Rischi e sicurezza

By admin, 2012/03/02

Pubblichiamo volentieri un ragionamento di “risk assessment” sul KiteGen

di Stefano Cianchetta

Kitegen è una tecnologia nuova ed è prioritario che dimostri di poter essere impiegata con un adeguato livello di sicurezza. E’ abbastanza facile che il nostro giudizio sia guidato da valutazioni approssimative sui pericoli e i rischi effettivi. In rete e nei blog ho letto, tra i commenti, descrizioni di incidenti veramente improbabili o addirittura assurdi. Qui ho provato ad affrontare di petto la questione ed immaginare realisticamente gli incidenti peggiori i livelli di rischio e le strategie di riduzione degli stessi. Ho provato a suddividere gli incidenti possibili in due macrocategorie: urti in volo con aeromobili e urti al suolo.

Urti in volo con velivoli come piccoli aerei o elicotteri che volano a quote relativamente basse.

Difficilmente un velivolo potrebbe restare indenne dall’urto con un cavo in dyneema di 20-30mm,

ed è molto difficile immaginare un modo per ridurre la pericolosità di un tale impatto. Bisogna quindi comprimere drasticamente la probabilità che questo evento si verifichi. Si può operare principalmente in 2 modi: 1) allontanandosi dai corridoi aerei frequentati dai circa 2700 piccoli e medi aeromobili italiani e 2) imponendo delle zone di divieto di sorvolo (che possono essere permanenti come quelle intorno alle grandi raffinerie o provvisorie come in questo curioso caso). Per ridurre ulteriormente il rischio di collisione una futura stem-farm potrebbe utilizzare un sistema autonomo capace di rilevare aerei nel raggio di 10-20 km e quindi comandare il rientro dei kite.

Riavvolgendo i cavi a 25m/s possono bastare 50 secondi per ritirare i kite da 800 metri di quota. In quel lasso di tempo un velivolo a 250 km/h percorre meno di 4km (250km/h è la velocità di crociera di un piccolo Cessna). Di conseguenza c’è tutto il tempo necessario al rientro dei kite.

Infine si potrebbe segnalare la presenza dei kite con colori sgargianti o segnali luminosi.

Se malauguratamente il sistema radar fosse in avaria e un piccolo aereo (20m wingspan) uscisse fuori rotta e violasse la no-fly zone di uno stem (1500m di raggio) ci sarebbero ancora circa 98 probabilità su 100 di scampare un incidente. Meno nel caso di una grossa farm. Per fortuna però i radar sono in commercio da parecchi anni, possiamo prevederne prestazioni ed affidabilità e soprattutto possiamo evitare di far volare i kite quando il sistema radar è in avaria!

Urti al suolo con persone o cose

Alcuni potrebbero temere di essere colpiti da un kite in caduta libera. Nello scenario peggiore che riesco ad ipotizzare i sistemi a terra vanno in totale avaria e il kite si affloscia al suolo. La probabilità di arrecare danni gravi a persone o cose dipende dalla velocità di caduta dell’oggetto e dalla sua rigidità. Più il kite è flessibile minore sarà il danno. Ma quanto velocemente potrebbe precipitare partendo da 1000m? Un corpo precipitando dall’alto accelera progressivamente fino a raggiungere, a causa della resistenza opposta dall’aria, una velocità limite VL. Questa velocità dipende dalla densità superficiale del corpo in caduta . Anche per un grosso kite da 300kg e 300m^2, VL è pari a solo 6-7m/s pur ipotizzando che il il kite si ripieghi e riduca la sua superficie del 50-70%.

Insomma urtarlo sarebbe come correre a 25km/h e andare a sbattere contro il sipario di un teatro o una trapunta stesa ad asciugare. La stessa velocità di caduta è ipotizzabile per i cavi che sono vincolati e frenati dal kite. In questo caso sarebbe come andare a sbattere correndo contro un tubo per innaffiare che penzola da un ramo alto di un albero. Ci si può anche fare molto male e sarà necessaria un’adeguata copertura assicurativa ma credo sia più rischioso cadere da un motorino o essere investiti da una bici.

