Category: se ve lo siete persi

Aggiornamenti su Alcoa, investitori e Piano Industriale

In molti ci chiedono aggiornamenti sul nostro coinvolgimento nel salvataggio dello stabilimento di Portovesme.

Ad oltre un mese dalla proposta KiteGen per Alcoa nessun esponente governativo ha preso contatto con noi per discutere i documenti presentati il 10 Settembre (1 e 2).

Restiamo ancora in attesa, convinti di aver prospettato l’unica vera soluzione possibile.

Probabilmente comporre in breve tempo un panel multidisciplinare come quello richiesto, qualificato in tutti i cinque domini dell’ingegneria in cui KiteGen spazia, è uno scoglio difficilmente aggirabile.

I contatti con Alcoa sono in corso già dalla prima ora; Alcoa aveva risposto con interesse a KiteGen (informando anche il sottosegretario De Vincenti e il Presidente Cappellacci) ma i rapporti si sono raffreddati poiché le garanzie istituzionali che Alcoa richiedeva per l’implentazione del nostro piano sono venute a mancare.

Il nostro auspicio è che la riforma del titolo quinto che riporterà la competenza sull’energia dalle Regioni allo Stato sia l’occasione per creare un organo all’interno del governo a servizio dello Stato in grado di capire le difficili e delicate questioni dell’energia.

La vicenda Alcoa ha creato grande interesse mediatico nei confronti di KiteGen che si è manifestato in un forte aumento di visite alla nostra sede sia da parte di giornalisti ma soprattutto da parte di nuovi investitori interessati a partecipare al progetto.

Ecco le più significative e recenti interviste rilasciate:

su greenreport.it

su corriere.it

Ai più desiderosi di novità positive, possiamo solo dire che in queste settimane sono in corso trattative piuttosto serrate con molti nuovi investitori in merito all’avvio del piano industriale.Anche l’aumento di capitale di SOTER ha ricevuto molte manifestazioni di interesse e ha portato finora ad un risultato veramente significativo.

PS: Visto che alcuni soci WOW ci hanno chiesto se è ancora possibile migrare in SOTER, vi informiamo che l’opzione di passaggio è ancora valida MA solo fino alla scadenza dell’attuale aumento di capitale fissata il 31/12/12

Contro il riscaldamento climatico, serve KiteGen?

Il 9 settembre è uscito NATURE CLIMATE CHANGE con l’articolo di Ken Caldeira, Kate Marvel, Ben Kravitz con la ulteriore conferma delle posizioni di KiteGen ed altre informazioni inedite di grande importanza. Il giorno sucessivo come logica conseguenza e atto dovuto abbiamo inviato le lettere al governo con la proposta di soluzione per ALCOA. Forse è stato un atto troppo fiducioso sulla immediata fruibilità del lavoro su NCC e della buona copertura informativa ottenuta. [breve video di Caldeira che introduce lo studio]

Contavamo sui contenuti presenti, carichi di significative informazioni, questo al fine di dare supporto alle nostre argomentazioni più economiche, pensavamo che il Ministro Passera saltasse dalla sedia dicendosi  “ecco la soluzione!” Invece i giornalisti gli attribuiscono un commento scettico.

Ora vediamo di rimediare analizzando in queste pagine il lavoro di Caldeira, Marvel e Kravitz magari a puntate, i commenti ben ragionati dei lettori sono graditi.

Questo Blog qui linkato è curato da un docente di fisica e matematica, Marco Pagani che per primo ha  individuato ed evidenziato un aspetto del lavoro su NCC che risulta essere una novità, forse un’ancora di salvezza di grandissima attualità relativamente al cambiamento climatico. Il presidio di geoingegneria più potente finora individuato per raffreddare in emergenza la temperatura del pianeta, benchè si speri ancora che non diventi imprescindibile doverlo adottare.

Stabilire invece la massima potenza estraibile senza disturbare il clima, ne nel bene ne nel male, deve essere un esercizio di valutazione condotto tramite un principio di precauzione, che si scontra inoltre con delle convinzioni ideali di ciascuno sul modello di società e di popolazione numericamente sostenibile. Secondo le pubblicazioni scientifiche precedenti e sostanzialmente confermato da questo ultimo paper, sull’Italia fluisce una potenza totale il cui ordine di grandezza è intorno i 100 TW. Questa sarà una discussione lunga e ricca di posizioni filosofiche contrapposte ma per ora completamente priva di significato poichè fin’ora questo giacimento di energia rinnovabile  è stato intercettato solo perr una frazione infinitesima.

Permettetemi di fissare ad 1 TW la massima potenza estraibile dall’Italia, ovvero un arbitrario 1% di ciò che fuisce naturalmente, per il piacere dei numeri tondi e per offrire una metafora significativa:    L’Arabia Saudita produce 12,5 milioni di barili di petrolio al giorno, 521000 barili all’ora, la potenza termica equivalente contenuta nel petrolio estratto è di circa 1 TW, ovvero, gigawatt più gigawatt meno, equivalente a ciò che ho ipotizzato si possa estrarre dal vento troposferico italiano pur limitando modifiche climatiche. Questa è grossa vero?, rifate pure i conti se non ci credete, sono abbastanza facili.

