi di calcolo parallelo. Parallelamente sono stati selezionati i materiali ed i compositi più adatti ed infine si è investito su un impianto industriale in grado di coprire tutta la filiera dal procurement dei materiali al prodotto finito.  Una linea robotizzata ha consentito la produzione di 20 tonnellate di stampi utilizzati per il confezionamento e la cottura dei conci in composito.  Anche la produzione degli accessori (alettoni e bulbi) avviene mediante robot mentre tutti gli assemblaggi e le lavorazioni sono labour intensive e coinvolgono personale attento e specializzato.  Il risultato, come si può osservare dalla foto ha le dimensioni dell’ala di un grande aereo di linea ma è leggero e semirigido.  L’ala è formata da 9 conci rigidi in composito incernierati tra loro da giunti flessibili grazie ai quali può facilmente cambiare configurazione per variare la portanza.

Molti lettori impazienti di novità sul KiteGen e spesso delusi dalla mancanza di nuovi filmati di voli con kite da sport (prodotti invece abbondantemente dai nostri competitori come si evince dalla  rassegna in fondo)  potranno finalmente comprendere che il tempo intercorso dalla presentazione degli ultimi filmati non è trascorso nell’inattività ma, al contrario, ha portato alla certezza di poter produrre grandi potenze da eolico troposferico.   La strada verso il raffinamento e l’ottimizzazione delle ali di potenza potrà essere paragonata a quella percorsa dalle pale delle turbine eoliche (anch’esse delle ali peraltro) con ingenti risorse impegnate nella ricerca e sviluppo e numerose università e aziende coinvolte ma la strada verso macchine eoliche troposferiche della classe del MW è definitivamente tracciata.

Rassegna di filmati riguardanti produzione di energia eolica d’alta quota.

KiteGen è stata la prima nel 2006 a produrre energia da uno sport kite con cicli pumping kite groundgen (la produzione di energia avviene a terra).  Come si può verificare esaminando i video la stessa configurazione è ripetuta da numerosi attori del settore.  Alcuni, come Makani, in seguito sono passati ad altre configurazioni (flygen: la produzione di energia avviene in volo) per evitare di violare i diritti brevettuali sul concetto, la cui priorità è stata riconosciuta a KiteGen

KiteGen incontra il Presidente della Regione Sardegna Cappellacci sulla vicenda ALCOA

Si è svolto ieri sera l’incontro tra la Regione Autonoma Della Sardegna e la rappresentanza di KiteGen Resarch guidata dal CEO Massimo Ippolito. La Regione Sardegna si è dichiarata interessata ad intraprendere il percorso proposto da Kitegen, che prevede il finanziamento con fondi per l’innovazione di una fase di sperimentazione della nuova tecnologia eolica d’alta quota sotto l’egida di un panel di esperti proposti dai soggetti interessati, tra i quali potrebbero esservi la Regione stessa, esponenti del mondo accademico, rappresentanti dei lavoratori, degli investitori interessati a rilevare gli stabilimenti di Portovesme, di utility o distributori di energia elettrica oppure di Alcoa stessa qualora decidesse di non vendere più. A fronte del buon esito della sperimentazione sarà avviata la costruzione di farm eoliche troposferiche per un totale di 600 MW, ovvero 200 unità kitegen stem da 3 MW, destinate ad alimentare il complesso di Portovesme fornendo energia elettrica ad un costo inferiore a 25 euro/MWh ritenuto competitivo da Alcoa.
La Regione Autonoma della Sardegna presenterà il progetto al tavolo del MInistero Sviluppo Economico dedicato alla vicenda Alcoa che si terrà a Roma domani 19 Settembre

Aggiornamento del 20 Settembre

10:31 - Per Alcoa ci sono state “di recente altre due nuove manifestazioni di interesse che giudichiamo di una certa importanza: sono da prendere in considerazione, ma è molto prematuro parlarne”. Queste le parole del sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti. Intanto Glencore si è presa del tempo per decidere, e nel frattempo, ha ribadito De Vincenti, “sappiamo che Klesch ha già presentato ad Alcoa la richiesta di riaprire il negoziato”.