Anche se ci si trova all’aperto entro l’area interessata dalla caduta del kite (raggio di 1500m) al momento dell’avaria totale la probabilità di essere colpiti in caso di caduta del kite è fortunatamente piuttosto piccola. Questa probabilità infatti è proporzionale all’area del kite ed è inversamente proporzionale all’area complessiva intorno allo stem: quindi se l’area del kite è 300m^2, allora la probabilità di un urto con una persona è circa 300/(1500*1500*3.14) ossia pari a 1 su 23000. I due cavi interessano un’area superiore pari a circa 2*0.6m*1500m ossia 1800m^2 e quindi una probabilità di 1 su 4000 (0,6m è il diametro occupato da una persona). Il rischio naturalmente si annulla se invece che in un punto a caso la persona si trova sopravento al momento dell’avaria totale e raddoppia sottovento. Se ci si trova dentro un edificio ovviamente si rischia ben poco. Per limitare questi rischi si può prevedere che i primi stem vengano posizionati in zone scarsamente antropizzate***. Per fortuna grazie al fatto che la popolazione non è uniformemente distribuita è facile trovare zone con meno di 5 edifici rurali/Km^2 praticamente in ogni provincia italiana. Persino in provincia di Milano!

Per concludere, a Sommariva dove vengono effettuate le prime esperienze con lo stem kitegen, si vola tipicamente entro i 500 metri. L’area potenzialmente interessata è ridotta e non ci sono residenti nella zona. Quindi, con le dovute cautele suggerite da buone pratiche di gestione del rischio… caschetto in cantiere e avanti con le prove!

***se per paradosso queste grandi avarie fossero esageratamente frequenti e il kite precipitasse una volta all’anno per i prossimi 10 anni di fila (il che sarebbe inaccettabile per un impianto industriale), con 25 persone mediamente presenti all’aperto nel raggio di 1500m in zona poco antropizzata, avremmo ancora (1-25*1/4000)^10 = 94% di probabilità di evitare urti nel periodo considerato! Ma 10 avarie totali sono davvero troppe e il team kitegen presumibilmente cambierebbe strategia prima.

27 Responses to “Rischi e sicurezza”

  1. ric says:

    mi pare che la no fly zone sia indispensabile e mi sembra di capire che il divieto interesserebbe quasi eclusivamente picoli aerei, elicotteri ed ultraleggeri (i voli di linea, a parte nelle le vicinanza degli aeroporti, si effettuano a quote ben più elevate).

    non so proprio nulla sull’argomento e fatico a trovare materiale in rete, ma immagino che voi abbiate già fatto delle valutazioni: in un futuro augurabile nel quale il progetto abbia successo e vengano impiantate un migliaio di stem-farm (per dire una cifra), in che misura impatterebbero complessivamente le zone di divieto di sorvolo sul teritorio nazionale? fatico ad immaginare se il disagio arrecato alle attività aeronautiche sia sensibile o meno…

  2. eugenio saraceno says:

    @ric

    Anche su questo argomento avremo un post specifico con le soluzioni progettuali allo studio e qualche indicazione sulle problematiche autorizzative. E’incredibile come ci anticipate i post :-) !
    Ti confermo comunque che i voli di linea non sono impattati perchè le quote tipiche sono > 7000 m. Eccetto nei corridoi aerei di decollo/atterraggio nei pressi degli aeroporti. Ma è pacifico che in quelle zone kite-farm non se ne faranno mai. Non è assolutamente un problema perchè ci sono zone, al contrario, non interessate da alcuna attività aeronautica, nemmeno amatoriale. Es. quasi tutte le zone montane, sulle carte aeronautiche, sono già considerate zone D cioè dangerous per gli aeromobili (ma non per i kite :) )

  3. Leonardo LIBERO says:

    Splendido e utile lavoro, Stefano! Ma in quale Paese – orientale presumo – sei andato a pescare quel cartello ?
    Cari saluti
    Leo