Anche di radiazione solare ne abbiamo così tanta, ma per raccoglierla servono i dispositivi dispiegati sul territorio, mentre per l’eolico il pannello fotovoltaicocinetico è l’atmosfera stessa, già naturalmente dispiegata e manutenuta ed il KiteGen è solo la presa di forza che colletta l’energia raccolta dall’atmosfera.

Vorrei evidenziare un ulteriore grafico che mostra in particolare il vantaggio dell’eolico troposferico.

La linea blu è quella attribuibile al KiteGen, la linea rossa è attribuibile alle turbine eoliche. L’asse verticale indica la dimensione della superficie che intercetta il vento, comparata con il rateo di estrazione di energia cinetica sulle ascisse.

KEE vs drag area graph

estrazione di energia cinetica rispetto all'area di drag

Per una estrazione di potenza di 480 TW ogni kilometro cubo presso tutta la superficie del pianeta deve avere una turbina eolica che intercetta un fronte vento di 10000 metri quadrati,  un ettaro, mentre per l’eolico troposferico sono sufficienti un equivalente di 23 metri quadrati per km cubo.

L’eolico troposferico, però, non si limita al km cubo vicino terra, ma nello studio sfrutta idealmente tutta l’atmosfera, quindi per precisare il calcolo dell’equivalenza di superficie dobbiamo moltiplicare i 23 metri quadrati per il numero di cubi sovrapposti, tipicamente 10, corrispondenti a tutta la troposfera.

Quindi un’ala che spazzola 230 metri quadrati in altitudine sarebbe equivalente ad una pala eolica che spazzola un fronte vento di un ettaro.

Abbiamo detto un’ala che spazzola una superficie, ma quanto deve essere grande l’ala?

Un metodo semplificato è di dividere l’area da spazzolare con l’efficienza aerodinamica della stessa, un’ala con efficienza 10 qundi potrà avere una superficie di 23 metri quadrati per equivalere ad una torre eolica da 2,5 MW che tipicamente spazzola un ettaro di vento.

L’interesse pratico e tecnologico è quello di ottenere la potenza desiderata in un compromesso ideale tra quota di lavoro e superficie, ed è per questo che abbiamo scelto con il KiteGen Stem di volare sotto i 2000 metri con ali fino a 150 metri di superficie.

la  fluidità dei dati e delle prestazioni del KiteGen, che dipendono fortemente da decisioni sulla configurazione, sull’ala, la quota ed ovviamente il vento sono uno degli aspetti che infastidiscono chi è abituato a specifiche precise, che invece di apprezzare la libertà di modulazione e le opportunità offerte vede con sospetto il progetto, forse anche qualche consulente del governo.

In questo recente exploit mediatico, come dicevo, è stato attribuito al Ministro Passera un molto generico commento di tipo scettico sulla tecnologia KiteGen, provo ad interpretare. Sembra che i politici non siano più in grado di ragionare autonomamente senza le lobbies che li incalzano perennemente. Chi non si è fatto la lobby resta escluso da ogni ragionamento ed opportunità anche se è a vantaggio del paese e della collettività.

Ma se fosse chiaro a tutti di avere l’equivalente di una Arabia Saudita all’interno del territorio nazionale, merita ancora farsi delle domande a livello di banchieri, executive, politici, ministri  sul particolare sistema di trivellazione per estrarre l’energia e di come si fà per realizzarlo?

No! per favore, è materia complessa fidatevi dei brevetti “granted” dei riconoscimenti e delle 12 proposte KiteGen in risposta a bandi nazionali e regionali per l’innovazione tecnologica, ammesse a finanziamento ma sfortunatamente sempre senza copertura.

Metteteci piuttoso in condizione di lavorare e lasciateci fare senza tali commenti che altrimenti dai guai non ci usciamo mai più.

KiteGen, la vicenda Alcoa e Nature Climate Change

By stekgr, 2012/09/10

Ieri è uscito Nature Climate Change con un articolo che finalmente ri-conferma l’immenso giacimento di energia rappresentato dal vento troposferico, l’Italia è sorvolata da un flusso dal quale si potrebbe facilmente estrarre 1 TW continuo di potenza, ovvero oltre 8000 TWh di energia annui.

I quali, trasformati prosaicamente in denaro, equivarrebbero ad una produzione netta di ricchezza puramente endogena all’interno del territorio italiano stimabile in 800 miliardi di euro l’anno….  13000 euro/anno procapite!!

Dovrebbe essere ovvio, quindi il legame di attualità tra Nature, Alcoa e KiteGen, in quanto si tratta di tanta energia e a basso costo.

Quale originario del Sulcis Iglesiente ci tenevo a condividere questa riflessione, e pubblicare le comunicazioni spedite da KiteGen agli organi governativi e non, impegnati in queste ore sulla questione Alcoa.

Se comprese, sarebbero una soluzione ai problemi endemici di lavoro ed occupazione della mia terra.

Se attuate, creerebbero le risorse ed il “giro” economico per favorire il ripristino ambientale dalle molte devastazioni e costituirebbero una vetrina di sostenibilità che gioverebbe all’immagine di questa bellissima terra. Mentre a livello nazionale, sgraverebbero la collettività da un’altro miliardo di euro come quello già elargito ad Alcoa negli ultimi 15 anni.