Governatore Sardegna: “Interesse da società cinese e di Torino”
I due nuovi gruppi interessati all’acquisto sono un’azienda torinese e una “grossa società cinese che avrebbe già richiesto di avere accesso alla data room”. Lo ha confermato il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, che invita però tutti alla prudenza. “Siamo ancora a una fase preliminare e di riservatezza e quindi non si conosce il nome dell’azienda”, ha spiega il governatore. Quanto alla società torinese, offre una nuova tecnologia per l’energia, “una cosa molto nuova che credo vada ancora testata – ha osservato Cappellacci – e non sia disponibile nell’immediato”.

da : http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/articoli/1060950/alcoa-spuntano-altre-2-manifestazioni-interessegovernatore-sardegna-sono-cinesi-e-italiani.shtml

Contro il riscaldamento climatico, serve KiteGen?

Il 9 settembre è uscito NATURE CLIMATE CHANGE con l’articolo di Ken Caldeira, Kate Marvel, Ben Kravitz con la ulteriore conferma delle posizioni di KiteGen ed altre informazioni inedite di grande importanza. Il giorno sucessivo come logica conseguenza e atto dovuto abbiamo inviato le lettere al governo con la proposta di soluzione per ALCOA. Forse è stato un atto troppo fiducioso sulla immediata fruibilità del lavoro su NCC e della buona copertura informativa ottenuta. [breve video di Caldeira che introduce lo studio]

Contavamo sui contenuti presenti, carichi di significative informazioni, questo al fine di dare supporto alle nostre argomentazioni più economiche, pensavamo che il Ministro Passera saltasse dalla sedia dicendosi  “ecco la soluzione!” Invece i giornalisti gli attribuiscono un commento scettico.

Ora vediamo di rimediare analizzando in queste pagine il lavoro di Caldeira, Marvel e Kravitz magari a puntate, i commenti ben ragionati dei lettori sono graditi.

Questo Blog qui linkato è curato da un docente di fisica e matematica, Marco Pagani che per primo ha  individuato ed evidenziato un aspetto del lavoro su NCC che risulta essere una novità, forse un’ancora di salvezza di grandissima attualità relativamente al cambiamento climatico. Il presidio di geoingegneria più potente finora individuato per raffreddare in emergenza la temperatura del pianeta, benchè si speri ancora che non diventi imprescindibile doverlo adottare.

Stabilire invece la massima potenza estraibile senza disturbare il clima, ne nel bene ne nel male, deve essere un esercizio di valutazione condotto tramite un principio di precauzione, che si scontra inoltre con delle convinzioni ideali di ciascuno sul modello di società e di popolazione numericamente sostenibile. Secondo le pubblicazioni scientifiche precedenti e sostanzialmente confermato da questo ultimo paper, sull’Italia fluisce una potenza totale il cui ordine di grandezza è intorno i 100 TW. Questa sarà una discussione lunga e ricca di posizioni filosofiche contrapposte ma per ora completamente priva di significato poichè fin’ora questo giacimento di energia rinnovabile  è stato intercettato solo perr una frazione infinitesima.

Permettetemi di fissare ad 1 TW la massima potenza estraibile dall’Italia, ovvero un arbitrario 1% di ciò che fuisce naturalmente, per il piacere dei numeri tondi e per offrire una metafora significativa:    L’Arabia Saudita produce 12,5 milioni di barili di petrolio al giorno, 521000 barili all’ora, la potenza termica equivalente contenuta nel petrolio estratto è di circa 1 TW, ovvero, gigawatt più gigawatt meno, equivalente a ciò che ho ipotizzato si possa estrarre dal vento troposferico italiano pur limitando modifiche climatiche. Questa è grossa vero?, rifate pure i conti se non ci credete, sono abbastanza facili.

Anche di radiazione solare ne abbiamo così tanta, ma per raccoglierla servono i dispositivi dispiegati sul territorio, mentre per l’eolico il pannello fotovoltaicocinetico è l’atmosfera stessa, già naturalmente dispiegata e manutenuta ed il KiteGen è solo la presa di forza che colletta l’energia raccolta dall’atmosfera.

Vorrei evidenziare un ulteriore grafico che mostra in particolare il vantaggio dell’eolico troposferico.

La linea blu è quella attribuibile al KiteGen, la linea rossa è attribuibile alle turbine eoliche. L’asse verticale indica la dimensione della superficie che intercetta il vento, comparata con il rateo di estrazione di energia cinetica sulle ascisse.