  4. stefano says:

    @ric
    migliaia di stem-farm sul territorio nazionale??!!! Ma no!
    io credo si possa pensare più ragionevolmente ad una stem-farm per regione.
    Poi casomai con l’eolico d’alta quota si potrebbe andare offshore . Si tratta di utilizzare una frazione dello spazio aereo nazionale sotto i 2000m in presenza di altre legittime esigenze (aerei da diporto) cercando un compromesso sostenibile. Comunque, le agenzie regolatorie nostrane per l’uso dello spazio aereo pare abbiano dato pareri positivi circa la fattibilità di questi impianti sul territorio nazionale.
    Una ipotesi che si potrebbe considerare in futuro è quella di utilizzare le no-fly-zone delle ex centrali nucleari italiane (per le quali da lunghi anni e ancora oggi vige la no-flyzone) sempre che all’enel di turno piaccia di affiancare una kite-farm a un impianto termoelettrico a gas/carbone o quel che è.

  5. Joe Faust says:

    Congratulations on the further progress.
    Reports are welcome in AirborneWindEnergy group.
    EnergyKiteSystems is a gathering place for over 800 workers in kite energy systems or AWES.

  6. ric says:

    @stefano

    “migliaia di stem-farm sul territorio nazionale??!!! Ma no!”

    ma si! :-D

  7. ric says:

    @eugenio

    “ci sono zone, al contrario, non interessate da alcuna attività aeronautica, nemmeno amatoriale”

    …aggiungerei un bel “e comunque chissenefrega degli ultraleggeri”, se Kitegen mantiene le promesse… ;-)

    scherzi a parte, immagino che non abbia molto senso economico piazzare stem in zona montane: eventuali farm dovranno sorgere abbastanza nei pressi di città e zone ad elevata industrializzazione…

  8. Paolo says:

    Forse la soluzione migliore sotto tutti i punti di vista è quella offshore. Nessuna polemica per l’impatto col territorio, spazio a volontà, nessun problema con emissioni EM del radar, nessun pericolo di impatto a terra in caso di guasto. Tempo fa ricordo di aver letto che il kitegen si presta bene ad essere collocato anche in mare. In questo caso che differenza di costi ci sarebbe rispetto a un impianto a terra?

  9. Andrea says:

    Visto che nell’altro post si parlava di vele rigide/carbonio, mi chiedo quanto il paragone con la tenda del teatro sia azzeccata, o meglio, quando parlate di vele rigide si tratta solo di tessuti piu’ rigidi opportunamente steccati o sono vere e proprie ali completamente in fibra di carbonio?

    Gia’ che ci sono ho un’altra proposta per un post che potreste fare su questo blog: la web page per “Investitori” dice praticamente “telefonateci”, sarebbe interessante avere un post in cui date dettagli su come si possa investire (piccoli investitori intendo che magari comprerebbero quote di qualche migliaio di euro) e quali sono le previsioni sulla scale temporali in cui pensate che l’investimento possa materializzarsi (ovvero una previsione sull’inizio di produzione industriale di energia).

  10. stefano says:

    @ Andrea
    il kite potrebbe essere leggero e totalmente flessibile come quelli di skysails (può comunque arrivare a 2MW meccanici)o rigido e più veloce(come quelli su cui sta lavorando David North presso la NASA) oppure una via di mezzo (tela tesa con dei rinforzi, vedi link sotto). Non credo proprio che esista già la certezza di quale potrà essere lo standard in futuro! Magari fra 10-20 anni prevarrà un tipo o l’altro per l’offshore o l’onshore. Kitegen naturalmente c’avrà la sua opinione, comunque sperabilmente entro pochi anni potrebbero nascere aziende dedicate proprio allo sviluppo di kite per la produzione di energia.
    magari a partire da qui
    http://www.empa.ch/plugin/template/empa/1042/106988/—/l=2/changeLang=true/lartid=106988/orga=/type=/theme=/bestellbar=/new_abt=/uacc=

    Riguardo il post per gli investitori: L’appello al pubblico risparmio è rigidamente disciplinato dalla legge e non penso si possa affrontare alla leggera a mezzo blog….vedi qui
    http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=381
    poi, per dirla tutta, fare una telefonata mi pare proprio il minimo di due diligence…
    NB:parlo da persona relativamente informata ma non a nome dell’azienda kitegen.