Mi scuso con i destinatari per pubblicare online tali lettere, potrebbe apparire una forzatura ma altre volte tali comunicazioni, sfortunatamente non ottengono riscontro.

Stefano

KiteGen – ALCOA, come atto di informazione dovuto ed irrinunciabile.pdf

Stabilimento Alcoa di Portovesme – interesse acquisizione.pdf

KiteGen su ecomagination

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By eugenio saraceno, 2012/09/06

Ecomagination, web magazine di General Electrics, ha pubblicato un articolo sul Kitegen a firma di Mark Halper.  Buona lettura.

L’accumulo di energia secondo KiteGen

Una, come sempre, ottima analisi di Domenico Coiante fa il punto sulle rinnovabili e le necessità di accumulo giornaliero e stagionale.

Sembra la buona occasione per introdurre e chiarire la opportunità che offre in questo ambito la più grande sorgente in assoluto di energia concentrata disponibile sul pianeta, l’eolico troposferico.

Il grafico qui mostrato proviene dal volume della sezione metodologica dell’atlante dei venti di alta quota di Cristina Archer e Ken Caldeira, si tratta di una rappresentazione sofisticata che esprime una sorta di confronto competitivo o collaborativo tra i possibili sistemi di accumulo tradizionali, e l’opportunità di sfruttare l’accumulo naturale di energia nel regime stazionario del vento geostrofico, con un accorgimento per arrivare ad una disponibilità anche del 99,9%, ovvero 8751 ore l’anno garantite,  nettamente superiore alle fonti termoelettriche tradizionali e al nucleare.

Consiglio di dedicare il tempo sufficiente per decifrarlo sul documento originale poichè le implicazioni sono di estrema importanza. Su questo grafico sono state aggiunte le indicazioni di esempio riferite ad un KiteGen da 3MW nominali per rendere più facilmente comprensibile la logica. Le macchine KiteGen Stem per aderire all’esempio dovrebbero essere equipaggiate con ali di 150 mq con una efficienza aerodinamica equivalente oltre 20. Le ascisse rappresentano la dimensione della batteria di accumulatori rapportata alla dimensione dell’impianto eolico troposferico.

I venti che avvolgono il pianeta possono essere considerati come una colossale “flywheel” di accumulo energetico. L’atmosfera possiede una massa totale di 5 milioni di miliardi di tonnellate, 5*10^18 kg, che scorrono con una velocità media tale da portare il totale dell’energia accumulata a 100.000 TeraWattOra. Per fornire un paragone questa cifra che corrisponde alle attuali necessità energetiche delle attività del genere umano per oltre un anno, ma con il vantaggio che questo imponente accumulo è perennemente ripristinato dalle dinamiche fototermiche di origine solare.

Mentre per il fotovoltaico è necessario dispiegare sul territorio i pannelli che raccolgono minuziosamente l’energia diffusa, il KiteGen invece,  è la presa di forza di questo grande “pannello fotovoltaico fotomeccanico” già naturalmente costituito e mantenuto dall’atmosfera stessa. Questo pannello ha raccolto l’energia in forma cinetica, che è una forma nobile, ed è a disposizione per l’efficiente conversione elettrica.

Su uno specifico sito terrestre, nell’esempio nei pressi di NewYork, il generatore KiteGen può raggiungere e prelevare energia da questo flusso, con la probabilità di trovarlo sufficientemente potente per produrre energia alla potenza nominale  per il 68% del tempo,  un equivalente già strabiliante di circa 6000 ore annue.  Tuttavia vi è una limitazione, che non dipende dal flusso del vento che si affievolisce ma semplicemente dal fatto che cambia ciclicamente ed erraticamente latitudine.

Allora qual’è l’idea che il grafico esprime per spingere l’eolico troposferico fino ad una probabilità  del 95% di disponibilità o addirittura ad un 99,9%?  Abbastanza semplice, sono necessari due generatori dislocati sul territorio ad una distanza sufficiente da averne almeno uno investito dal flusso del vento. I due generatori sono da considerare come un unico sistema che produrrà il doppio del necessario per il 68% del tempo, ma che darà una garanzia di erogazione al valore nominale di uno  (e che ovviamente costeranno il doppio).

Nel grafico viene fatto il confronto con equivalenti ed ipotetici sistemi di accumulo elettrico, per ottenere lo stesso risultato dei due generatori distanziati.

Se assumiamo un costo dell’accumulo elettrochimico di 1 €/Wh, un punto che ho evidenziato nella figura (b) suggerisce 34,5 MWh,  quindi  34,5 milioni di euro per le sole batterie di accumulatori necessarie per assolvere al servizio di portare la disponibilità al 95%:  un costo nell’ordine di grandezza di oltre 10 volte rispetto alla brillante idea di avere una distribuzione sul territorio di generatori troposferici.

Cosa si ricava da queste riflessioni?:

1) l’intermittenza di erogazione che affligge l’eolico convenzionale ed il fotovoltaico può essere brillantemente superata con l’eolico troposferico;  attribuire al termoelettrico l’esclusiva sul baseload non è più corretto.

2)Il bilancio economico di questo impianto doppio può farsi carico in scioltezza della ridondanza dei generatori poichè può contare su 68% + 68% + 32%  ore di disponibilità annua, che corrisponderebbero a 11560 ore/anno  equivalenti.