KEE vs drag area graph

estrazione di energia cinetica rispetto all'area di drag

Per una estrazione di potenza di 480 TW ogni kilometro cubo presso tutta la superficie del pianeta deve avere una turbina eolica che intercetta un fronte vento di 10000 metri quadrati,  un ettaro, mentre per l’eolico troposferico sono sufficienti un equivalente di 23 metri quadrati per km cubo.

L’eolico troposferico, però, non si limita al km cubo vicino terra, ma nello studio sfrutta idealmente tutta l’atmosfera, quindi per precisare il calcolo dell’equivalenza di superficie dobbiamo moltiplicare i 23 metri quadrati per il numero di cubi sovrapposti, tipicamente 10, corrispondenti a tutta la troposfera.

Quindi un’ala che spazzola 230 metri quadrati in altitudine sarebbe equivalente ad una pala eolica che spazzola un fronte vento di un ettaro.

Abbiamo detto un’ala che spazzola una superficie, ma quanto deve essere grande l’ala?

Un metodo semplificato è di dividere l’area da spazzolare con l’efficienza aerodinamica della stessa, un’ala con efficienza 10 qundi potrà avere una superficie di 23 metri quadrati per equivalere ad una torre eolica da 2,5 MW che tipicamente spazzola un ettaro di vento.

L’interesse pratico e tecnologico è quello di ottenere la potenza desiderata in un compromesso ideale tra quota di lavoro e superficie, ed è per questo che abbiamo scelto con il KiteGen Stem di volare sotto i 2000 metri con ali fino a 150 metri di superficie.

la  fluidità dei dati e delle prestazioni del KiteGen, che dipendono fortemente da decisioni sulla configurazione, sull’ala, la quota ed ovviamente il vento sono uno degli aspetti che infastidiscono chi è abituato a specifiche precise, che invece di apprezzare la libertà di modulazione e le opportunità offerte vede con sospetto il progetto, forse anche qualche consulente del governo.

In questo recente exploit mediatico, come dicevo, è stato attribuito al Ministro Passera un molto generico commento di tipo scettico sulla tecnologia KiteGen, provo ad interpretare. Sembra che i politici non siano più in grado di ragionare autonomamente senza le lobbies che li incalzano perennemente. Chi non si è fatto la lobby resta escluso da ogni ragionamento ed opportunità anche se è a vantaggio del paese e della collettività.

Ma se fosse chiaro a tutti di avere l’equivalente di una Arabia Saudita all’interno del territorio nazionale, merita ancora farsi delle domande a livello di banchieri, executive, politici, ministri  sul particolare sistema di trivellazione per estrarre l’energia e di come si fà per realizzarlo?

No! per favore, è materia complessa fidatevi dei brevetti “granted” dei riconoscimenti e delle 12 proposte KiteGen in risposta a bandi nazionali e regionali per l’innovazione tecnologica, ammesse a finanziamento ma sfortunatamente sempre senza copertura.

Metteteci piuttoso in condizione di lavorare e lasciateci fare senza tali commenti che altrimenti dai guai non ci usciamo mai più.

KiteGen, la vicenda Alcoa e Nature Climate Change

By stekgr, 2012/09/10

Ieri è uscito Nature Climate Change con un articolo che finalmente ri-conferma l’immenso giacimento di energia rappresentato dal vento troposferico, l’Italia è sorvolata da un flusso dal quale si potrebbe facilmente estrarre 1 TW continuo di potenza, ovvero oltre 8000 TWh di energia annui.

I quali, trasformati prosaicamente in denaro, equivarrebbero ad una produzione netta di ricchezza puramente endogena all’interno del territorio italiano stimabile in 800 miliardi di euro l’anno….  13000 euro/anno procapite!!

Dovrebbe essere ovvio, quindi il legame di attualità tra Nature, Alcoa e KiteGen, in quanto si tratta di tanta energia e a basso costo.

Quale originario del Sulcis Iglesiente ci tenevo a condividere questa riflessione, e pubblicare le comunicazioni spedite da KiteGen agli organi governativi e non, impegnati in queste ore sulla questione Alcoa.

Se comprese, sarebbero una soluzione ai problemi endemici di lavoro ed occupazione della mia terra.

Se attuate, creerebbero le risorse ed il “giro” economico per favorire il ripristino ambientale dalle molte devastazioni e costituirebbero una vetrina di sostenibilità che gioverebbe all’immagine di questa bellissima terra. Mentre a livello nazionale, sgraverebbero la collettività da un’altro miliardo di euro come quello già elargito ad Alcoa negli ultimi 15 anni.