  11. Andrea says:

    @stefano

    riguardo alla vela in carbonio, l’ho tirata fuori perche’ era stata messa come una delle prossime priorita’ da eugenio nel post della settimana scorsa, quindi mi chiedevo come questo si conciliasse con l’esempio della “trapunta”

    non e’ che dico che per fare davvero l’investimento non si debba fare almeno una telefonata, ma per lo meno qualche risposta alle domande piu’ ovvie che una persona interessata ad investire potrebbe fare si potrebbero mettere nella sezione “Investitori” del sito. In particolare visto quello che abbiamo letto altrove sui rapporti con WOW.

  12. Giuseppe says:

    Complimenti per i risultati ottenuti. Una situazione di pericolo potrebbe aversi se una delle funi dovesse cadere su una strada, in particolare per i motociclisti.
    Cari saluti
    Giuseppe

  13. Michele says:

    Concordo che il rischio di fare danni con una fune di traverso a una strada è forse molto piu’ concreto di quello di un urto .
    Siccome siamo in Italia, aggiungerei anche i rischi
    - “pubblico ministero in cerca di notorietà”
    - “tempi biblici per autorizzazioni in assenza di tangenti”
    Sono forse argomenti un po’ precoci e potenzialmente defocalizzanti , ma prima o poi bisognerà pensarci, nel frattempo tanti auguri per il grande lavoro
    Michele

  14. Marco says:

    C’è una cosa che continuo a non capire dell’intero progetto. Se calcolo una vela da 50 metri quadri circa, quindi grande, e vado a vedere vento, velocità, potenze, vedo che i 3 MW indicati come potenza dello stem si raggiungono solo se in quella vela ci soffiano circa 160 kmh di vento, condizione evidentemente più che rara, almeno in Italia (e non prendo in considerazione dispersioni varie che ci saranno sicuramente). Allora, delle due l’una: o le traiettorie trasversali della vela moltiplicano la potenza (ma di quanto? ce ne vuole di moltiplicazione per arrivare a 3 MW con venti medi italiani), oppure la potenza effettiva d’uso media durante le 5000 ore annuali è, almeno in Italia, drasticamente inferiore ai 3 MW. Mi potreste chiarire questo punto?

  15. eugenio saraceno says:

    @Joe Faust

    Joe, we are planning to publish an english blog too. Most of the posts will be translated soon.

  16. stefano says:

    @Marco
    Per quanto ne so io, approssimativamente, trascurando per il momento il drag sui cavi, la trazione sulla fune cresce col quadrato della velocità apparente del kite e quindi col quadrato dell’efficienza aerodinamica della vela (L/D) .
    In un commento precedente per es. è stato fatto un riferimento ad una vela di 50m^2 con L/D=20! Tu quale L/D hai usato per i tuoi conti?
    Una vela semi-rigida così sarebbe capace di generare una trazione di 300kN (30ton)con un vento apparente di 100m/s. Molto ma molto spannometricamente per avere un vento apparente di 100m/s c’è bisogno di un vento > 5m/s che soffia sul kite ossia > 100/(L/D) . Considerando che per fare 3MW dovresti srotolare il cavo a 10m/s (300kN*10m/s=3MW) e che questo sottrae (a spanne) un 7m/s alla velocità effettiva del vento sul kite (il valore esatto dipende dall’angolo dei cavi rispetto al suolo), allora avremmo bisogno di qualcosa di più che 5+7= 12m/s di vento (misurato rispetto al suolo).
    Se consideri il drag sui cavi e il tempo dedicato al rientro della vela perdite etc, sempre molto a spanne c’è bisogno di 14-15m/s (50Km/h)di vento per fare 3MW netti con quella vela.
    Ti tornano questi conti?
    Un vento così o lo vai a trovare a quote parecchio elevate (>1500m) oppure semplicemente si deve usare una vela più grande o più efficiente o un mix di queste cose.
    Con quella stessa vela, se invece ti accontenti di 1MW, basteranno 10m/s di vento (abbastanza facili da trovare in quota sotto i 1500m)!
    Insomma da come la capisco io, se per es.la parte meccanica ed elettrica a terra fosse in grado di sostenere 3MW di output di media, il fatto di ottenerli effettivamente (per l’equivalente poniamo di 5000h/anno) sarebbe tutta una questione di vela (L/D e area utile), di quota (V media vento alla quota di esercizio) e ovviamente di saper decollare con quella vela con le condizioni di vento prevalenti al suolo…