3) in caso di una sufficiente distribuzione territoriale di farms KiteGen Stem, o di KiteGen Carousel, queste riflessioni perderanno il loro specifico valore, in quanto l’effetto di ridondanza lo si ottiene intrinsecamente.

4) la ridondanza porterebbe ad avere un eccesso di produzione potenziale, ma  i KiteGen sono facilmente e velocemente modulabili mediante un coordinamento centrale, offrendo un preciso adeguamento alla curva di domanda.

5) il grafico si riferisce a NewYork, ma l’influsso orografico di rallentamento si affievolisce con i venti di alta quota, rendendo valido l’esempio per buona parte del globo.

II Open Day KiteGen – Reminder

Ricordiamo che Domenica 24 giugno 2012  è fissato il 2° OPEN DAY KITEGEN organizzato da SOTER, Società per la Transizione alle Energie Rinnovabili, con la collaborazione del Comune di Sommariva Perno (CN)

SOTER, in poche settimane di attività, riunisce già oltre 40 soci che stanno dando supporto economico e professionale.
La giornata OPEN DAY consentirà a tutti coloro che sono interessati a supportare il progetto Kitegen, o anche solo a saperne di più, di poter conoscere lo stato dell’arte e toccare con mano la tecnologia grazie ad una visita al test plant dove i progettisti risponderanno anche alle domande ed alle curiosità dei visitatori.

L’invito è rivolto in particolare a tutti coloro che, di fronte all’emergenza energetica, al riscaldamento globale e alla crisi economica, sentono il valore e l’importanza per l’ambiente e per il mondo della transizione alle energie rinnovabili e sono disposti a farsene carico personalmente. Kitegen è infatti il progetto tutto italiano che ha le potenzialità per produrre a basso costo grandi quantità di energia pulita e con bassissimo impatto ambientale e paesaggistico.

Nell’occasione SOTER illustrerà le ragioni del proprio impegno nel progetto, gli obiettivi che si propone e le iniziative in corso. Verrà anche presentato il piano industriale per la produzione del primo lotto di macchine.

Vi attendiamo per l’OPEN DAY.

Programma dell’evento.

L’incontro si terrà a Sommariva Perno (CN) presso la Sala della Biblioteca Civica in Piazza Europa e successivo trasferimento al test plant KiteGen

Ore 9.00/9.30 Arrivo dei partecipanti

Ore 9.30 Inizio presentazione progetto. Discussione.

Ore 11.00 Presentazione iniziativa SOTER. Domande/Risposte.

Ore 11.30 Termine presentazione in sede.

Trasferimento al test plant KiteGen (5 min) e visita all’impianto.

Ore 13.00 Termine dell’incontro e proseguimento libero

E’consigliabile annunciarsi, telefonicamente o per email asoter@kitegen.com

011 9415745

348 0194810

Valutazioni di CESI Ricerca sui sistemi KiteGen

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By eugenio saraceno, 2012/06/05

Nell’ambito del programma di ricerca “Produzione di energia da fonte eolica con particolare riferimento ai sistemi offshore” CESI Ricerca (che attualmente ha assunto la denominazione ENEA – Ricerca sul Sistema Elettrico S.p.A., in forma breve ERSE S.p.A.) si è interessata al KiteGen fin dal 2008, incontrando anche il nostro team di Chieri.  A seguito di questo contatto i ricercatori del CESI hanno approfondito la tematica dell’eolico d’alta quota ed in particolare del KiteGen, giudicato il concetto più avanzato in un rapporto del 2009.  Recentemente i ricercatori del CESI hanno voluto aggiornarsi sullo stato dell’arte del KiteGen Stem visitando il test plant.  Che stiano per produrre un nuovo documento aggiornato? Se così fosse sarebbe veramente appropriato, considerato che la inedita tecnologia dell’eolico troposferico è in una tumultuosa evoluzione rendendo difficile per tutti gli interessati orientarsi fra le numerose proposte e l’affinamento della teoria sottesa.

KiteGen è più che convinta, pur essendo tra i pionieri, di aver stabilito lo stato dell’arte della tecnologia, con le due proposte Stem e Carousel. Ben venga un ente prestigioso di ricerca sul sistema elettrico come il CESI, che potrebbe trovare una metodologia oggettiva di valutazione come bussola di orientamento.

L’ambito tecnologico dell’eolico troposferico è molto articolato e pieno di sorprese migliorative ma poco intuitive. Per esempio il KiteGen Carousel e stato inizialmente descritto, nei lavori di tesi e dottorato, con delle ipotesi operative incomplete o molto semplificate, le opportunità che il concetto evidenzia affinandone la comprensione e l’analisi continuano a migliorarne le prestazioni attese.

Nel frattempo riportiamo un’elaborazione di Stefano Cianchetta sulla base di alcuni dei dati più significativi riportati nello studio. Le velocità medie rilevate durante le campagne di misurazione sono estremamente interessanti benchè le più ventose località del sud non siano incluse per insufficienza dei dati e le quote non siano elevatissime.  Si ricordi che la potenza del vento è proporzionale al cubo della velocità.

Risposta al Max Planck Institute

In questa nuova categoria ripubblichiamo articoli ed eventi precedenti alla creazione di questo blog, per i nuovi lettori che li avessero persi.