Mi scuso con i destinatari per pubblicare online tali lettere, potrebbe apparire una forzatura ma altre volte tali comunicazioni, sfortunatamente non ottengono riscontro.

Stefano

KiteGen – ALCOA, come atto di informazione dovuto ed irrinunciabile.pdf

Stabilimento Alcoa di Portovesme – interesse acquisizione.pdf

KiteGen costa un tubo

La recente notizia riguardante lo sviluppo del giacimento Tempa Rossa (Basilicata) in concessione a Total/Shell, che dovrebbe produrre 50.000 barili al giorno dal 2016 a fronte di un investimento di 1,6 mld, in cui è incluso anche un nuovo tratto di pipeline per il collegamento alla raffineria, conferma che la linea del governo in tema di energia è sempre più marcatamente quella di attirare questo tipo di investimenti nel titanico tentativo di ridurre la dipendenza del paese dagli idrocarburi di importazione estera. Titanico perchè rispetto ai 1,4 mln di barili consumati ogni giorno in Italia, di cui poco più del 10% di produzione domestica, la mole degli investimenti da direzionare sul settore per smuovere anche di qualche punto percentuale lo squilibrio tra import e produzione interna sono veramente ingenti. L’Italia è un paese poco interessante dal punto di vista degli idrocarburi, tuttavia ne possiede riserve non trascurabili, circa 1 mld di barili secondo stime di qualche anno fa. Sembrano numeri importanti ma, se relazionati ai consumi, fanno un paio d’anni di autonomia. I giacimenti italiani sono anche poco agevoli per via delle notevoli profondità che devono essere raggiunte. Per forza di cose i costi di estrazione sono elevati. In alcune aree, come ad esempio il medio Adriatico, la qualità del petrolio estratto è anche abbastanza scarsa. Non va meglio per il gas naturale; nel dopoguerra i giacimenti padani permettevano l’autosufficienza della nascente industria energivora ed ancora negli anni ’90 la produzione domestica era intorno al 30% del consumo totale. Oggi si è scesi intorno al 10% per il declino di queste produzioni ed i tanto decantati 30 miliardi di metri cubi che attendono di essere coltivati sotto il fondale dell’alto adriatico non sarebbero neanche 6 mesi di consumi. Sostanzialmente cercare di sviluppare il settore domestico dell’estrazione di idrocarburi è un’opzione con prospettive strategiche abbastanza limitate, seppure con l’attuale livello dei prezzi sia economicamente sostenibile e possa anche generare dei buoni profitti. Le compagnie non a caso si stanno muovendo intensamente sul suolo italiano solo da pochi anni (da quando i prezzi del barile sono elevati) benchè i giacimenti che andranno a sfruttare siano conosciuti da tempo. Dal punto di vista della strategia energetica di lungo termine, della gestione del mix di risorse e, non ultimo, del costo dell’energia il piano energetico che il governo sta preparando, basandosi sulla capacità di attrarre investimenti sulla coltivazione di giacimenti domestici di idrocarburi esigui ed ad elevato costo di estrazione è assolutamente insufficiente, per tacere delle implicazioni ambientali sulle aree interessate dalle trivellazioni. Il rimedio al problema energetico del paese non è certamente ridurre di pochi punti % la dipendenza dall’estero lasciando invariato il mix, che è la causa primaria del maggior costo dell’energia in Italia rispetto alla media europea. La generazione di energia elettrica prevalentemente da fonti costose come il gas naturale e l’eccessivo sbilanciamento del sistema dei trasporti verso la modalità su ruota sono le palesi anomalie da sanare. La strada presa con lo sviluppo delle fonti rinnovabili può alleviare la situazione, ma finchè si ricorre a fonti intermittenti, non competitive senza incentivi, le distorsioni si ritorcono contro gli utilizzatori dell’energia che dovranno pagare sia gli incentivi per sostenere economicamente le fonti rinnovabili che quelli per sostenere il sistema di bilanciamento della rete, garantito dai generatori termoelettrici di alto merito come dimostra il recente provvedimento sul capacity payment. Non ci stancheremo di ripetere che la soluzione è lo sviluppo di fonti rinnovabili non intermittenti ed a basso costo di generazione, cosa che con l’impegno di KiteGen negli ultimi anni si sta concretizzando come una opportunità reale. Se torniamo all’investimento di Total/Shell sul giacimento tempa rossa, 1,6 miliardi di euro, sarebbe sufficiente a costruire un generatore KiteGen Carousel da 2,5 GW, capace di produrre 12,5 TWh elettrici annui di energia, corrispondenti a 32,5 TWh termici, ovvero 2,8 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, il 4% della domanda annuale italiana di petrolio (69,7 MTep nel 2011). Il giacimento di Total/Shell produrrebbe intorno al 3,75% di tale domanda. Produrre 12,5 TWh elettrici da Kitegen farebbe risparmiare 2,5 miliardi di metri cubi di gas naturale che potrebbero essere impiegati per metanizzare il 25% dei trasporti pesanti su gomma, sostituendo circa 2 milioni di tonnellate di gasolio, ovvero circa 40000 barili al giorno, per produrre i quali l’output di Tempa Rossa, considerando le perdite di raffinazione e i sottoprodotti meno nobili non sarebbero sufficienti.  In sostanza una simile politica energetica consentirebbe, a parità di investimento, oltre a ridurre la dipendenza da petrolio importato, anche di ridurre le emissioni di gas serra di oltre 6 milioni di tonnellate annue e di ridurre l’incidenza degli idrocarburi nel mix di generazione elettrica calmierando gli effetti della volatilità di questi mercati sulle tariffe elettriche.