    Skysails usa pure una vela flessibile da 160m^2 da 2MW nominali! quindi non è che la vela deve essere rigida o piccola per forza, ci saranno da provare credo diverse vele alternative! e bisognerà certo valutare quanto è brigoso decollare in automatico con vele grandi piuttosto che con vele più piccole e più rigide.

  17. eugenio saraceno says:

    @Marco

    Hai ragione, infatti la vela da 50 mq non è pensata per la produzione di 3 MW. Più o meno è adatta alla produzione di 1 MW. Quella che si vede nel recente video sarebbe in proporzione da 100 kW.
    La ragione per cui si lavora con vele più piccole è che i test di raggiungimento di grandi potenze avverranno gradualmente. Vele via via più grandi e performanti sono state progettate e i primi modelli sono in produzione. I dettagli li avrete tra breve in un post a tema.
    La potenza nomimale della macchina rimane 3 MW, anche se il graduale dimensionamento di cavi e vele consentirà di raggiungerli solo dopo alcuni passi.

  18. stefano says:

    @Michele

    Se un cavo da 2-3cm di diamentro giacesse sul manto stradale di traverso, forse passarci sopra non sarebbe un grosso problema (per es immagina una strada vicinale di campagna pianeggiante priva di guard rail).
    Se il cavo rimanesse sospeso parecchio sopra il livello
    stradale (tra i rami degli alberi) di una strada in mezzo a un bosco, pure non dovrebbe rappresentare un problema.

    Se invece fosse appeso (pur mollemente) proprio ad altezza motociclista tra un alberello e un cespuglio allora sì che avremmo un pericolo potenziale!

    L’eventuale motocicletta potrebbe trascinare il cavo per alcuni metri e alla fine il motociclista potrebbe cadere a terra (ricordiamoci che i cavi sono molto leggeri e flessibili ed hanno le estremità libere perchè vengono tranciati automaticamente alla base dello stem).

    Bisognerebbe allora verificare a priori la situazione delle strade interessate e usare delle protezioni (tipo un sottile filo sospeso teso a 5m di altezza e parallelo alla strada) o magari alberarle. Questo potrebbe eliminare il problema alla radice!

    Invece per ridurre i rischi negli eventuali tratti che non sosno stati messi in sicurezza bisognerebbe rimuovere molto rapidamente i cavi caduti e verificare la viabilità (armati di tronchesine). Al momento dell’avaria del kite si saprà di certo quale è la direzione del vento prevalente e la posizione indicativa del kite, quindi una squadra locale di vigili/forestali/etc una volta allertata dovrebbe recarsi direttamente nel tratto di strada potenzialmente interessata e rimuovere il pericolo o quantomeno soccorrere lo sfortunato motociclista.

    Per valutare questo rischio bisognerebbe confrontarlo per es con quello di incrociare un qualche animale selvatico, un ramo caduto o un altro ostacolo poco visibile(…considerando dove dovrebbero sorgere gli stem…)

    Comunque è consigliabile l’uso di cavi catarifrangenti!