Massimo Ippolito di KiteGen risponde all’improvviso affastellarsi di voci allarmate e preoccupate per l’avvenuta segnalazione su Quale Energia di uno studio, eseguito presso il Max Planck Institute, che sembrerebbe mettere in crisi il concetto stesso di eolico di alta quota o troposferico.

Tullio de Mauro ci informa, dalle pagine del Corriere, che il 71 per cento della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo [italiano] di media difficoltà. E poiché quindi, purtroppo, quello studio del Max Planck può essere compreso, valutato criticamente e letto tra le righe da percentuali omeopatiche di cittadini medi, chiedo perdono per la franchezza, accompagnata da un certo disagio, che mi vedo costretto a usare. Siamo infatti di fronte ad un lavoro assai criticabile, come vedremo, e francamente stupisce la disponibilità a pubblicarlo da parte di Earth System Dynamic e quella a rilanciarlo da parte di Quale Energia (che peraltro ci ha cortesemente offerto un diritto di replica).

Chi è abituato a leggere pubblicazioni scientifiche resterà sicuramente sorpreso dallo stesso titolo del paper, “Jet stream wind power as a renewable energy resource:little power, big impacts” che ne preannuncia lo spirito inspiegabilmente aggressivo. Nel paper stesso, poi, ogni paragrafo dedica uno spazio esagerato, e senza ragionamenti di supporto, a ripetere apoditticamente ciò che è stato espresso nel titolo e che viene ribadito nelle conclusioni.

I lavori, per esempio, dell’IPCC hanno abituato tutti a vedere ogni previsione prodotta da un modello corredata da una barra di incertezza. Mentre ci risulta arduo considerare un segno di serietà scientifica già la sola affermazione, contenuta nel paper Max Planck, che si possa estrarre esattamente 7,5 TW dall’atmosfera, senza offrire a chi legge delle opportune barre di errore; barre che sono ottenibili, nel ciclare il modello, variando le assunzioni nel loro ambito di plausibilità.

Stimano solamente 7,5 TW, ma a ben vedere non è affatto poco!Paradossalmente, lo studio dei ricercatori del Max Plank Institute, pur eseguito utilizzando argomenti che dimostreremo errati e pur posizionandosi, fra centinaia di altre valutazioni della risorsa vento, come la meno generosa in assoluto, è in sostanza un’ulteriore conferma della validità del KiteGen e più ampiamente dell’eolico di alta quota. Perché esso afferma che col solo eolico di alta quota si può estrarre in modo sostenibile molto di più del fabbisogno mondiale primario di energia, anche se lo afferma in polemica diretta con un recente lavoro più ottimistico di Ken Caldeira e Christina Archer,  nel quale quel “di più” è stimato in 100 volte.

Cito infatti dalla loro pubblicazione: “Our estimate for maximum sustainable extraction of kinetic energy from jet stream is 7.5 TW” (“La nostra stima per la massima e sostenibile estrazione di energia cinetica dal jet stream è di 7,5 TeraWatt”). Tuttavia tale pur pessimistico limite di 7.5 TeraWatt, della nobile e preziosa energia elettrica, è di gran lunga superiore all’intero fabbisogno umano primario! Fabbisogno che oggigiorno si attesta in 14 TW fossili, e quindi termici, dei quali molto meno della metà si trasforma in servizi energetici utili. Una centrale elettrica a carbone consuma circa il triplo di energia termica rispetto all’elettricità erogata e un’automobile brucia e disperde cinque volte l’energia termica del carburante rispetto all’energia meccanica che arriva effettivamente alle ruote. Quasi tutto il nostro uso di energia è affetto da queste ineludibili proporzioni di spreco. Di conseguenza si può affermare, senza timori di smentite, che il fabbisogno umano attuale, di potenza, è ampiamente sotto i 6TW (da moltiplicare per le 8760 ore, per ottenere il fabbisogno di energia su base annua), se fissati già nella nobile forma elettrica o meccanica anziché termica.

Potenza o energia? Questo è il problema

Entriamo ora nel merito del lavoro.

Chi si occupa professionalmente di energia condivide con me la sensazione oppressiva del dover subire la continua e diffusa confusione fra i concetti distinti di potenza e di energia. E anche a pag 202 del paper in questione l’intero primo paragrafo mescola ripetutamente ed ineffabilmente i due concetti. Qui un esempio: ” If we take the present global energy demand of 17 TW of 2010 (EIA, 2010), then this estimate would imply that 1700 TW of wind power can be sustainably extracted from jet streams. However, this estimate is almost twice the value of the total wind power of 900 TW (Lorenz, 1955; Li et al., 2007; Kleidon et al., 2003;Kleidon, 2010) that is associated with all winds within the global atmosphere.