Navi a vela e Navi-Aquilone

di Antonio  Zecca
Dipartimento di Fisica
Università di Trento    zecca@science.unitn.it

Ci sono scommesse che è facile vincere. Una di queste è che la propulsione a vela tornerà ad essere interessante per la navigazione commerciale.  Impossibile dire quando vedremo un numero di navi a vela e anche prevedere  il dettaglio della nuova tecnologia velica.  Ma si puo’ scommettere che non saranno vele da Coppa America: saranno aquiloni della stessa categoria sviluppata per Kite-Gen.

Guardate alla prima occasione al mare o sui laghi un wind-surf: riescono a viaggiare a velocità superiori a quelle del vento.  Cercate poi di vedere un “kite-surf”: sono molto più rari, ma li avete visti anche in televisione. Il surfista su una tavola come quella dei wind -surf si fa trainare da un aquilone. Il vantaggio degli aquiloni è nel fatto che sfruttano il vento ad alta quota – una cinquantina di metri per i kyte-surf. Vanno più forte dei wind-surf. Il vento è più forte e più costante quando ci si allontana dalla superficie. Un aquilone di grandi dimensioni potrebbe prendere il vento a cinquecento o mille metri di quota. Potrebbe contribuire in maniera significativa alla propulsione di una nave. Anche tenendo conto del fatto che il vento non soffia sempre nelle direzioni in cui vuoi andare, un aquilone potrebbe ridurre i consumi di trenta o forse più percento mediando  sulla rotta di andata e ritorno.
Le compagnie aeree – su molte rotte – cercano di sfruttare le correnti a getto per ridurre i consumi. Tra dieci o venti anni è probabile che anche le rotte delle navi verranno decise dopo aver studiato correnti marine e percorsi delle perturbazioni atmosferiche: i dati raccolti dai nostri sistemi di monitoraggio del clima serviranno anche a questo. Da subito però sarebbe possibile sfruttare i venti con aquiloni del tipo Kite-Gen.  La cosa è già stata fatta in via sperimentale. Già nel 2008 una nave (MS Beluga Skysails ) ha fatto qualche viaggio di prova con un piccolo aquilone (160 m2) che poteva trainare la nave e aiutare la motorizzazione convenzionale. Era un aquilone di modeste dimensioni, poco più grande di quelli utilizzati per il parapendio. La ditta che li produce annunciava una riduzione del consumo di combustibile del quindici per cento.  E’ opinione di chi scrive che la motonave Beluga abbia raggiunto questo obiettivo solo raramente. Ma quello era solo un esperimento pilota: molto di più e molto meglio si può fare con una adeguata quantità di ricerca e sviluppo.  Andatevi a vedere le foto della MS Beluga e basteranno quelle per capire che il tentativo è stato fatto nella maniera più primitiva possibile. Non a caso l’azienda Skysails, secondo alcune notizie riportate dalla stampa tedesca sarebbe in difficoltà economiche.
Sviluppare le tecnologie per una Kyte-Ship o nave-aquilone, se preferite, non è una passeggiata. Diciamo che è una impresa circa dello stesso ordine di grandezza (direi meno) dello sviluppare una Ferrari. Difficile ma non impossibile, neanche per l’ Italia.
I problemi tecnici appartengono a tre categorie. La prima è l’ accoppiamento aerodinamica – idrodinamica: non semplice, ma risolubile.  La seconda categoria è nelle operazioni di lancio e di recupero dell’ aquilone; in questo la Kite-Gen ha già tutto il know how. La terza categoria riguarda la gestione computerizzata dell’ aquilone e anche su questo Kite-Gen ha già il know how e le competenze – come dimostra il progetto europeo KitVes condotto da Sequoia Automation, la società che sta sviluppando il KiteGen.  In questo progetto l’obbiettivo non è la trazione meccanica bensì produrre energia elettrica a bordo sfruttando i venti d’alta quota.  Ciò è interessante in quanto l’energia elettrica può alimentare sia le varie utenze a bordo che la trazione, essendo elettrici i motori di molte grandi navi (di norma vengono alimentati dall’energia elettrica prodotta da grandi motori navali a olio combustibile). La disponibilità di energia elettrica a bordo è importante anche per ridurre i costi dovuti al rispetto delle norme ambientali che impongono lo spegnimento dei gruppi motogeneratori durante la sosta delle navi in porto.  Per evitare questo inquinamento nei grandi porti si ricorre alla elettrificazione delle banchine; richiede bollette salate per i navigli attraccati.
Cosa manca? Manca un minimo di lungimiranza da parte della nostra classe imprenditrice e politica. Non è una questione di soldi: qualsiasi investimento si ripagherebbe abbondantemente e in tempi brevi. La crisi economica entra nel discorso ma in termine positivo: una delle azioni per uscire dalla crisi economica consisterà nello sviluppare tecnologie nuove e venderle in tutto il mondo.
Le difficoltà che ha incontrato Kite-Gen (un’ altra impresa che dovrebbe essere sostenuta senza ritardi) non ci fanno coraggio. Ma se non ci muoveremo subito, entro qualche anno dovremo comprare navi-aquilone dai cinesi.