  19. stefano says:

    @Andrea
    Con una vela rigida di carbonio più che di trapunta dovremmo parlare di tapparella. o di stuoino alla meglio.
    dipende da come è fatta vela ovviamente

  20. eugenio saraceno says:

    @ric

    ric dice: < < scherzi a parte, immagino che non abbia molto senso economico piazzare stem in zona montane: eventuali farm dovranno sorgere abbastanza nei pressi di città e zone ad elevata industrializzazione…>>

    Beh, se parliamo dell’Oregon e delle Montagne Rocciose è come dici, ma in Italia abbiamo tutte le maggiori città e distretti industriali che distano meno di 100 km da zone montane poco antropizzate.
    E’buona regola piazzare i centri di generazione dell’energia in prossimità dei centri di utilizzo ma non serve che siano così vicini. Alcune decine di km non sono un problema. La possibilità di piazzare farm in posti dove sarebbe impossibile mettere un impianto tradizionale (es.a carbone) per problemi di mancanza d’acqua per il raffreddamento e di logistica del combustibile è invece da vedere come un’opportunità.
    Alcuni elettrodotti transappenninici e transalpini potrebberio risultare alleggeriti di carico dalla presenza di una o più farm lungo il percorso montano.

  21. eugenio saraceno says:

    @Andrea

    Per quanto riguarda gli investimenti, non è possibile per ora trattarne in questa sede. Invito chi dovesse essere interessato a telefonare o a scrivere per farsi inviare i dovuti prospetti informativi.

  22. ric says:

    @eugenio

    “ma in Italia abbiamo tutte le maggiori città e distretti industriali che distano meno di 100 km da zone montane poco antropizzate.”

    …si, beh, stavo pensando alla pianura padana (probabilmente perchè ci vivo): dici che 100 km di linee elettriche non sono tante per le perdite di rete?

  23. Marco says:

    Rispetto al problema del decollo della vela con poco vento a terra, da profano, avete provato a pensare a dei palloni ausiliari di elio che poi sganciate e recuperate?

  24. Marco says:

    @Stefano
    Grazie infinite per i tuoi chiarimenti. Io non ho fatto nessun calcolo neanche lontanamente paragonabile ai tuoi. Solo quattro conti della lavandaia con matematica da liceo. Per questo, chiedevo chiarimenti e mi hai dato una buona pista.

  25. stefano says:

    @Marco.
    Figurati, ma anche i miei erano conti molto ma molto spannometrici. Perchè non tener debita considerazione degli angoli non è che sia granchè…
    Per entrare in maggiori dettagli invece guarda qui:
    http://www.win.tue.nl/casa/meetings/special/ecmi08/pumping-kite.pdf
    Questa si che è un ottima pista!
    E’ troppo complesso per noi non addetti ai lavori solo in apparenza e se ci spendi un pò di tempo vedrai che la matematica del liceo è sufficiente.

  26. eugenio saraceno says:

    Come è ovvio più vicini si è minori sono le perdite di rete, comunque è abbastanza comune che possano essere percorse alcune centinaia di km quando non è possibile avere i centri di produzione vicino i centri di consumo. Il nord Italia importa energia elettrica attraverso le Alpi da tutti i paesi confinanti con elettrodotti lunghi 2-300 km mentre la esporta verso il centro Italia con elettrodotti che attraversano l’appennino, quindi almeno 100 km.

  27. ric says:

    @eugenio

    “è abbastanza comune che possano essere percorse alcune centinaia di km quando non è possibile avere i centri di produzione vicino i centri di consumo.”

    Certo, e immagino che i primi impianti sorgeranno in aree di cautela ma, una volta maturata esperienza da queste prime realizzazioni, mi pare di poter pensare che gli impianti di generazione verranno posizionati abbastanza vicino agli utilizzatori.

    Una delle cose belle del progetto è che, a parte quanto già emerso su interferenze con i voli a bassa quota ed eventuali problemi di cavi a terra, una kite farm non ha certo le problematiche di un impianto ad alto rischio industriale e sanitario come una centrale elettrica convenzionale. E neanche l’impatto paesaggistico di una wind farm tradizionale.

    I vantaggi di un posizionamento di prossimità mi sembrano rilevanti.

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