L’attuale domanda di energia è, secondo gli autori, di 17 TW, che però misurano una potenza, chiaro (ma solo agli addetti ai lavori) che volessero intendere la potenza media assorbita dalle utenze planetarie durante un anno, ma espresso con una superficialità che non è ammissibile per uno studente del liceo durante un’interrogazione, figurarsi per un team di ricercatori, il quale avrà peraltro avuto modo di rileggere più volte il lavoro prima di rilasciarlo. Inoltre affermare che la potenza totale del vento è di 900 TW è una forzatura del concetto fisico: non esiste potenza in un fluido, semmai esso è dotato di energia. Al limite, si potrebbe provare a valutare l’energia posseduta dal regime stazionario atmosferico, che però si misura in migliaia di TWh (TeraWattOra). Quei 900 TW, se mai, potrebbero essere la potenza che il sole trasferisce all’atmosfera e che si trasforma in forma cinetica oppure la potenza che l’atmosfera perde continuamente in calore con l’interazione con il suolo e nei fenomeni di attrito tra i vari flussi. Dovrebbe bastare questo per riconsiderare che esistono molti approcci di maggiore qualità e certamente di superiore interesse sul tema:

ENERGIA

Brunt(1939) calcola in 100PWh l’energia cinetica totale dell’atmosfera.

POTENZA DISSIPATA IN ATMOSFERA

Gustavson (1979) calcola 3600TW di dissipazione media totale, (inoltre conferma i dati di Brunt),

Gustavson (1979) 1200TW di dissipazione entro il boundary layer con l’orografia del territorio e il trasferimento di energia ai mari,

Lorenz (1967) 1270TW, Skinner (1986) 350TW, Peixoto and Oort (1992) 768TW,  Sorensen (1979 e 2004) 1200TW, Keith et al. (2004) 522TW, Lu et. al., (2009) 340TW, Wang and Prinn (2010) 860TW.

Le differenze fra i risultati di cui sopra sono motivabili da analisi che parzializzano su flussi ordinati, puramente orizzontali e potenzialmente sfruttabili, ma sostanzialmente tutti gli autori sono abbastanza concordi sugli ordini di grandezza.

SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA

Gustavson (1979) ritiene che possano essere sfruttati 130 TW – il 10% di ciò che viene dissipato naturalmente – con già un’espressa attenzione al clima da parte dell’autore; che per me rimane il più credibile, colui che ha detto e capito tutto ciò che c’era da dire e capire. Un altro ottimo lavoro è quello di Sorensen, che si sovrappone quasi perfettamente a quello di Gustavson

Tornando alla confusione tra potenza ed energia sul paper di L. M. Miller, F. Gans and A. Kleidon , bisogna essere veramente indulgenti ed approssimativi per accettare queste formulazioni :

<<Archer and Caldeira (2009) estimated the potential of jet stream wind power as “…roughly100 times the global energy demand”. If we take the present global energy demand of 17TW of 2010 (EIA, 2010), then this estimate would imply that 1700TW of wind power can be sustainably extracted from jet streams. However, this estimate is almost twice the value of the total wind power of 900TW(Lorenz, 1955; Li et al., 2007; Kleidon et al., 2003; Kleidon, 2010) that is associated with all winds within the global atmosphere.

Here we resolve this contradiction between the energy that can maximally extracted from the jet stream Sect. 4 in terms of differences in velocity and dissipation rates, the limit on how much kinetic energy can maximally be extracted, atmospheric energetics. The contradiction originates from the erroneous assumption that the high wind speeds of the jet streams result from a strong power source. It is well known in meteorology that jet streams reflect quasi-geostrophic flow, that is, the high wind speeds result from the near absence of friction and not from a strong power source.>>

1) Vi si “accusano” artificiosamente Archer e Caldeira di dire che 1700 TW sono sostenibili, mentre il vero significato è che essendoci un potenziale pari a 100 volte la domanda globale, l’estrazione risulta particolarmente copiosa anche da una singola geolocalizzazione, e che per ora possiamo lasciare passare indisturbato ciò che non raccogliamo. Inoltre la stima di Archer e Caldeira non si riferisce ai soli jet stream.

2) Vi si cita un TOTAL WIND POWER, associato a tutti i venti dell’atmosfera, e non un dato di potenza media, mediata o al limite di TW anno; il che è un errore grave.

3) Vi si indica una massima energia che può essere estratta; cosa che non ha alcun significato se non con un senso molto traslato di energia, ovvero di potenza.

4) Vi si indica la massima energia cinetica che può essere estratta; cosa che avrebbe un significato solo se vi fosse stato aggiunta, anche solo lessicalmente, una base di tempo.

5) Inoltre l’assenza di frizione è un falso. Infatti sappiamo che in atmosfera si perdono globalmente 7W al mq, di cui 2,5 W mq sono la parte eventualmente a disposizione dell’eolico (da non confondere con i 700W al mq medi, disponibili localmente, quale sommatoria di raccolta nel grande cardioide sopravvento ai generatori).

Ragionando attentamente, l’intento degli autori di forzare insieme diversi concetti, anche al rischio di apparire superficiali, appare poco chiaro, e sicuramente poco scientifico dando peraltro adito al sospetto di voler attaccare ad ogni costo il concetto di eolico di alta quota.

Ma in realtà nessuno di buon senso ha mai pensato di sfruttare direttamente il Jet Stream

Il Jet Stream alimenta immagini e sogni sproporzionati. Per cui si nota spesso, quando si tratta di energia eolica, una sorta di prouderie intellettuale a volerne forzatamente dissertare.
Effettivamente la velocità media del vento a quelle quote è di 90 nodi medi, un equivalente di circa 16 kW al metro quadrato di fronte vento, con dei picchi frequenti di oltre 100 kW al metro quadro. Un’ipotetica ventolina di soli 20 cm di diametro, immersa nel jet stream, potrebbe davvero alimentare abbondantemente un’abitazione tutto l’anno, sia di giorno che di notte.