KiteGen sul TG2

By admin, 2012/02/11

tg2 ore 20:30 di venerdi 10 febbraio

Uno “speciale” energia del TG2 Rai cita il KiteGen dal minuto 18.

http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#day=2012-02-10&ch=2&v=108570&vd=2012-02-10&vc=2

Ringraziamo Chiara Prato, Irene Greco e Giovanni Rossini per aver trovato ed incluso il KiteGen nel servizio, e Massimiliano Niccolini per aver apprezzato la colonna sonora del video di KiteGen che ha fatto da sottofondo a tutto il servizio.

Alcune considerazioni sul servizio:

Dal minuto 16 viene intervistato Davide Tabarelli di Nomisma Energia, che consiglia tra le principali soluzioni di realizzare più centrali a carbone ed attivare più canali di importazione di energia. Troviamo curioso che da parte di Tabarelli non venga speso un pensiero sulla pesante criticità di perseverare in questa unica strategia, che sta impoverendo l’Italia e gli italiani, questo senza contare le gravi esternalità dal livello locale fino a quello planetario dell’abuso dei combustibili fossili.

Le soluzioni basate su carbone, rigassificatori, nucleare non hanno bisogno di essere perorate da centri studi sull’energia o da iniziative politiche, infatti sono oggetto di una profonda competenza da parte degli operatori energetici che sono certamente pronti nell’introdurli, se ritenuto necessario, nelle programmazioni aziendali, il compito dei centri studi energetici e delle iniziative politiche dovrebbe essere quello di individuare alternative energetiche credibili e non marginali e promuoverne una ampia riflessione.

Da quando abbiamo iniziato ad investire sul KiteGen eravamo già consapevoli, di queste esternalità economiche ed ambientali, infatti il KiteGen è il frutto di una accurata ed oggettiva selezione  delle fonti rinnovabili e non, rimaste a disposizione del genere umano.

Il vento troposferico è risultato essere, all’interno di una matrice di valutazione, di gran lunga la soluzione energetica più copiosa e promettente, in grado di risollevare le sorti di un mondo affamato ed sovraffollato. Questo con una unica difficoltà “interna” al progetto, ovvero quella di dover implementare una sofisticata tecnologia di controllo operativo dei macchinari,  una tecnologia nota negli ambienti areonautici militari nonchè bagaglio di competenza dei tecnici legati a KiteGen.