Però una macchina che si immerga nel pieno del Jet Stream, a 9000 metri di altezza, è difficile perfino da immaginare. Solo fantasie tecnologicamente immature possono ipotizzare di sfruttare direttamente quel possente quanto ingestibile flusso. L’eolico di alta quota, in tutte le sue forme, si indirizza invece al flusso residuale, quello che si propaga dai jet streams e scende a quote relativamente più basse ed è destinato a frangersi e disperdere energia in calore tra le cime delle montagne, le foreste e l’orografia del territorio. Si deve pensare che gli estensori del paper non lo sapessero ? Cioè che criticassero una tecnologia pur ignorandone perfino le basi? Trattasi di un dubbio lecito e nel contempo alquanto inquietante.

E ancora, i lavori di Christina Archer e Ken Caldeira , che sono citati nello studio a preteso sostegno, non si concentrano invece affatto sull’ipotesi di sfruttamento del jet stream. L’atlante dei venti di alta quota che essi hanno pubblicato prende infatti in esame tutte le latitudini e longitudini alle varie altezze; per cui è inaccettabile che sia attribuito loro una focalizzazione esclusiva sul jet stream.

La magia insita nelle macchine che intendono sfruttare l’eolico troposferico è proprio la possibilità di modulare l’altezza operativa in modo da trovare sempre una brezza non troppo forte né troppo debole, col fine primario di fare concorrenza alla stabilità ed alla costanza delle centrali termiche, che convertono l’energia fossile provvidenzialmente accumulata nei milioni di anni dal nostro pianeta.

L’eolico di alta quota presenta inoltre il vantaggio di trovare concentrata questa energia approssimandosi al regime stazionario atmosferico; al quale si può accedere praticamente da qualunque luogo della superficie terrestre, senza richiedere di dispiegare centinaia di migliaia di installazioni sui territori. Ciò che c’è di positivo nel fatto di avere quella enorme risorsa energetica accumulata nei jet stream, non può certamente essere l’immaturo ed inutile proposito di estrarne migliaia di TW, ma è la consapevolezza di poter cogliere il vantaggio di una macchina che può attingere ovunque dalle perdite di quel serbatoio energetico per soddisfare auspicabili specifiche di funzionamento e di potenza erogabile.

Il limite di Betz

A pagina 206 del paper è citata la legge di Betz ed il suo limite al 59,3%. E le formulazioni matematiche di Betz descrivono effettivamente la metodologia per frenare al meglio il flusso del vento al fine di estrarre energia. Esse permettono cioè di capire che il vento non è da sfruttare a fondo perché deve fluire attraverso la macchina eolica senza perdervi tutta la velocità e l’energia posseduta. Condizione indispensabile per ottenere il migliore risultato.

Però le leggi di Betz sono preziose per le turbine eoliche, che hanno un fronte vento intercettabile limitato dalla dimensione delle pale in rotazione; per cui il vento elaborato mantiene in ogni caso l’energia residua che non viene convertita dalla macchina. Nel caso invece dell’eolico troposferico di tipo ground-gen (generatore a terra), quelle leggi perdono gran parte della loro importanza poiché il fronte vento intercettabile è decine di volte superiore a quello delle pale eoliche e quindi la velocità del vento viene ridotta solo leggermente.
Gli autori del paper forzano il cosiddetto limite di Betz, con l’intento scoperto di affermare che la massima potenza cinetica estraibile è 7,5 TW e che quindi, a causa del limite di Betz, la potenza elettrica è di 4,5 TW. Ma questo non è vero perché, se la potenza cinetica estraibile fosse effettivamente limitata a 7,5 TW, le macchine eoliche dovrebbero elaborare vento per 12 TW lasciando fluire preservati 4,5 TW, assolvendo in pieno alla specifica di sottrarre solo 7,5 TW cinetici.

Modelli matematici

Spesso si sente dire che la scienza e gli scienziati sono divisi nel decifrare vari argomenti, come per esempio succede per i modelli che descrivono il caos climatico e la responsabilità antropica.
Molti politici non vogliono più sentir parlare di modelli, probabilmente perché hanno assistito a dimostrazioni di tesi opposte brandite con altrettanti modelli a supporto. Ebbene, è un vero peccato poiché l’essenza della politica degli statisti dovrebbe essere quella di prevedere il futuro con sufficiente anticipo per reagire correttamente.

Penso di aver focalizzato abbastanza chiaramente il principale fattore comune dei guasti cognitivi e comunicativi su molti argomenti di una certa complessità. Si tratta di differenti percezioni e interpretazioni dei fenomeni dinamici e retroattivi. Posso anzi dire che si nota una netta linea di demarcazione tra chi studia, percepisce ed è consapevole di fenomenologie multivariate con il loro corredo di forzanti e retroattività, e chi percepisce la scienza ed i suoi fenomeni con rappresentazioni statiche o semplici proiezioni tendenziali, come succede nel mainstream degli economisti o dei demografi.. Purtroppo, è possibile confezionare i cosiddetti modelli previsionali con entrambe quelle mentalità, ma con ben diversi risultati qualitativi.

Il lavoro di L. M. Miller, F. Gans and A. Kleidon rivela appunto una scarsa conoscenza della dinamica dei sistemi. Infatti, pur dichiarando di aver utilizzato un modello matematico ad elementi finiti, lo hanno applicato spalmando ovunque e forzatamente un freno fluidico quale emulazione di macchine eoliche di alta quota. Un errore marchiano, che risulta evidente pensando che le macchine eoliche devono avere necessariamente una geolocalizzazione, mentre tale aspetto è stato da loro completamente ignorato,
Se i potenti flussi di vento di alta quota sono così mobili per quasi mancanza di attrito, un eventuale ostacolo puntuale verrebbe in buona parte aggirato, creando scenari dinamici inediti, ma modellizzabili con approcci più rigorosi.

Qui ho riprodotto un’immagine a dimostrazione che, mentre scrivevo, su Inghilterra, Francia, Italia e fino alla Grecia era presente un vento di oltre 200 km/h. Come si può notare, questi flussi accelerano, frenano e deviano, coinvolgendo immense masse d’aria a grande velocità e con grandi accelerazioni, in evoluzioni che in poche ore presentano configurazioni completamente differenti e grandi scambi e dissipazioni di energia.

Basti pensare all’energia veicolata da un vento come il foehn, frequente in Piemonte, che nel mentre deposita in scioltezza miliardi di tonnellate di neve sulle Alpi, riesce in pieno inverno ad elevare la temperatura di una intera regione a livelli estivi.

Per dare un’indicazione quantitativa, risultante dall’immagine, l’Italia era investita da una potenza eolica di oltre 200 TW, pari a circa 15 volte il fabbisogno mondiale primario. Qui posso appropriatamente parlare di potenza perché ho definito un’area (il fronte vento sulla penisola italiana) ed un riferimento temporale (l’istante cui l’immagine si riferisce). Lo studio di queste dinamiche atmosferiche emblematicamente ripropone le difficoltà citate. Eppure c’è chi pensa di poter mettere giù una manciata di equazioni, che a gamba tesa intervengono in un modello; e pretende di ottenere risultati sensati.
Ipotizzare un limite di sfruttamento di pochi TW rappresenta per ora un più che comodo, ampio e direi comunque condivisibile obiettivo, fino a quando si potrà confermare, con lavori di modellizzazione rigorosi, che più si sfrutta il vento troposferico e più vento troposferico sarà disponibile. Una risorsa forse autofertilizzante, insomma.

L’anticipata sottrazione di energia cinetica da parte delle macchine eoliche, infatti, fa abbassare la temperatura anche di parecchi centesimi di grado nei cardioidi sottovento dell’atmosfera. E i differenziali termici, insieme al contenuto di vapore, sono il grande motore dei venti.
La maggior parte dello sfruttamento, per ragioni geografiche e di popolazione, insisterà sulle celle di circolazione atmosferica di Ferrel, che rappresentano un colossale corto circuito energetico tra le celle di Hadley e le celle Polari. Sottrarre energia a queste celle di circolazione atmosferica può significare vedersela restituire integralmente dalle dinamiche circostanti.

Le Istituzioni, dove sono?

Dopo questa indispensabile critica del lavoro proveniente dal Max Plank Institute, finalmente si condividono gli elementi per affermare, senza apparire esagerati, che dalla sola Italia, grazie alla sua posizione trasversale ai grandi flussi pseudo geostrofici, si potrebbe facilmente estrarre 1 TW continuo di potenza, ovvero oltre 8000 TWh di energia annui. I quali, trasformati prosaicamente in denaro, equivarrebbero ad una produzione netta di ricchezza puramente endogena stimabile in 800 miliardi di euro l’anno…. Roba da far impallidire tutte le inique manovre finanziarie che i governanti ci stanno imponendo.

Qualche decina di grandi macchine eoliche o kitegen farms, distribuite da Nord a Sud, farebbero tutto il lavoro senza preoccupazioni di intermittenza, e a forse nemmeno un decimo del costo che avrebbe avuto il nostro nucleare.

Il fatto di scrivere e dimostrare percorsi progettuali credibili ci ha procurato la promessa (ma solo quella) di finanziamenti pubblici per un totale complessivo di 78 milioni. Abbiamo partecipato ai bandi per la ricerca e l’innovazione, e le commissioni si sono sempre entusiasmate del progetto; al punto che molti valutatori tecnici e strategici si sono sentiti in dovere di complimentarsi personalmente col sottoscritto. Mi ricordo di Zorzoli, Clini, Silvestrini, Degli Espinosa, Pistorio… Poi, regolarmente, i fondi sono stati bloccati e i responsabili trombati; oppure la pratica è finita in mano a burocrati lunari. Degli Espinosa e in particolare Pistorio all’epoca di “Industria2015” si erano convinti saggiamente, che almeno un KiteGen, realizzato su scala industriale, bisognasse assolutamente vederlo.

Consumare copiosamente energia da fonte rinnovabile è l’unico ed inedito motore primario e credibile per l’economia del futuro, ma sembra che un sentimento di impotenza e nichilismo imperino e che chi potrebbe darci una mano preferisca vedere il collasso.

Massimo Ippolito

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