La realizzazione, che stiamo curando, del generatore KiteGen Stem è una delle chiavi di volta per abilitare la tecnologia nelle sue varie forme, in modo da far superare il disorientamento informativo ed abilitare un investimento di diffusione della tecnologia che da soli non saremmo in grado di affrontare. In questo sforzo ci piacerebbe essere meno osteggiati poichè ne è coinvolto il nostro futuro, non solo di KiteGen.

Richiesta di energia elettrica nel 2011 in Italia

Con questo post Terenzio Longobardi inizia la sua collaborazione con Kiteblog.   Molti nostri lettori conoscono ed apprezzano già Terenzio per aver a lungo curato il blog Risorse, economia e ambiente dell’associazione ASPO Italia, in cui ha pubblicato numerossissimi articoli di grande qualità su energia, trasporti e risorse naturali. E’un grande onore per Kiteblog ospitare la sua firma e continuare ad offrire i contributi di Terenzio cui auguriamo buon lavoro.

Da qualche giorno Terna S.p.A. ha reso disponibile il bilancio dell’energia elettrica 2011 (dati provvisori) che riporta le principali informazioni sulla richiesta di energia elettrica italiana (produzione netta + saldo con l’estero). A pagina 5 del Rapporto mensile del 31/12/2011 sul sito di Terna,, vediamo rappresentato il confronto tra i dati dell’anno 2010 con quelli dell’anno appena trascorso.

Innanzitutto, ci accorgiamo che la richiesta è aumentata impercettibilmente dello 0,6%, ma se scomponiamo tale aumento nel corso dell’anno, possiamo verificare che nell’ultimo trimestre, si è verificato un vero e proprio crollo dei consumi che ha invertito la tendenza precedente a una crescita più marcata. Nel mese di Dicembre, si è verificato un calo addirittura del 5% (che Terna rettifica in un 3,3%, tenendo conto dei giorni lavorativi in meno e di un aumento della temperatura).

E’ facile attribuire tale improvviso calo dei consumi alla recente crisi dei debiti sovrani che ha colpito particolarmente il nostro paese costringendo il governo a una manovra pesantemente recessiva. La richiesta di energia elettrica, pur rappresentando “solo” il 36% dei consumi di energia primaria in Italia, è un parametro fortemente correlato all’andamento dell’economia e alla produzione industriale. Infatti, i consumi industriali di energia elettrica rappresentano quasi il 50% dei consumi finali (anche se negli ultimi anni questa quota è leggermente diminuita attestandosi nel 2010 al 45%).

Considerando poi che la graduale fuoriuscita dall’uso dei combustibili fossili non potrà che avvenire attraverso la loro sostituzione con le rinnovabili e che, per questo, sarà necessario aumentare la penetrazione dell’energia elettrica anche nei settori dei trasporti e degli usi termici, è evidente il valore strategico del settore elettrico.

Un altro dato interessante è la forte crescita di eolico convenzionale e del fotovoltaico, che oggi rappresentano il 5,6% della richiesta di energia elettrica. La crescita del fotovoltaico è stata addirittura impetuosa (+ 394%), arrivando quasi a superare la produzione eolica e a compensare abbondantemente il calo della produzione idroelettrica.

Nel grafico allegato, che aggiorno annualmente, possiamo vedere plasticamente l’evoluzione storica della richiesta di energia elettrica nel nostro paese. Vediamo come, per la prima volta, la crescita esponenziale di tale parametro che ha seguito tutte le fasi dello sviluppo industriale italiano, si sia improvvisamente fermata in corrispondenza della crisi economica e finanziaria del 2009, prefigurando un picco difficilmente sormontabile, a causa del raggiungimento di limiti economici strutturali e della forte correlazione sviluppatasi negli ultimi anni tra prezzi petroliferi e dinamica domanda – offerta.

Nei prossimi mesi, Terna pubblicherà i dati definitivi, e con essi potremo aggiornare il grafico storico del Consumo Interno Lordo di energia elettrica (Produzione Lorda, ai morsetti dei generatori + saldo con l’estero), il parametro a mio parere più significativo, che misura la domanda effettiva e globale di energia elettrica. Nel frattempo, potete leggere qui e qui i miei approfondimenti per l’anno 2010.

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